gli
animatori lo hanno visto così :
BENE
COSI’-COSI’
MALE
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CABARET |
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DOM pom |
DOM sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
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dei film precedenti
roberta braccio |
domenica pomeriggio |
Ottimo film assolutamente da vedere e rivedere. Per il piacere degli occhi innanzitutto – rutilante, ambiguo ed ammaliante – ma non solo: certi movimenti di macchina suggeriscono appena, nel vociare di altri immagini (come ad un tavolo di un locale mentre intorno impazza il cabaret), altri invece gridano cosa c’è fuori, cosa sta accadendo fuori, nel mondo reale. Un continuo gioco di toni e di immagini, dove non c’è un confine netto tra realtà e spettacolo, dove le percezioni, i sentimenti e le emozioni vengono guidati più spesso dall’istinto e dall’apparenza che non dalla ragione. Più che essere un giudizio, quello del regista, è un’analisi schietta di una situazione non solo storica ma anche sociale, è per questo che è così moderno ancora oggi. |
giulio martini |
domenica sera |
a 40 anni di distanza alcuni elementi compositivi emergono con maggiore evidenza: l'uso un po'strumentale dello sfondo storico/politico per dare "maggior peso" alla narrazione ( o perchè l'Hollywood ebraica facilitasse i premi ? ) l'esplicita volontà di sbalodire i borghesi con una storia di trasgressioni moltplici, i debiti verso l' "Angelo azzurro" di Von Sternberg , film del 1930 cui si ispira e che riprende con tanti ammiccamenti, anche se lo critica ed in un certo senso lo capovolge del tutto. Nell'insieme la pellicola regge, perchè le canzoni ed i balletti funzionano e la recitazione è adeguata, nonostante i dialoghi siano deboli e schematici. Ma 8 oscar erano e sono troppi... |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Siamo filologi o visionari? L’interrogativo scuote il pubblico del Bazin e il dilemma è presto raccontato: “Cabaret” visto oggi ha i suoi bei limiti (sottolineati per la verità anche dagli osservatori di ieri!!!) e qualcuno tra il pubblico ammette di essersi francamente annoiato. Ma i filologi insorgono e ricordano il fatidico contesto che giustifica ogni sbadiglio. La soluzione del lucido Marco Massara (eccezionalmente in sala!) è la votazione conclusiva per alzata di mano. Bob Fosse passa per 25 punti e i filologi sfilano orgogliosi dalla sala… |
giorgio brambilla |
mercoledì sera |
Bob Fosse ritrae, attraverso lo specchio deformante del suo Cabaret, gli ultimi anni della Repubblica di Weimar. Il palcoscenico, ispirandosi ai toni dell'arte espressionista dell'epoca, commenta, interpreta ed irride gli avvenimenti. Contemporaneamente all'ascesa del partito di Hitler vediamo quelli che dovrebbero essere i suoi oppositori: una nobiltà vuota e inconsistente, simboleggiata dal conte Max; gli ebrei Fritz e Natalia, che si sforzarno di condurre una vita normale; i rappresentanti di quelle che dovrebbero essere le nazioni che si oppongono al nazismo, Brian (inglese) e Sally (americana), che non riescono neppure a badare a se stessi, figurarsi a concepire e portare avanti una qualsivoglia azione politica. Così resta solo il maestro di cerimonie, l'ottimo Joel Grey, che alla fine del film continua ostinatamnete ad irridere la Storia e ad affermare che il cabaret può far dimenticare i problemi. Peccato solo che le numerose camicie brune presenti in sala costituiscano uno sberleffo di risposta ben più inquietante del suo |
fabio de girolamo |
giovedì sera |
Il film vive su una duplice dichiarazione d’intenti: quella iniziale del presentatore, che spinge a prendere lo spettacolo del cabaret come un modo per allontanarsi dalle afflizioni del quotidiano, e quella finale di Sally che canta “Life is a cabaret”, intendendo il cabaret come una rilettura smascherante della realtà. Lo specchio svelante della realtà messo in scena da Sally e compagni è come lo specchio deformante che sta sul fondo del palco del cabaret, all’inizio popolato da un mondo vitale anche se caotico e alla fine dominato in modo evidente dalla svastica nazista. Insomma Cabaret, il film, è sì uno spettacolo, ma è anche un mezzo per parlare di cose serissime. Fosse rilegge il musical nella stessa ottica con cui i suoi contemporanei Scorsese Coppola Altman rileggevano il noir, il gangster movie, il western, trasformando il più frivolo e leggero dei generi classici in una realistica e disincantata lettura della realtà, popolata da personaggi complessi e contraddittori e in cui la musica non è puro intrattenimento ma partecipa al “senso” dell’insieme. |
carlo caspani | venerdì sera | Un film fondamentale per cinefili di mezza età? Certo, ma nelle scene di spettacolo, entrate a ragione nella storia del genere, Cabaret sembra girato ieri. Una Minnelli meravigliosa nella sua imperfezione, una Berlino uscita di peso da quadri e disegni di Dix e Grosz e una scena da antologia quando vogliamo parlare di Cinema e Storia: il biondo ariano che canta "Tomorrow Belongs To Me" sembra venire da un film UFA (la canzone viene scambiata da molti per un vero inno nazista) e quel canto, quei primi piani, spiegano ancora oggi la genesi del Mostro in un crescendo da brividi. |