gli animatori lo hanno visto così : BENE QUASI BENE COSI’-COSI’ COSI'-COSI'-COSI'
MALE
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dei film precedenti
roberta braccio |
domenica pomeriggio |
Prova eccezionale di eleganza e maestria per Tornatore. In questo film costruisce un meccanismo perfetto di estetica, di intreccio e di tensione. A tratti barocco, a tratti di genere, emotivamente glaciale, la migliore offerta è un film splendidamente laccato, che insiste sulla menzogna come condizione esistenziale. Fa da cornice l’arte, che ha sempre rappresentato lo scarto più eclatante tra realtà e finzione, almeno finchè l’uomo non ha scoperto la settima arte. |
giulio martini |
domenica sera |
Ottimo "meccanismo narrativo" di Tornatore che concilia la formula del thriller psicologico con quello della metafora filosofico - metafisica ( due generi da lui sviluppati già in passato ) offrendo più livelli e più strati di lettura. Se tutto ruota attorno ai temi del nascondimento /svelamento, bugia/sincerità, fascinazione/innamoramento, dove il presunto esperto e si fa vincere e umiliare da falsari stupidamente snobbati, l'argomento centrale resta la difficoltà dei rapporti umani, e specie il mistero insondabile di quelli amorosi . Ma se il problema non è nuovo ( specie per i siciliani...) Tornatore lo sviluppa con un linguaggio accorto e sontuoso e - stavolta - non ridondante. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Macchinoso! E' l'aggettivo più azzeccato per definire l'ultimo, intricato congegno cinematografico di Giuseppe Tornatore. Se riusciamo a seguire e fingere di credere all'ingarbugliato plot lo dobbiamo a un attore superlativo come Geoffrey Rush. Senza l'attore australiano avremmo staccato la spina al primo manierismo gratuito o davanti all'ennesima, stucchevole ridondanza narrativa. |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Peppuccio Tornatore nella versione che ci piace di più: in un mondo dai labili connotati geografici e linguistici, una storia "assoluta" di grandi valori (Arte, Amore, Bellezza) e dei loro tradimenti. Impianto narrativo sontuoso, ottimo Rush, ma un finale più secco e un Morricone meno Morricone nella musica avrebbero giovato. Sutherland dovrebbe cambiare barbiere. |
fabio de girolamo |
giovedì sera |
Tornatore è specialista nel
ritrarre le nevrosi di personaggi chiusi nei confronti del resto
dell’umanità. Virgil ha la stessa incapacità d’amare del Totò adulto di
Nuovo Cinema Paradiso, il medesimo ossessivo ancoraggio a rituali
comportamentali e terrore per il nuovo di Novecento, o anche del Matteo di
Stanno tutti bene. Il pessimismo del regista si acuisce e acquista qui una
vena paradossale. Al contrario dei film precedenti Virgil accetta di
abbandonare le certezze delle proprie manie e abbassare la guardia. La beffa
che subisce lo rende consapevole, troppo tardi, di quanto “guarire” dalla
misoginia sia stato un errore. La migliore offerta è anche un film sullo sguardo, sulla capacità dell’antagonista di sconfiggere uno specialista dell’occhio come Virgil nel suo stesso campo d’azione. Il suo sguardo, esperto e acuto se rivolto agli oggetti, diventa ingenuo e lacunoso se orientato sugli umani. Billy suscita il desiderio visivo di Virgil attraverso l’impossibilità di vedere. Virgil deve assolutamente rivelare l’immagine femminile che si cela dietro al muro un po’ come aveva fatto col ritratto emerso da un pezzo di legno ammuffito. Quello che viene fuori, però, non è una pura icona, è un essere umano. Virgil se ne invaghisce inevitabilmente come fosse un quadro della sua collezione e si espone alla per lui imperscrutabile imprevedibilità degli umani. Scacco inevitabile. |
giorgio brambilla | venerdì sera | La migliore offerta racconta la storia di un Old man che ha sempre simulato (nel)la vita e quando, spinto da persone che crede amiche, osa giocarsi davvero, viene da queste ucciso, annichilito, imprigionato in un tempo definitivamente sospeso, un limbo nel quale è costretto a girare a vuoto su se stesso con tutti i suoi (purtroppo per lui bellissimi) ricordi. Questa storia tragica è raccontata usando con grande padronanza il linguaggio cinematografico: la scelta assolutamente consapevole di musica, movimenti di macchina, punti di vista, simboli (come gli oggetti d'antiquariato, la nana, l'automa, la candela iniziale e il ristorante-orologio finale) e simulacri (le opere d'arte - soprattutto i ritratti femminili - e gli specchi) crea un testo di densità semiotica pari alla profondità umana della vicenda narrata, che apre ad un percorso interpretativo virtualmente infinito e scientemente ambiguo e indefinito. Questa sovrabbondanza rasenta il manierismo ma, tanto più nel panorama nostrano, costituisce un risultato davvero pregevole |