gli animatori lo hanno visto così :                                                     

 

THE WRESTLER

 

 

DOM

pom

DOM

sera

MAR

MER

GIO

VEN

 

 

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riccardo moretti

domenica pomeriggio

Come gli antichi romani godevano a vedere i gladiatori infilzarsi con lance e spade nel Colosseo, così gli  americani di adesso esultano davanti al wrestling: spettacolo tanto assurdo quanto violento. Il film di Aronofsky prende spunto da questo fenomeno contemporaneo per parlarci di come la società abbia bisogno di consumare o martoriare corpi umani. E di come escluda e disprezzi questi stessi corpi una volta esauriti dal sesso o dalle botte, quasi si trattasse di oggetti laceri, roba vecchia, strumenti obsoleti. Corpi senz'anima, appunto. Impossibile non commuoversi.  

giulio martini

domenica sera

Il confronto  più che con "Grande Torino" ( cui somiglia per la comune voglia dei protagonisti di "sacrificarsi") lo farei con l'altro film di Clint sulla box femminile.

C'è alla base un comune sbigottimento di fronte al dolore. La c'è però almeno il riscatto un parziale della sofferenza nel ( vano)  prendersi cura della figlia da aprte del padre.

Qui è invece al limite della disperazione per la consapevole logica autodistruttiva  del finto-eroe.

Ma il lottatore che si offre in pasto al pubblico, pensa che sia l'unico interlocutore/ carnefice  disposto ancora e sempre a circondarlo di affetto.

Se è un film - inequivocabilmente - sulla innata ricerca di  "un capro espiatorio "( lui si chima "Ariete"...) che anima da sempre l'uomo/ branco, l'uomo / massa e saggio a riguardo di René Girard) è anche il modo in cui il divo in cui Mickey Rourke, facendo quasi coincidere la pellicola con la sua pelle, dichiara che questo tipico ruolo-vicario, proprio della professione mendace dell'attore, sta alla base - nel bene e nel male - di qualsiasi esperienza-contratto  spettatoriale .

angelo sabbadini

martedì sera

Entrato nel cast sul filo di lana dopo il rifiuto di Nicolas Cage, Mickey Rourke ha indossato la tuta sgargiante del wrestler Randy "The Ram" con un'identificazione assoluta. Il vero set del film è proprio il corpo ipertrofico dell'attore e lo schermo è il sudario di una laica rappresentazione che ci racconta l'autodistruzione compiaciuta e programmatica dell'impagabile Rourke.

carlo caspani

mercoledì sera

Mickey Rourke redivivo in una storia incisa sulla pelle dove non si 
trova la linea di separazione tra attore e personaggio: un povero 
cristo picchiato, trafitto, ferito dal filo spinato, che sconta i suoi 
peccati ma senza risurrezione finale

fabio de girolamo

giovedì sera

L’inadeguatezza della persona Randy a vivere il quotidiano di tutti i giorni fuori dal ring. L’inadeguatezza del corpo del wrestler The Ram a rivestire completamente i panni imposti da uno spettacolo che da una parte esige carne ed ossa reali e dall’altra l’immortalità di un eroe mitologico (o dei fumetti). Inevitabile epilogo tragico.

Girato con perizia e recitato con sentita partecipazione da Mikey Rourke, ha il solo difetto di non essere particolarmente originale.

giorgio brambilla

venerdì sera

The Wrestler ci invita a contemplare Randy “the ram”, l'ariete: l'inquadratura fatica a contenere il suo corpo muscoloso lasciandoci intuire quanta grandezza e fragilità contraddistinguano il personaggio che è quel corpo. È fragile perché solo, perché ha un passato glorioso e un presente fatto di esibizioni (non si può parlare di “incontri”) al limite del grottesco. È grande perché accetta il suo destino con lo spirito di un vero guerriero, senza lamentarsi di come si guadagna da vivere né di nient'altro e senza scaricare su altri le proprie colpe. È davvero l'ariete sacrificale che con le sue molte piaghe vive nella propria carne tutto il male del mondo. E ha il coraggio di interpretare fino in fondo questa tragica parte, andando consapevolmente incontro alla morte per un pubblico devoto che egli considera la sua famiglia, piuttosto che trascinare una vita di cui non importa a nessuno. La storia  non brilla per originalità ma cattura comunque lo spettatore, soprattutto per l'intensità e la sincerità dell'interpretazione di  Mickey Rourke, al cui servizio la macchina da presa ha il buon senso e l'umiltà di mettersi.