gli
animatori lo hanno visto così :
BENE
COSI’-COSI’
MALE
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Io sono Li |
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DOM pom |
DOM sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
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dei film precedenti
roberta braccio |
domenica pomeriggio |
Delicato come una fiaba, realistico come la pioggia che bagna le ossa. Il tema dell’identità culturale vs l’emigrazione è al centro del film e il regista riesce a toccare il cuore con una storia di grande dolcezza. Fattore non di poca importanza, il film si sostiene letteralmente sulla come sempre magistrale fotografia di Bigazzi, che per inciso era stato negli stessi luoghi con Pane e tulipani - un’altra storia di due solitudini che si trovano, entrambe emigrate (anche se in modi diversi), fotografata con colori completamente diversi in territori molto simili. Io sono Li comunque è un’opera riuscita, misurata e coerente anche nella descrizione di quei personaggi cui il pubblico di città non è più abituato a conoscere. Menzione speciale meritano i sottotitoli che scorrono sia per il cinese che per il dialetto. |
giulio martini |
domenica sera |
ottimo esordio nel lungometraggio di un altro Segre, tra fuochi nell'acqua, nebbie, morbide onde, pesci guizzanti e lingue misteriose. I pregiudizi veneti fanno più male della mafia cinese ? Forse si. Il racconto è dolcemente sinuoso, garbato, allusivo.il documentarismo è assorbito nella logica del racconto. Quando Andrea Segre farà un nuovo film saremo lì a vederlo. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Chi tra gli astanti del Bazin ricorda la durezza dei documentari di Andrea Segre rimane stupito dalla storia di Li attraversata dalla poesia (titolo internazionale "Li and the poet"). Magia dell'incontro con una brava attrice cinese Zhao Tao e dalla ricerca di stilemi narrativi ispirati al cinema orientale che regalano allo sguardo del regista veneto una vibrazione particolare. |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Poche parole per un film pieno di metafore chiarissime, di poesia, di senso morale nelle immagini e nelle situazioni. Il pubblico si domanda perché il film sembra non avere difetti, e colpisce così fortemente la sensibilità di chi lo guarda. Perchè è Cinema Vero, vien da rispondere. |
fabio de girolamo |
giovedì sera |
Io sono Li è un film sfaccettato. È in linea con la mentalità da documentarista del suo regista, ma contiene fin da principio anche un approccio da realismo dei sentimenti. Usa le inquadrature per mostrare visivamente la condizione interiore della protagonista, quelle in interni piene di segni che indicano ingabbiamento (il personaggio dietro un vetro o una grata o nello spazio angusto di una porta), quelle in esterni sulla laguna profonde a perdita d’occhio a suggerire isolamento. È un film attento alla relazione tra personaggio e ambiente. Presenta Shun Li come una donna in attesa, in standby, costretta a vivere in una città (Chioggia) dove il tempo sembra essersi fermato. È anche un film che non ha paura di usare (senza abusare) immagini simboliche, come le fiammelle galleggianti, che servono a Li per attenuare lo sradicamento dalla patria e dagli affetti e acquisiscono nuovo senso nel rapporto con Bepi per sancirne il legame con la laguna nell’inquadratura finale. Dunque c’è ancora speranza per il cinema italiano. |
giorgio brambilla | venerdì sera |
"Io sono Li " racconta
l'impossibile integrazione di due comunità chiuse, quella cinese e quella
chioggiotta, ciascuna con usi, regole e lingua propri, tanto che per
entrambe sono necessari i sottotitoli. Esse deridono i valori tradizionali,
come mostrano il personaggio che piscia (letteralmente) sulla celebrazione
per l'antico poeta, e quello odioso di Battiston. Allo stesso tempo però non
ammettono contatti con gli “altri”, per cui la delicata amicizia tra Bepi e
Shun Li viene percepita come una minaccia e l'unico modo nel quale i due
potranno celebrare la festa del poeta sarà di trasformare il “casone della
discordia” di Bepi in un'enorme lanterna, quando questi sarà ormai morto. Il
clima, sempre nebbioso, la musica di fondo, insieme di suoni semplicemente
giustapposti, la laguna, che imprigiona l'acqua, le linee interne alle
inquadrature, che le frammentano in quadri non comunicanti, il tempo, che
sembra non scorrere, sono tutte metafore di un mondo chiuso ad ogni
contaminazione e mutamento. Certo il film è un po' didascalico ma Segre, con la sua capacità di accostare italiani e stranieri, attori professionisti e presi dalla strada, lingue e mentalità diverse, e di creare dei personaggi tanto “reali”, esordisce alla grande nel cinema di finzione |
marco massara | fuori classifica | Poche volte ho provato un coinvolgimento emotivo così forte nei confronti di un film che invece sa contenere i risvolti melodrammatici grazie ad un sapiente intervallare di spunti di chiara impronta documentaristica, che sa ricercare una geometricità apparente riuscendo invece ad evitarla dando profondità al suo creare ‘senso’. Con una interpretazione efficace e misurata (perfino Paolini e Citran !) e la fotografia del grande Bigazzi estremamente evocativa: la scena di Bepi e Coppe che rizzano le reti con l’acqua alla cintola è da brividi….. |