gli animatori lo hanno visto così :         BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            MALE

                                                

PICCOLE BUGIE TRA AMICI

 

 

DOM pom

DOM sera

MAR

MER

GIO

VEN

 

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matteo mazza

domenica pomeriggio

Degno in quanto a ruffiataggine del peggior prodotto televisivo di ultima generazione, questo terzo lungometraggio di Canet (che, per molti, in patria è considerato un enfant prodige...) è pure un film presuntuoso. Le cose più gravi che gli rimprovero sono: la totale assenza di compassione, è un film freddo e cinico ma non vorrebbe esserlo; la totale mancanza di attenzione nei confronti dello spettatore, perché alla fine qualcuno deve prendere la parola e spiegare tutto ma proprio tutto quello che si è visto?; è un film senza coraggio.

giulio martini

domenica sera

lo zig-zagare del tono del film è voluto o segno di incertezza narrativa ? Il dubbio è forte. Perchè la "cronaca familiare" della consueta congrega di amici di fronte ad un momento "forte" , di bilancio e di verifica, non manca di spunti - anche figurativi - molto interessanti. Ma la sincerità, autobiagrafica , del racconto, si riveste di qualche furbizia compositiva per ingraziarsi più ampi settori di pubblico. Come mai i francesi hanno decretato il successo di una commedia così amara e così mesta ? Forza dei divi-interpreti o di un diffuso umore nazionale ?

angelo sabbadini

martedì sera

Un tempo registi e critici del cinema francese procedevano a braccetto e si scambiavano felicemente ruoli ed esperienze. Oggi viaggiano in vagoni separati e si guardano in cagnesco. Il film del rampante e depresso Guillaume Canet è un esempio lampante dell'idiosincrasia. La critica lo ha definito: "furbo, superficiale e moralista" e per converso il pubblico è corso a vederlo decretandone il successo. Visto con serenità oltre i confini della douce France, pur rispettando le scelte del pubblico francese, è davvero difficile non condividere le perplessità della critica.

carlo caspani

mercoledì sera 

Partenza di film folgorante, perché Canet tecnicamente è bravo. In più ha un parterre di attori francesi invidiabile, una storia coinvolgente che rimanda a tanto cinema già visto (per rimanere in Francia, Claude Sautet e Yves Robert). Poi, però, il brodo si allunga troppo, si rompe l'equilibrio tra dramma e commedia, e un finale di lacrime e abbracci non riscatta la sostanziale antipatia che suscitano nello spettatore le azioni e omissioni di questi "amici" bugiardi con se stessi, prima ancora che con compagni e compagne di vita o di letto. Ripensandoci, al confronto perfino Muccino ha i suoi perché...

fabio de dirolamo

giovedì sera

Che il film si avvalga di una costruzione sfaccettata e consistente dei personaggi, tutti peraltro ben recitati, è un dato di fatto. Il problema è che viceversa crolla sull’aspetto più rischioso in strutture narrative di questo genere. Già Il grande freddo, modello palese di Piccole bugie fra amici, non era immune dalla tendenza a concentrare troppi drammi e troppi elementi di tensione irrisolta tra i personaggi in un breve lasso di tempo. Il clone francese esaspera questo aspetto rendendolo definitivamente inverosimile. La cosa, inoltre, risulta più evidente a causa del tono realistico scelto per il film e dalla mancanza di motivazioni narrative abbastanza consistenti. L’incidente dell’amico comune non giustifica un tale moltiplicarsi di nodi che vengono al pettine, tanto più che nessuno del gruppo è stato sufficientemente toccato dall’evento da rinunciare alla vacanza collettiva. Poco plausibile è anche la concentrazione di cinico egoismo in così tanti personaggi, cosa che sembra piuttosto una presa di posizione a priori del regista.

giorgio brambilla venerdì sera Canet ritrae un gruppo di amici di vecchia data mostrandoci quanto siano egocentrici,  incapaci di essere davvero onesti tra loro, pieni di tutti i difetti possibili, a partire da quella superficialità che li fa andare tutti in vacanza lasciando un amico moribondo a Parigi, ma anche così affiatati capirsi e accettarsi nonostante tutto. È interessante la complicità che c'è tra i personaggi, la stessa che ha il regista nei loro confronti: si guardano, vedono i reciproci limiti ma si vogliono bene per quello che sono, lucidi e solidali insieme. Ne viene un'opera molto umana che commuove lo spettatore, portandolo ad identificarsi con chi vede in scena senza sentirsi condannato per i propri peccati, visti alla fine come “piccoli”. Peccato che da questa buona idea nasca un'opera tanto ricca da risultare senza giusta misura, non solo quanto a durata, e che il finale risulti eccessivamente moraleggiante e programmaticamente lieto
     
marco massara fuori classifica ‘Il grande freddo’ in brodo (di dado) diluito francese. Poche volte mi è capitato di vedere un film con così tante scene inutilmente affastellate per arrivare a due ore e venti di durata per una storia che dopo sì e no un’ora ha già esaurito la sua ‘tensione’ (parola grossa) drammaturgica.
Gli attori non mi pare si impegnino particolarmente: un po’ meglio Francois Cluzet che lavora sull’abbrivio della simpatia di ‘Quasi amici’; Marion Cotillard questa volta è decisamente sotto la sufficienza e Jean Dujardin (the artist), per non rischiare di parlare troppo….,fa prima il quasi muto e poi il morto.
Avrei dato un ‘giallo’ se non ci fosse stata la patetica scena del funerale ma , visto che quest’anno non ho mai dato un ‘rosso', non perdo l’occasione, sia pure fuori classifica !