La critica


La Stampa (21/10/2002)
Alessandra Levantesi

Regista interessante ed eclettico, dal surreale «Sitcom» al thriller intimista «Sotto la sabbia», il francese François Ozon con «Otto donne» ha l´aria di essersi preso una vacanza. La falsariga è un testo boulevardier anni `60 di Robert Thomas, che già di per sé è un ibrido fra il famoso «Donne» di Clare Booth Luce, tradotto sullo schermo da George Cukor nel 1939, è un intrigo alla Agatha Christie. Ozon ripropone la commedia in versione ulteriormente parodica, divertendosi ad amalgamare le note del melò ironizzato alla Fassbinder con quelle del musical finto hollywoodiano alla Jacques Demy. Al centro della vicenda, nella cornice gotica di un´isolata villa di campagna, le signore del titolo, tutte relazionate a vario titolo al padrone di casa, Marcel. Sono la moglie Catherine Deneuve, le figlie Virginie Ledoyen e Ludivine Sagnier appassionata di gialli, l´anziana madre su sedia a rotelle Danielle Darrieux, la governante Firmine Richard e la cameriera Emanuelle Beart, bella e impudente, Isabelle Huppert, sorella zitellina di Catherine, e ultima arrivata la libertina Fanny Ardant, sorella di Marcel. Quando nella casa bloccata dalla neve, dove una mano ignota ha tagliato i fili del telefono e sabotato le auto, si scopre che l´invisibile, unico maschio della storia è stato pugnalato alla schiena, fra le otto possibili colpevoli esplode la guerra. In un intrecciarsi di insinuazioni e minacce emergono dagli armadi scheletri di ogni tipo fino alla scena in cui la Ardant e la Deneuve vengono alle mani e dalla lotta emerge a sorpresa un risvolto lesbico. Gran successo di pubblico in patria e alla scorsa Berlinale, «Otto donne e un mistero» evidentemente incontra il gusto di molti, ma a noi è apparso un divertimento di sapore retrò che rimane fine a sé stesso. Fra le attrici di oggi e di ieri che nel film si esibiscono ognuna in un proprio numero musicale, il plauso va all´ottantacinquenne Darrieux, che canta deliziosamente «Il n´y a pas d´amour heureux», parole di Aragon e musica di Brassens. Le altre, inguainate in fantasiosi abiti d´epoca, sembrano dilettanti allo sbaraglio.



Corriere della Sera (19/10/2002)
Maurizio Porro

All'apparenza 8 donne e un mistero (8 femmes) pare un giallo: otto signore di carattere, tre generazioni di alta società francese 1950, si ritrovano truccatissime ed eleganti in villa, a Natale, con la neve e un morto di sesso maschile (l'unico), i n camera. Chi è stata? La madre, la moglie, l'amante, la sorella, la figlia? Parte il puzzle alla Agatha Christie che riserva una doppia sorpresa; ma intorno al giallo, creato per il teatro da Robert Thomas e allestito in Italia negli anni ' 60, il regista François Ozon, prendendosi una vacanza dopo Sotto la sabbia, prepara un colorato, ritmatissimo impianto di riferimenti glamour, da Cukor a Minnelli. Mescola così i generi, penetrando il thriller con adorabili «a parte» da musical cantati e ballati, per le fantastiche protagoniste, comandate dalla super nonna Danielle Darrieux (si va, per la cronaca, dai 18 agli 85 anni). Il film, stilizzato e claustrofobico, diventa una gaia stravaganza, un divertimento assoluto, un modello esclusivo da grande stilista disegnato sulla personalità di otto attrici tra le migliori in circolazione (che Béart, che Huppert!) riservando alle sensuali Fanny Ardant e Catherine Deneuve, entrambe e non a caso predilette da Truffaut, un bacio appassionato, non volgare. Una storia che si beve d'un fiato, con una rete di indizi classica, uno Chanel cinematografico non indenne da una catena di ripicche, rancori, invidie, rimorsi di famiglia shakerati in un dialogo cinico e frizzante, che offre una scena madre e uno spicchio di amoralità alle 8 presunte colpevoli. Grazie a Ozon che le ha sopportate.



