gli
animatori lo hanno visto così :
BENE
COSI’-COSI’
MALE
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A DANGEROUS METHOD |
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DOM pom |
DOM sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
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dei film precedenti
matteo mazza |
domenica pomeriggio |
Un film sulla permeabilità dell'uomo, sulla sua vulnerabilità, su quel male che si innesta sotto la pelle (e dentro la mente) come uno dei tanti demoni raccontati dal cinema di Cronenberg. Cavalli neri, una vela rossosangue, una paziente da guarire che è donna da curare che è corpo da cambiare. E poi tante lettere da scrivere. Inchiostro nero su carta bianca. Film di mostri e profezie. |
giulio martini |
domenica sera |
in un ripetuto girotondo con di scambi di ruoli ( tra paziente/ medico, amico/amante, discepolo/ maestro, figlio /padre , che coinvolgere tutti e 4 i protagonisti ) viene divulgata la lotta irrisolta tra i due fondatori della psicoanalisi. Lo scontro tende al reciproco annientamento personale, ma coinvolge visioni etico culturali non conciliabili: quella protestante, formalista e misticheggiante, e quella ebraica ,ossessionata dalle minacce perecutorie e dallo scientismo. Gli attori sono bravi, il racconto di Cronenberg insolitamente chiaro, ma nulla di più. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Diavolo di un Cronenberg! Questa volta il re delle mutazioni si camuffa da pignolo regista di biopic per riproporci sottotraccia le sue ossessioni tematiche e esistenziali. E così in un Kammerspiel congelato e accuratissimo assistiamo ai sussurri e alle grida di una relazione lacerante che ha segnato la cultura del '900. Gli attori con grande mimetismo giocano a superarsi in bravura conferendo al film uno spessore non comune. |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Cronenberg non fruga più le carni
dei suoi protagonisti, ma la psiche. Quale storia migliore del rapporto
Freud/Jung/Spielrein, con tutte le implicazioni psicoanalitiche del caso? Ma nella seconda parte il metodo pericoloso di analisi, di Cronenberg, non di Sigmund, perde colpi e rischia di ridursi a un melodramma in costume. |
fabio de girolamo |
giovedì sera |
Di spunti tematici che avrebbero
permesso un ricorso ai canonici stilemi cronenberghiani ce ne sarebbero
stati tanti: dal corpo deformato dalla virulenza della malattia mentale
all’osservazione della nevrosi nel suo materializzarsi in visioni oniriche.
Cronenberg sceglie in modo palese di non seguire questa via e noi ne
prendiamo atto. Il regista sembra piuttosto partire dalla definizione di psicoanalisi come cura delle parole, che viene data nel film. Di conseguenza mette a contrasto il visivo e il sonoro (il verbale) e associa al primo la rappresentazione del visibile (come direbbe Sorlin) borghese di inizio Novecento, della superficie “perbene” di quella società e al secondo tutto ciò che per quella mentalità va nascosto (le pulsioni, l’irrazionale, anche il lato emotivo). L’idea è chiara, ma non è sviluppata con la consueta e necessaria radicalità. Il risultato, di conseguenza, sconfina molto spesso nel calligrafico e nel didascalico, cosa che non ci si sarebbe aspettati da Cronenberg. Occasione sprecata. |
giorgio brambilla | venerdì sera | David Cronenberg racconta da sempre storie che hanno a che fare con le pulsioni di amore e di morte, interpretabili a partire dalle categorie della psicanalisi. A dangerous Method esplicita quello che nelle opere precedenti era implicito: mette in scena i padri della psicanalisi e la donna che li ha tanto influenzati, la misconosciuta Sabina Spielrein, e ne legge la vita a partire dalle loro concezioni, facendoli dibattere e mostrando come il fatto che si comprenda quel che accade dentro se stessi non implichi che ci si comporterà meglio degli altri. Il tema è affascinante: non basta sapere davvero quello che si sente, il problema è come si decide (se si può davvero decidere, come direbbero i sopracitati personaggi) di usare la propria libertà. Peccato che, proprio perché esplicito, il film risulti anche didascalico e meno stimolante e sanamente provocatorio per lo spettatore di altre opere dello stesso regista, magari più rozze. Forse Cronenberg ha scelto l'approccio imperturbabile dell'analista per essere più coerente con la materia raccontata, ma così ha raggiunto un risultato decisamente al di sotto del livello al quale ci aveva abituato . |