gli animatori lo hanno visto così :         BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            MALE

                                                

AMOUR

 

 

DOM pom

DOM sera

MAR

MER

GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica pomeriggio

la violenza è ancora al centro della filmografia di Haneke e questa volta si annida sotto la pelle dei protagonisti. la malattia è violenta e insensata e ci si sente inutili e inermi , come unaa famiglia sotto i soprusi di due ragazzini (vedi Funny Games) , o come dei bambini di fronte alle rigide quanto vuote regole degli adulti (vedi Il nastro bianco). Haneke non fa sconti, mai, e lascia tante domande, tanta inquietudine  e nessuna risposta. c'è chi dice che i suoi film sono troppo lenti, a mio avviso è il tempo che serve a far sedimentare il fastidio, la difficoltà. in una società dove perlopiù si bandisce il vero dolore, in cui c'è l'abitudine a guardare il  dolore da un buco della serratura, e con le spalle sempre coperte, questo regista irrompe con situazioni assolutamente reali, con personaggi veri e prova ad insinuare domande che chiedono una risposta individuale, una responsabilità personale. Non c'è niente da nascondere, insomma, ma bisogna avere il coraggio di non distrarsi.

giulio martini

domenica sera

 raggruppabile sotto la metafora di "assistere" nei suoi 2 significati ( assistere ad uno spettacolo - assistere una persona malata ) il film racconta di gente che o sta "seduta" o "si siede" e o si limita a guardare ( il concerto dell'inizio , un servzio alla moglie malata puramente visto dai vari ospiti in visita ...) oppure si da fare e sta davvvero "a fianco". La differenza per Haneke è tutta qui: tra i puri spettatori ( ... i figli, il genero ) ed il protagonista , il quale , pur sapendo che la vita della moglie sta per interrompersi, si prodiga in mille modi nell'assistenza . Finchè non si "ammala" lui . così che dopo aver cercato di far continuare il suo amore, ed aver scacciato tanti intrusi fastidiosi ( il 1.o piccione = badante incapace, il 2.o piccione inquadrato nel disegno = la figlia tutta parole e niente fatti...) pensa di di togliere di mezzo il 3.o piccione ( la moglie ormai incapace di esprimersi ) in un modo molto ambiguo liberandola / liberandosi nel soffocarla / catturalo con la coperta e poi cullandolo / fuggendo. E' un film lucido, senza speranze, che sarebbe stato più leggibile se avesse mantenuto il Titolo previsto all'inizio "La musica interrotta", ma che sviluppa una spietata coerenza e una forza simbolica interne straordinarie.

angelo sabbadini

martedì sera

Annichilisce i visionari del Bazin la potente e crudele sobrietà registica di Haneke che racconta la storia di amore e morte di due musicisti ottuagenari. Feroce e chirurgico il cineasta austriaco lascia il segno e la mezzanotte interrompe bruscamente un confronto tra i presenti che sembrano impegnati a esorcizzare lo sgomento e l'angoscia.

carlo caspani

mercoledì sera 

Una storia d'amore firmata Michael Haneke: niente romanticismi, rose e 
violini, ma vecchiaia, malattia, senso di costrizione. Eppure, sotto  quelle rughe (bravissimi Riva e Trintignant), dietro quelle note di  pianoforte, oltre quegli arredi ricchi e consumati si leggono in  filigrana, chiarissime, le tracce di un Amour così totale da avere una  sola, inevitabile, crudele soluzione finale, per resistere alle  intrusioni del destino (ladri, piccioni, figli e portinai) e difendere  almeno il sogno di ciò che si fu

fabio de girolamo

giovedì sera

Amour è un film eccezionale. Nel senso etimologico del termine. Eccezionale perché pone a tema l’osservazione delle reazioni emotive dei protagonisti a un evento improvviso e inesorabile come la malattia degenerativa e lo fa (al contrario di qualunque altro film del genere) raffreddando i toni, ponendo la cinepresa distante dai volti degli attori, usando spesso il fuoricampo e lasciando al suono il compito di raccontare (magistrale, da questo punto di vista, la sequenza dell’ictus subito da Anne); al suono, si badi, non alle parole. Eccezionale perché coraggiosamente si basa su un soggetto che ha come protagonisti due ultrasettantenni, è ambientato tutto entro le quattro mura della loro casa e, nella sequenza più dinamica (e altrettanto magistrale), li vede lottare insieme contro la forza di gravità per fare quattro passi nel corridoio. Eccezionale, infine, perché, nonostante il freddo realismo che lo contraddistingue, riesce anche ad essere il più potente dei melodrammi, col binomio amore-morte che domina dall’inizio alla fine e trova il proprio acme nella sequenza del soffocamento (c’è bisogno che rimarchi che anch’essa è magistrale?).
giorgio brambilla venerdì sera Ancora una volta Haneke ci mette di fronte alla durezza devastante di un'intrusione inattesa. Stavolta l'invasore è la malattia, che sconvolge la vita tranquilla di una coppia di anziani che vivono nel loro amorevole isolamento. Dolore più amore uguale vita incomprensibile a tutti gli altri, che danno consigli senza riuscire ad entrare nell'irrazionale ma rigorosa logica dei due coniugi; questi del resto, complici fino alla morte, non fanno alcuno sforzo per aiutarli a capire, considerandola una questione che tocca solo a loro affrontare. Il film ci racconta questo cammino verso la fine con grande pudore, non spingendo sull'acceleratore di un dramma che è già di suo tragedia: utilizza inquadrature fisse, campi medi o lunghi e fuoricampo, evita la musica d'accompagnamento e non dà molte spiegazioni, lasciando chi guarda libero di osservare dove e interpretare come vuole. Una grande prova cinematografica, che richiede uno spettatore paziente e armato di compassione, ma lo ripaga ampiamente per lo sforzo