gli animatori lo hanno visto così :         BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            MALE

                                                

COSA PIOVE DAL CIELO ?

 

 

DOM pom

DOM sera

MAR

MER

GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica pomeriggio

“Ma quando ti entra quella nostalgia che prende a volte per il non provato c'è la notte, ah, la notte, e tutto è via, allontanato. E quella che ti aspetta è un' alba uguale che ti si offre come una visione,la stessa del tuo cielo boreale, l'alba dolce che dà consolazione e allora, com'è tutto uguale in Argentina! “ cantava Guccini in una canzone, che sembra scritta apposta per questo film. Originale, ironico, spiazzante cuento chino che è tutto in mano alle espressioni del sempre eccezionale Ricardo Darin. Su di lui, in stato di grazia un po' come ne Il figlio della sposa, si appoggia il film, ma sono quelli che Darin sembra preferire: piccole storie di piccoli uomini comuni che si trovano ad essere gli eroi della propria vita. Uno di quei piccoli film che si fanno ricordare perché ci si sente vicini ai due protagonisti - tanto nella generosa ma iraconda insofferenza dell’uno (tutta argentina, peraltro), quanto nel timido e doloroso silenzio dell’altro-, perché come bambini ci si lascia travolgere dalla storia senza sapere dove si andrà a finire, perché c’è il sapore di una storia vicina, familiare, e allo stesso tempo nuova e travolgente. Con un pizzico di nostalgia per il non provato, appunto

giulio martini

domenica sera

elegante e simpatico viaggio nell'assurdo quotidiano, tra surrealismo minimo e malinconiche indolenze. Una collezione di situazioni improbabili rese verisimili dalla puntigliosa flemma del regista. "Il racconto cinese" ci convince piano piano. Tutto - anche fuori dal cinema - puo'essere inigmaticamente "strano ma vero".
L'aria del cinema argentino finalmente cambia: non solo tragedie,segreti nascosti agli occhi pubblici, ma anche umorismo balsamico pieno di giravolte improvvise, degne del tango .

angelo sabbadini

martedì sera

Hombre del partido è Ricardo Alberto Darìn, attore fenomeno del cinema argentino, icona al centro di mille progetti e dominatore assoluto di “Un cuento chino”. Nel film di Sebastian Borensztein non abbandona una sola inquadratura e disegna con puntuale sarcasmo il ritratto di un ferramenta misantropo. Il racconto surreale, sorretto dal carisma di Darìn, funziona e descrive con acutezza e caustica ironia le mestizie della realtà argentina contemporanea.

carlo caspani

mercoledì sera 

Il titolo originale significa letteralmente "storia cinese", che in spagnolo vuol dire anche "favola, balla, storia improbabile" . Ancora la volta la Cina è vicina, e Sebastian Borensztein, regista e sceneggiatore, costruisce benissimo un racconto in cui tragedia e farsa si incrociano e si scambiano di posto, tra malinconie e passioni dichiarate, un cinesino piovuto da un taxi e un negoziante di ferramenta che conta bulloni e aerei perchè la guerra, per lui, non è mai finita. E alla fine (lieta) della pellicola, vengono in mente i racconti esagerati di Garcia Marquez e certe atmosfere di Pietro Germi. Porqué la vida es un cuento chino...

marco massara

giovedì sera

Il cinema sudamericano è davvero un continente troppo poco esplorato. Dall’Argentina, dopo l’ottimo ‘Il segreto dei suoi occhi’ riesce ad arrivare sui nostri schermi un’altra perla, ancora una volta caratterizzata dal grande carisma attoriale di Ricardo Darin che costruisce con efficacia il mondo di Roberto, segnato dalle abitudini , dalla diffidenza e da un senso del tempo che sembra essersi fermato all’epoca della sua vecchia Fiat 1500 (un gioiello di trovarobato). Invece una mucca che piove dal cielo (do you remember ‘Magnolia’ ?) o un cinese incomprensibilmente logorroico che piove da un taxi ti possono cambiare la vita; basta essere disposti a farlo. Film che traccia traiettorie molto personali sul classico luogo cinematografico dell’incontro tra ‘entouchables’, che vive di sfumature, di silenzi, di suggerimenti.
giorgio brambilla venerdì sera "Cosa piove dal cielo? " è un’opera semplice ma efficace, che illustra come in questo mondo assurdo siano le relazioni con gli altri e il modo in cui decidiamo di viverle che determinano il tono della nostra vita. L'espediente, non proprio originale (ricordate Kolya, di Jan Sverak?), è quello di far piombare in casa di un individuo solitario fino alla nevrosi una persona totalmente indifesa, che parla per di più una lingua che il primo non capisce affatto. Il buon Roberto proprio non ce la fa ad abbandonare a se stesso quest’ospite inatteso e, dandosi da fare per aiutarlo, impara ad uscire dai suoi rigidi schemi mentali; contemporaneamente trova il coraggio di arrischiarsi a vivere davvero e lanciarsi in una relazione autentica con la persona che ama. Il film funziona grazie al tono appena surreale, all'ottima recitazione, ai personaggi ben tratteggiati, a qualche simpatica scelta di regia e alle trovate divertenti che, per novanta minuti, commuovono e fanno sorridere lo spettatore a sufficienza per mandarlo a casa convinto di aver speso bene i soldi del biglietto