gli
animatori lo hanno visto così :
BENE
COSI’-COSI’
MALE
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THIS IS ENGLAND |
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DOM pom |
DOM sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
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dei film precedenti
roberta braccio |
domenica pomeriggio |
A mio avviso un capolavoro. Violento, sboccato, eccessivo e rude come lo è la vita per certi giovani, il film non si preoccupa di dare fastidio ma solo di far riflettere. Tornando indietro alla sua esperienza personale, il regista in realtà analizza le dinamiche dell'adolescenza e cosa vuol dire diventare adulti (fare i conti con sè e con il retaggio del prioprio ambiente). Un film modernissimo anche (e già che ci sono consiglio a tutti la lettura di "Regno a venire" di Ballard, che racconta la violenza di tanti giovani tifosi e ne analizza le cause sociali e i fattori economici), perchè raschiando via le cotonature e i look anni '80, ci si trovano spunti profondi sul crescere (o scegliere di non crescere) e sul diasagio sociale degli emarginati. |
giulio martini |
domenica sera |
aspra versione attuale, inun linguaggio da "free cinema" anni '60 e le citazioni di "arancia meccanica", della rabbia perenne delle periferie inglesi. Ma la storia è stata vissuta in prima persona e risolta positivamente dal regista , per cui non mancano nè i lampi nostalgici nè, nel finale, l'improvvisa ed inattesa voglia di riscatto. C'è tutta l'ingenuità e l'impudenza di un ragazzino senza riferimenti etici sicuri , ma bisognoso di valori. Perciò il film riesce a descrivere i perversi percorsi psicologici del razzismo, dell'estremismo politico, alimentati della marginalità sociale e dall'immaturità affettiva. Non è moltissimo, ma se in Inghilterra, dato il successo della pellicola, ci hanno ricavato ben 2 serie Tv , vuol dire che la casalinga di Brighton ha qualcosa ( ahinoi...!!!) in cui specchiarsi, molto diverso dalle solite cerimonie di Corte. E' - dunque - la vera Inghilterra ? |
angelo sabbadini |
martedì sera |
La cultura skinhead (con il suo corredo di anfibi Dr. Martens, pantaloni skinny, di musica reggae e ska) al tempo della Thatcher. Il lodatissimo film di Shane Meadows approda nel gelo termico del Bazin e riscalda i cinefili del martedì al minimo annuale di presenze. La violenta e disperante fenomenologia skin del regista inglese appare come un'imprescindibile e disturbante lezione sul razzismo che recupera la migliore tradizione del free cinema. |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Autobiografico racconto dell'
"educazione" alla vita di un adolescente nell'Inghilterra che non amiamo: quella anni Ottanta del National Front, delle Falkland, della Thatcher, degli skin e del Paki-bashing. Cinema violento, a tratti disturbante (quel povero bambino ha solo dodici anni, dirà qualcuno) ma sincero, metafora evidente dell'immaturità di una generazione le cui pulsioni frustrate sono sfruttate a scopo politico. Come notava una giovane e preparatissima spettatrice mercoledì, da non perdere i seguiti televisivi trasmessi da Channel 4 inglese e reperibili in Rete, riservati a spiriti forti e con ottima conoscenza dello slang britannico. |
marco massara |
giovedì sera |
La vicenda autobiografica del registra si trasforma in una finzione dai toni aspri ed in certi casi necessariamente sgradevoli che suggerisce critiche riflessioni sul quadro sociale dell’Inghilterra degli anni ’80. Sean trova forza nell’aggregazione con un gruppo di ragazzi ‘border line’ che trovano nel comportamento violento e nell’atteggiamento razzista il rimedio contro le lacune psicologiche, fisiche e di disadattamento sociale che ognuno porta dentro di sé. Lacune favorite, se non causate, dalla totale assenza del le istituzioni e dall’impoverimento di tutto il sistema di relazioni ad esse connesso. Non è un film per “benpensanti”, anzi è cinema per persone che vogliono riflettere. |
giorgio brambilla | venerdì sera | This is english cinema, verrebbe da dire: un film chiaro, capace di raccontare senza inutile enfasi la psicologia dei personaggi attraverso l'ottima recitazione degli attori, incluso l'esordiente giovane protagonista. Il testo mostra immagini estreme lasciando emegere in modo naturale come si arrivi a simili comportamenti, filtrandole attraverso l'occhio ingenuo di un bambino, desideroso di essere accolto da un gruppo che si mostra (un po' inspiegabilmente) disponibile nei suoi confronti. Gli eventi sono quindi raccontati dal punto di vista di uno che vi ha preso parte e di conseguenza non li condanna per principio; però alla fine arriverà a disconoserli, quando il giovane alter ego del regista nell'ultima inquadratura rivolgerà quegli stessi occhi verso la macchina da presa, per rivendicare orgogliosamente il diritto alla propria storia e insieme quello a imprimerle una svolta in una direzione diversa da quella fin lì percorsa. E questa Inghilterra viene mostrata in parallelo con quella vittoriosa di una guerra oltreoceano, svelata per quello che davvero è. La banalità del male, nelle sue varie sfaccettature |