Film TV (22/10/2002)
Emiliano Morreale

La moglie, la suocera, la cognata, la sorella, due figlie, la cameriera-amante e la governante: chi è l'assassina? Le otto donne del titolo sono sole, in una casa isolata, intorno al cadavere di un uomo che aveva legami con ognuna di loro. Ben presto tra di loro si scatena un gioco al massacro, ma soprattutto si innescano una serie di legami e attrazioni pericolosissime. Il tutto scandito da una incantevole colonna sonora di canzoni francesi, da Sylvie Vartan a Dalida (una per ogni attrice). Il gioco di 0zon a raffinatissimo e ipercinefilo: alle spalle, c'è il progetto abortito di un remake di "Donne" di Cukor (capolavoro in cui gli uomini, come qui, erano sempre assenti ed evocati dai discorsi delle loro donne), poi trasformatosi nell'adattamento di un testo teatrale di Robert Ihomas. Ma alla lunga il tutto, pur godibile, gira un po' a vuoto; la misoginia e il gioco di generi cinematografici, generi sessuali e classi sociali a lambiccato (si pensi al contrario all'intensità di un altro calco di mèlo, "Far from Heaven" di Haynes, o anche al meta-Fassbinder di "Gocce d'acqua su pietre roventi", il penultimo film di 0zon). Le interpreti giocano in souplesse e alla fine chi rimane in mente a la novantenne Danielle Darrieux, musa di 0phuls cui viene affidata la chiusa con "Il n'y a pas d'amours heureux" (Aragon-Brassens).



la Repubblica (29/11/2002)
Roberto Nepoti

Negli anni 50, pochi giorni prima di Natale, il proprietario di una villa è ritrovato cadavere, un coltello conficcato nella schiena (il che fa escludere l'ipotesi del suicidio). Cherchez la femme. A quanto pare, l'assassina va individuata tra la fauna femminile che infesta la casa, un nido di vipere dove la vecchia suocera non è migliore delle figlie, la cognata rivaleggia in cinismo con la legittima consorte, la cameriera dà punti alle sofisticate padrone. Il bacio lesbico tra Catherine Deneuve e Fanny Ardant, di cui si parlò molto quando 8 donne e un mistero fu presentato alla Berlinale, non è occasione di turbamenti ma di una bella risata: una delle tante che la commedia di Francois Ozon (candidata agli Oscar per la Francia) distribuisce senza badare a spese. La fine riserva anche un doppio colpo di scena; ma la soluzione del caso è solo il pretesto per una compilazione di situazioni divertenti e battute azzeccate, intercalate da otto intermezzi musicali uno più gustoso dell'altro. Il film, adattamento di un vecchio testo teatrale di Robert Thomas che varia sul consolidato repertorio dello "humour nero", chiude con le interpreti schierate di fronte al pubblico come in palcoscenico. Avvolte in costumi d'epoca che rispecchiano i caratteri dei rispettivi personaggi, muovendosi graziosamente tra illuminazioni vecchio-stile e colorati arredi rétro, Fanny e Catherine, la veterana Danielle Darrieux, la buffissima Isabelle Huppert e Emmanuelle Béart giocano con la propria immagine divistica traendone un evidente divertimento; condiviso, quel che più conta, dallo spettatore. Se 8 donne e un mistero strizza l'occhio a un repertorio eclettico - da Agatha Christie a Hitchcock ("La congiura degli innocenti") al gioco di società "Cluedo" - rinforzato con citazioni di "Gilda", "Rebecca", "L'ultimo métro" ecc. - gli innesti funzionano a meraviglia, grazie soprattutto al fastoso gruppo transgerazionale di attrici coinvolte nell'intrigo di delitto. Ovvio che un film del genere, quintessenza del divismo femminile d'Oltralpe, mira al successo ecumenico ed è costruito con esattezza millimetrica, riservando a ciascuna delle star lo spazio sufficiente per lasciare il segno: e pazienza se gigioneggiano un po' (il che irrita le registe femministe, come Catherine Breillat). Però gronda anche di una passione per le donne - e per le attrici - interessante, aldilà dell'intrattenimento "leggero", come uno psicodramma.



Il Giorno (18/10/2002)
Silvio Danese

Gruppo di famiglia (femminile) in un interno, con cameriera, governante e delitto. Repéchage di classe e ironia della commedia hollywoodiana classica (Cukor, per primo), marcato dal gusto per il Technicolor del musical anni '50 e per la parodia sobria, è un adattamento della commedia omonima di Robert Thomas, acquistata da Hitchcock per una versione filmica, mai girata. E' un fortunato mix di ingredienti nello stile omogeneo, brillante e metacinematografico, di un cineasta che ama le donne come Truffaut e i generi come un giovane cinefilo: la villetta isolata in stile Agatha Christie, l'anziana capofamiglia suonata, le figlie ambigue, le nipoti, la nuora e la servitù, tutti sospettati dell'omicidio dietro la porta chiusa, le tre, quattro esplosioni musicali e danzanti dei personaggi, e quegli abiti dipinti sui caratteri. Il cast è l'oro del film, perchè Deneuve e Huppert, Béart e Ardant, e tutte le altre, disegnano una geometria del meccanismo scenico che ricorda Feydeau e lo reinventa, permettendo di superare anche i momenti di prevedibile gioco delle parti.