gli animatori lo hanno visto così : BENE QUASI BENE COSI’-COSI’ COSI'-COSI'-COSI'
MALE
|
MONSIEUR LAZHAR |
|
DOM pom |
DOM sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
fai click
QUI per vedere le critiche
dei film precedenti
roberta braccio |
domenica pomeriggio |
Un piccolo grande film, delicato ed emozionante. Il trucco di far sembrare vera una storia a tratti un po’ inverosimile (vedi il finto professore che si autocandida) non è un inganno, è anzi il meccanismo su cui si regge il film. Un finale diverso infatti avrebbe reso il film poco credibile e disonesto: proprio perchè l’assunto iniziale (l’autocandidatura) non è realistico, il finale è così onesto e reale. Perché il punto non è la storia personale di Lazhar, e nemmeno l’elaborazione del lutto, il punto è riflettere su cosa voglia dire educare, sé e gli altri. In questo film bambini e adulti crescono come in un montaggio alternato: storie, reazioni, emozioni simili. Conta poco l’età, perché educarsi è un lungo cammino. |
giulio martini |
domenica sera |
il film ruota attorno tre idee/metafore ricorrenti : di "asilo" ( politico o come ambiente scolastico protetto ) cioè - etimologicamente luogo dove non si puo' essere "catturati "dal nemico, di "nemico: violenza-morte" ( da una parte il suicidio della maestra dall'altra il terrorismo algerino) di "formalmente corretto" ( in senso sia professionale sia politico). Nel racconto, a contrasto , emerge piano piano l'importanza del calore nel rapporto personale e diretto contro il gelo dei regolamenti , il necessario coraggio dell'abbraccio tra due persone fisiche di contro i puritani distacchi emotivi e la sincera condivisione - tra generazioni - del dolore, che va guardato in faccia in tutto il suo strazio - perché 'unica strada solidale per rielaborare il lutto. Il film critica la paura della verità e la negazione pseudo-educativa dell' assurdo e della violenza che sconvolgono la vita di tutti, fin da piccoli, cui però molti genitori/ ideologi odierni si arrendono, senza spiegazioni e senza speranze di nessun tipo. Ma la critica è fatta senza urlare, senza inveire contro nessuno. C'è piuttosto nel tono della pellicola un accorato, genuino accento didattico. Cioè : il regista ( e prima di lui l'autrice del testo teatrale) non abbandona la cronaca ed il vissuto e tuttavia ci fa avvertire l'estrema importanza della "favola" quale inevitabile tentativo di leggere/ raccontarci quello che ci capita ogni giorno e che dobbiamo essere capaci di esprimere di interpretare. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Dal Quebec, terra orgogliosa e
indipendente, giunge al Bazin Philippe Falardeau, cineasta specializzato negli adattamenti cinematografici di opere letterarie e teatrali. Questa volta lo spunto proviene da Evelyne de la Chenelière prolifica autrice teatrale (presente nel film con un cammeo). Nel tradurre al cinema l'opera dell'eclettica Evelyne Falardeau ne smorza i caratteri fortemente lirici e inserisce nel film toni decisamente più realistici in consonanza con uno dei filoni di ricerca del cinema canadese di marca francofona. La linearità del film non deve ingannare: dietro all'apparente semplicità narrativa si agita una serie variegata di temi e implicazioni che danno la possibilità agli spettatori di svolgere al meglio "il loro sporco lavoro" per dirla come Marina Spada. |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Dall'Algeria a Montreal, il maestro Lazhar e la sua classe, sconvolta dalla scomparsa improvvisa e macabra della propria maestra. Ci sono però altri lutti, altri segreti nascosti: ma insegnando ai bambini e a se stesso a non scappare dalla morte, Lazhar (si) restituisce la vita. |
marco massara |
giovedì sera |
“non cerchi di educare nostro figlio – si limiti ad insegnare”. Questa battuta-macigno rivela l’incapacità di riconoscere il ruolo formativo della scuola , relegandola invece ad una mera funzione di trasmissione di nozioni, ben evidenziate dall’espediente filmico delle regolette grammaticali recitate dagli scolari in coda a testi che invece trasmettono ben altra ricchezza. In questo contesto anche un semplice abbraccio può portare a catastrofi irrimediabili e non c’è posto per chi come Lahzar vuole reinventarsi un ruolo e farsi portatore di una rinnovata umanità, suggellata da un cristallino abbraccio finale. |
giorgio brambilla | venerdì sera | Monsieur Lazhar ci mostra come una persona totalmente aliena alla scuola sia in grado di instaurare un rapporto con una classe in grado di aiutarla ad elaborare un trauma come quello del suicidio di un'insegnante nella propria aula. Il film non è però tanto sulla scuola né contro la scuola; piuttosto afferma che in un rapporto educativo puoi essere efficace solo se ti metti davvero in gioco come persona, anche se per farlo devi dire un'enorme bugia alla preside. E che non devi assolutamente abbandonare coloro che ti sono stati affidati: la moglie del protagonista ha pagato questa fedeltà con la vita, al contrario della povera Martin, disperata al punto da suicidarsi di giovedì per punire un proprio studente. Il senso di colpa, il dolore della perdita, la capacità dei bambini di elaborare i traumi e compatire meglio degli adulti, oltre all'inefficacia di un sistema basato solo sulle regole piuttosto che sulla relazione (si tratti della scuola o dell'ufficio immigrazione), sono altri temi forti del film, che lo rendono un'opera semplice ma densa e ricca di umanità |