gli animatori lo hanno visto così :         BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            MALE

                                                

MAGNIFICA PRESENZA

 

 

DOM pom

DOM sera

MAR

MER

GIO

VEN

 

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rmatteo mazza

domenica pomeriggio

magnifica presenza è quella del buon Germano in questo film. Sul suo viso galoppano le emozioni, la voce a volte s'imbizzarrisce ma resta sempre verosimile e ben calibrata. La lunga chiusura sulle sue espressioni di Pubblico partecipe è un enorme tributo del regista, meritatissimo. Purtroppo, a mio avviso di magnifico in questo film c'è solo lui. Per il resto ozpetek gioca ancora una volta a mischiare sempre la stessa mano di carte: nessun rischio, nessuna novità. Per raccontare la solita idea di famiglia allargata e adottata, questa volta si affida ai morti (ma nemmeno questo è originale nella sua filmografia). Poco importa che non possano mangiare, comunque si siederanno intorno alla solita tavola apparecchiata. Per raccontare la sua versione dell'amore, ancora una volta storie di soli uomini (il fatto che l'unica donna con una storia d'amore funzionante sia un fantasma la dice lunga sulla fiducia che Ozpeteck ha sulle quote rosa) e ancora un altro viaggio nel mistero di questi amori (vedi la scena un po' forzata nella fabbrica dei vestiti). Continuo ad aspettare un Ozpetek che, al di là dell'indiscussa capacità dietro alla macchina da presa, torni a stupirmi e ad emozionarmi.

giulio martini

domenica sera

in un gioco di "finzioni" ( trucchi - nascondimenti - disvelamenti ) il regista turco ci vuol rendere partecipi della complicata condizione mentale dei "gay" ( e cioè anche della sua ) e dei loro desideri: non più una vita nascosta, ma il diritto a rendere "pubblici" i propri fantasmi ed i propri desideri proibiti .
E lo fa senza rabbia, ma con una certa auto ironia . Per questo popola il racconto di un numero interminabile di "travestiti" e di gente con " doppia identità", cioè non solo attori ma nche gente qualsiasi sempre in bilico tra "provini" e ardui problemi affettivi, dunque duramente messi "alla prova". Così alla fine tutti - omo ed etero - son visti da Ozpetck nella loro comune precarietà emotiva , fatta di ambiguità vistose e perenni trasmutazioni di ruolo. E' un film dall' equilibrio arduo, che forse ha ambizioni eccessive.
Ma tuttavia riesce nel suo intento di fondo, cioè essere un "bizzarro divertissement" attorno al tema dell' orgoglio gay: un mondo qui intessuto più di infinite trepidazioni e di continui timori, che non
d'altro.

angelo sabbadini

martedì sera

Ozpetek ha le visioni! Nulla di grave per un artista, anzi una fortuna, un’autentica manna dal cielo in tempi di creatività seriale e programmata. Certo, bisogna essere in grado di dare peso e spessore alle ombre (che guarda caso sono l’anima del cinema!)...il fantastico richiede mestiere solido e sceneggiature impeccabili. Ozpetek si accontenta di abbozzare, lancia al pubblico suggestioni fantasmatiche e confuse che appaiono spesso gratuite e non finalizzate. Con l’esito di rendere sterile e francamente imbarazzante l’intero Ghost Movie.

carlo caspani

mercoledì sera 

Il cinema di Ozpetek, a parere dello scrivente, va in altalena. Questo è un film "giù": idee troppe ma confuse, spunti già visti nei suoi lavori precedenti (il pasticciere, il 1943, la casa dei ricordi, i fantasmi del passato..) e una trama che segue troppi filoni (arte e finzione, le sofferenze gay, la Storia che si rispecchia nelle storielle di oggi...). Bei ragazzi dagli sguardi teneri, Platinette e la Proclemer, ma si tifa per il bambino obeso e si cerca Pirandello
per sollevare lo spirito. Astenersi da malintesi paragoni con
"Fantasmi a Roma" di Pietrangeli, 1961: altri tempi, altra classe.

fabio de girolamo

giovedì sera

C’è una curiosa somiglianza narrativa che lega questo film a Midnight in Paris di Woody Allen, che abbiamo visto all’inizio dell’anno. Il protagonista, anche in questo caso, incapace di trovare una realizzazione ai propri desideri o anche solo un equilibrio nel quotidiano, si rifugia in un mondo fantasmatico ancorato al passato, dentro il qualche si trova molto più a proprio agio che nella realtà. Al contrario che in Allen, però, qui la conclusione a cui si giunge è del tutto incoerente con lo sviluppo del racconto. Pietro abbandona gradualmente un approccio egoistico agli attori della Compagnia Apollonio per assecondare la loro esigenza di liberarsi dell’appartamento/prigione che è stato teatro della loro morte nel ’43. Sembra quindi poter fare a meno delle “presenze” sospese nel tempo e ritornare a vivere il proprio quotidiano con nuove forze. Invece il film si conclude con Pietro che libera la Compagnia Apollonio e la segue, suggerendo una rinuncia definitiva alla realtà per il mondo dei fantasmi. Inoltre Ozpetek apre varie sottotracce (omosessualità, finzione) che non vengono sviluppate e rimangono sospese, pasticciando inutilmente la narrazione.
giorgio brambilla venerdì sera Ozpetek ci propone un film che riflette sul rapporto tra realtà e finzione, con un personaggio tanto incapace di comprendere la realtà che lo circonda da di non capire che l’uomo che ama da tre anni non ne vuol sapere di lui, mentre si trova a proprio agio solo con quelle presenze fantasmatiche che gli regalano nel finale le emozioni più autentiche, mettendo in scena lo spettacolo che stavano per recitare quando sono dovuti fuggire da teatro quella notte del 1943. Pur di ribadire in vari modi la superiorità della finzione sulla realtà il film però sacrifica proprio il realismo e la compiutezza della storia, incorrendo in alcune sbandate e risultando alla fine alquanto inconcludente su questo e sugli altri temi, a partire dalla difficoltà a vivere in modo libero la propria omosessualità. Il risultato è un mero divertissement che propone un coacervo di idee semplicemente giustappposte e finisce col fare molto rumore per… abbastanza poco