gli animatori lo hanno visto così :    BENE

                                                       COSI’-COSI’

                                                       MALE

                                                

RITORNO A BRIDESHEAD

 

 

DOM

pom

DOM

sera

MAR

MER

GIO

VEN

 

 

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riccardo moretti

domenica pomeriggio

A Brideshead c'è chi va e chi viene. Chi parte alla ricerca di un posto nel mondo e chi torna per scoprire veramente sé stesso. Chi abbandona le tristi spoglie di un'aristocrazia ormai in decadenza e chi invece corre incontro al futuro a braccia aperte. Brideshead è il palcoscenico della società inglese d'inizio '900, capace di diventare anche teatro di guerra. Di tutto ciò, 2 ore e un quarto di film riescono a tratteggiare solo un semplice abbozzo, asettico, buono per lo più come accurata ricostruzione storica. E in questo, alla fine, non c'è nulla di grave: ma alzino la mano quanti
di noi tra un anno ne avranno ancora un lucido ricordo. 

giulio martini

domenica sera

Il filone  "british aristocratico "( grandi dimore come locations,  numero sterminato di servitori, splendidi giardini appunto all'inglese)  non si è ancora esaurito.

Ma rispetto al coraggioso "Un matrimonio all'inglese" questo sembra la summa dei luoghi comuni del perfetto romanzo  anticlassista  anglosassone: c'è l'esponente della  non- upper class  carnefice/e vittima, c'è l'ipocrisia dei ricchi e la loro ambiguità erotiche, c'è nostalgia / condanna della bellezza  di un mondo  perduto e da perdere.

Il tutto è appesantito dalla vistosa evidenza delle strutture mentali d'oltremanica ( i luoghi comuni sull' Italia, su Venezia, sul Cattolicesimo..) tradotti in clichée visivi.

Mancano rabbia, passione o ironia ed invenzione cinematografica

angelo sabbadini

martedì sera

L'epigono Jullian Jarrold ci prova e ammicca al cinema di James Ivory: sceglie come spunto Ritorno a Brideshead, lo struggente romanzo di Evelyn Waugh, e con diligenza mette in fila i cocci esistenziali di un novello Barry Lyndon e di un manipolo di aristocratici cattolici. Ne risulta un compitino volonteroso e insipido e agli spettatori non rimane che rimpiangere lo sceneggiato della BBC del 1981 in cui recitavano signori come Jeremy Irons, Laurence Olivier e John Gielgud.

carlo caspani

mercoledì sera

Calligrafia e formalismo sulla verde Inghilterra di prima della guerra 
che, nel 1939, avrebbe davvero cambiato il mondo. Ma gli ingredienti 
sono abusati, il romanzo di Evelyn Waugh è ormai solo storia 
letteraria, e anche i mostri sacri (Thompson Scacchi Gambon) 
invecchiano. E la svolta religiosa e psicologica del racconto arriva a 
noia fatta.

marco massara

giovedì sera

Quando si guarda un acquario si rimane affascinati dalla bellezza dei colori e della ricostruzione dei fondali, ma poco dopo ci si rende conto che non si riescono a capire le dinamiche che guidano il comportamento dei pesci e quindi ci si annoia presto.

La stessa cosa succede con ‘Brideshead’ dove si segue la vicenda senza provare pathos per i protagonisti;  mancano svolte drammaturgiche degne di questo nome ed i personaggi (?) sono abbozzati (Rex  – 2 scene) o addirittura poco più che immaginati (la moglie di Charles – 2 inquadrature).

La qualità della ricostruzione ambientale e l’ottima/algida recitazione di Emma Thompson e degli altri attori “anziani” non sono sufficienti a salvare il poco salvabile ed il finale ‘imbullonato’ , con tanto di pistolotto politico del giovane sergente,  spinge la lancetta sul profondo rosso.

Davvero ‘Un matrimonio all’inglese” (vedi note) era un’altra cosa !

giorgio brambilla

venerdì sera

Diceva Oscar Wilde che nella vita ci sono due drammi: non ottenere quel che si vuole e ottenerlo. Ritorno a Brideshead sembra prenderlo alla lettera quando dipinge un mondo in cui pare impossibile essere liberi e felici: Sebastian non vuole quel che gli viene imposto, la povera Julia non sa cosa vuole, Lady Marchmain  si fa odiare perché lo sa troppo bene, Charles semplicemente forse vuole troppo.  Ogni realtà appare ambigua: chi non ha avuto una  famiglia la desidera, e chi l'ha ne soffre; Brideshead è un luogo meraviglioso, ma è anche una prigione; la vecchia nobiltà è in crisi, ma la nuova borghesia è peggio; essere cattolici distrugge, ma non esserlo procura altrettanto dolore. Stilisticamente è da segnalare l'illuminazione, che mette giudiziosamente in tensione tra loro la luce naturale degli spensierati esterni, l'oscurità e i toni freddi degli interni della “dimora”, la luce artificiale e i colori caldi che si sforzano di insinuarvisi invano. L'insieme appare rigoroso ma un po' algido, come la realtà rappresentata. E quando cala il sipario (sul quadro dono di nozze, su quel mondo e sul film) si presenta una domanda: sarà coerenza tra forma e contenuto o, più semplicemente, troppa carne al fuoco?