gli animatori lo hanno visto così :         BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            MALE

                                                

HUGO CABRET

 

 

DOM pom

DOM sera

MAR

MER

GIO

VEN

 

fai click  QUI per vedere le critiche dei film precedenti

 

matteo mazza

domenica pomeriggio

Cinema delle meraviglie, Hugo Cabret è anche un film sulla vita, che può essere scoperta, vissuta, ri-scoperta e ri-vissuta. Romanzo di formazione, storia d'amore, storia di padri (cinematografici, ma non solo) e figli, racconto di verità (l'incidente del treno alla stazione!!) e finzione, Scorsese che
fotografa Melies, una gamba da aggiustare, un automa (e un disegno) a
cui dare un senso. Cinema per meravigliarsi.

giulio martini

domenica sera

Sorprendente e affettuoso omaggio al Padre riscoperto e rivalutato degli "effetti speciali", da parte di un regista che ci aveva abituato allo stile più crudo e ai delitti più efferati . E' una " fiction "fantasmagorica che invita ad un lavoro di "restauro " in tutti sensi, dove si celebra il "sogno infantile e collettivo" reso possibile dal cinema, vero erede dei romanzi ottocenteschi ( citatissimi...) . Scorsese, stavolta, vuole e sa far commuovere. Cosa sarebbe la sua vita ( e la nostra ) senza il Cinema ?

angelo sabbadini

martedì sera

Solo quando Scorzese compare sorridente con il baffetto d’inizio secolo abbiamo la certezza che il confetto cinematografico che stiamo visionando è firmato proprio dal cineasta di Long Island. Fino a quel momento avevamo avuto qualche dubbio e poi, liberati dall'incredulità, ci abbandoniamo con piacere al milionario blockbuster che ci racconta con tono fiabesco la magia meccanica del cinema.

carlo caspani

mercoledì sera 

Scorsese atipico, "per bambini"? Per nulla. Nella fiaba meccanica di un ragazzino solo che cerca un legame e un riscatto nella tecnica e nella misura del tempo e delle cose (ingranaggi, automi, ferrovie...)c'è un pezzo del Martin bambino che si rifugiava, che ci fa rifugiare nel Cinema come fabbrica della suprema finzione, del sogno (doppio e al quadrato per Hugo) che legga la realtà, la elabori e ce la facci accettare/superare. Omaggi a tutto un cinema di
pellicola ed emozione che appare oggi confinato agli archivi polverosi, e che invece è vivo, modernissimo, emozionante come allora.
Per sognatori vigili, come Meliés.

fabio de girolamo

giovedì sera

Qualche spettatore in sala è rimasto spiazzato dall’inedita narrazione fiabesca scelta da Scorsese. Da un certo punto di vista la distanza dalla usuale realistica crudezza è notevole. Ma se appena ci si mette a osservare il lavoro della macchina da presa, la sua caratteristica mobilità, esasperata dai vertiginosi dolly sui personaggi, si comincia a riconoscere la mano del regista.
Poi si passa al punto di vista, concentrato sulle alterne soggettive di Hugo e dell’amica Isabelle, uno costretto a vivere da spettatore di un mondo del quale vorrebbe far parte, l’altra addirittura narratrice a posteriori dell’intera vicenda, e ci si trova a casa. Il racconto filtrato attraverso la lente distorcente degli occhi del personaggio è un marchio di fabbrica di Scorsese. Si capisce di conseguenza anche il perché del fiabesco: chi racconta sono due bambini che tengono alla larga le afflizioni di una vita vissuta da orfani attraverso il ricorso alla fantasia.
Il rapporto col padre, la ricerca delle origini come ricerca del proprio posto nel mondo, l’omaggio commosso al cinema delle origini completano un quadro scorsesiano al massimo. Peccato per qualche didascalismo di troppo.
giorgio brambilla venerdì sera Scorsese sfrutta il 3D, re degli effetti speciali contemporanei, per raccontare la storia del primo regista che ha intuito che il cinema poteva creare mondi fantastici attraverso quegli stessi effetti speciali. Fonde abilmente una storia degna di Dickens con la riflessione metacinematografica; ci porta nei meandri del sottosuolo della stazione dove vive Hugo e all'interno del meccanismo di fascinazione della settima arte; ci fa riflettere sul posto che ognuno di noi ha in quell'altro meccanismo che è la vita e rivivere lo stupore spaventato di quegli spettatori che si videro arrivare addosso un treno quasi centoventi anni fa. Ci troviamo di fronte ad un testo denso e quasi troppo ricco, il primo che usa il 3D non per generare una banale meraviglia, ma come parte integrante e necessaria della narrazione (purtroppo noi del Bazin non abbiamo potuto constatarlo). In esso (sogno,) cinema e vita si sostengono e si identificano reciprocamente; questo avviene in modo esemplare nell'automa, che sembra un uomo ed è capace di riprodurre un fotogramma del mitico Viaggio verso la luna. È una raffinata dichiarazione d'amore all'uno e all'altra
     
marco massara fuori classifica Scorsese organizza una favola commettendo qualche peccato veniale di lentezza probabilmente dovuto a qualche indugio di troppo sulle prodezze del 3D. Appunto, il 3D: usa il mezzo più avanzato della tecnica cinematografica ma semina nel testo ammiccamenti a tanto cinema di varie epoche: l’automa ha la faccia del robot del primo ‘Guerre stellari”, c’è una fioraia (Chaplin) non cieca ma con un amante zoppo, una passeggiata sul cornicione in pieno clima da ‘Blade runner’ etc etc. E c’è il passaggio geniale di un fatto realmente accaduto (il treno che vola fuori dal finestrone della gare Montparnasse )  inserito in un sogno dentro ad un sogno: a dire che cinema e vita sono inseparabili !