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Il mondo del lavoro’
Perfect days
Venerdì 22.11.2024
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Regia Wim Wenders
Filmografia
Il sale della terra (2014), …Lisbon Story…,Fino alla fine del
mondo…Paris Texas,…, …Il cielo sopra Berlno,…,Lo stato delle cose,…..
Genere Drammatico - poetico
Interpreti
Koji Yakusho (Hirayama), Tokio Emoto (Takashi), Arisa Nakano (Niko),
Aoi Yamada (Aya), Yumi Aso (Keiko), Sayuri Ishikawa (Mama), Tomokazu
Miura (Tomoyama), Min Tanaka (Homeless)
Fotografia / montaggio Franz Lustig / Toni Froschhammer
Musica Lou Reed, AA.VV.
.
TRAMA
Tokyo oggi, Hirayama è un uomo solitario sulla cinquantina, che conduce
una vita semplice e regolare: si occupa della pulizia dei bagni
pubblici e nel tempo libero si perde in letture senza sosta, in
fotografie di spazi naturali, nella cura delle piante e nell’ascolto
della musica. La sua quotidianità lietamente ripetitiva viene alterata
da una serie di incontri, a partire dalla nipote adolescente…
RASSEGNA STAMPA
“Si chiama Hirayama, proprio come il protagonista dell’ultimo film di
Ozu, Il gusto del sakè. Lavora come addetto alle pulizie dei bagni
pubblici di Tokyo e conduce una vita abbastanza abitudinaria. Parla
pochissimo e ha una grande passione per la musica, i libri e gli alberi
che ama fotografare. Wenders segue il suo protagonista, dove la
grandissima interpretazione Kôji Yakusho (premiato a 76° Festival di
Cannes come miglior attore) crea con il suo personaggio un’intimità
nascosta. Diventa il punto d’incontro tra il cineasta e quello che sta
filmando. Si esprime quasi esclusivamente con il linguaggio del suo
corpo. Prende per mano un bambino che ha perso la madre. Ripete
quotidianamente i suoi gesti come quello di farsi la barba la mattina.
Trova corrispondenze con sconosciuti come il foglietto della partita a
tris in bagno. Cerca la bellezza anche guardando la partita di baseball
in tv mentre mangia. Attraverso Hirayama, Wenders trova con una
semplicità sconvolgente la poesia del quotidiano, in uno dei suoi film
più belli e liberi di sempre. (…) I suoi legami non solo con il suo
passato ma proprio con la sua storia personale riemergono con una
copertina di un libro di William Faulkner, le musicassette di album
come quelle di Lou Reed, Patti Smith, sogni in bianco e nero che sono
forse le zone d’ombra, proprio come quelle oniriche del cinema di
Truffaut.
È ancora un cinema on the road che svela il personaggio attraverso il
viaggio, anche è quello della metropoli con cui condivide i ritmi, i
rumori, gli umori. In Perfect Days c’è un documentarismo soggettivo,
con tracce del cinema muto (dall’alba alla notte come Berlino, sinfonia
di una grande città di Walter Ruttmann), con le inquadrature dall’alto,
le luci del traffico, la pioggia. Il protagonista è spesso accompagnato
solo dalla musica. “Sometimes fills so happy/Sometimes fills so sad”
proprio come nel brano Pale Blue Eyes dei Velvet Underground. Forse i
giorni sono tutti perfetti (ancora Lou Reed con il brano che dà il
titolo al film), forse no. Ma al tempo stesso c’è anche la necessità
nel suo cinema di un altro viaggio nella città giapponese dopo
Tokyo-Ga. Certo, per ritrovare Ozu, ma non solo. Forse è da lì che
riparte il suo cinema del passato. Forse lo sguardo sereno di Hirayama
è lo stesso, oggi, di quello di Wenders. Che riguarda le bellezze del
suo passato, quindi del suo cinema, senza rimpianti.”
Simone Emiliani, da sentieriselvaggi.it
“Hirayama ha circa sessant’anni, vive a Tokyo e non è sposato. Lavora
come addetto alle pulizie delle toilette pubbliche della capitale
nipponica (…) A fine turno prima di tornare a casa va in un “sentō” (il
tipico bagno a pagamento giapponese) per togliersi di dosso lo sporco e
la fatica della giornata. La sera nella pace del suo piccolo
appartamento legge un libro e si mette a dormire. L’ultimo film di Wim
Wenders (…) è tutto qui. (…) Non è certo un tema nuovo quello che
Wenders tratta e non c’è nemmeno un’idea particolarmente brillante alla
base del film. Anzi, di opere che celebrano lo stupore per le piccole
cose e per la bellezza del quotidiano il cinema d’autore (e non solo) è
pieno – e spesso si tratta di film stucchevoli o insulsi di cui ci si
dimentica in fretta. Perfect Days invece, nonostante rischi talvolta di
perdersi nella contemplazione dell’ordinario, riesce a non scolorirsi
nei luoghi comuni e nelle banalità che questo tipo di cinema si porta
dietro. Al contrario mantiene una grazia e una leggerezza che rendono
questa storia sul tempo che passa ritmato da liturgie e abitudini che
si ripetono sempre uguali, gradevole e persino commovente. Perché
Wenders, che non si dimentica – e non ci fa dimenticare – di essere
stato un grande, grandissimo regista, il senso del film lo rivela nelle
pieghe del racconto. (…) Ecco, il mondo che più somiglia al Wim Wenders
di oggi è proprio quello rappresentato in Perfect Days. Fatto delle sue
esperienze, delle sue memorie e le sue passioni. Forse po’ senile,
sicuramente anacronistico e di certo non più audace, innovativo e
visionario come un tempo – e per certi versi incarnato dalla Tokyo
svuotata e paradossalmente sgombra di traffico e persone nella quale il
film è ambientato. Ma un luogo in fondo dove il regista tedesco può
ancora genuinamente innamorarsi del cinema, delle persone e della vita.
E non è poco."
Lorenzo Rossi, da cineforum.it
“Alle volte può servire una vita intera e una carriera intera da grande
regista internazionale d'autore per centrare il capolavoro, quello che
unisce tutto il pubblico. L'ha fatto Wim Wenders con Perfect Days,
forse è questo il film perfetto per questo periodo. (…) Sembra un film
giapponese ma in realtà è animato da tutte le idee Wim Wenders ha
sviluppato nella sua carriera, eppure (incredibile) è buono anche per
tutte quelle persone a cui il solo nome di Wenders fa venire
un’irrefrenabile voglia di non comprare il biglietto del cinema. Con
buona probabilità questo è il suo film più riuscito e quello dal
pubblico più ampio di sempre. Al centro della storia, dunque, c’è un
uomo che per lavoro pulisce i bagni pubblici a Tokyo. (…) Ma il punto
sono queste giornate terse, quasi sempre di sole che trapela tra le
fronde, passate a fare qualcosa che in teoria è poco attraente come la
pulizia di un bagno ma in realtà magnifico, perché queste toilette che
si trovano in mezzo ai parchi o ai margini delle strade sono
immacolate, costruite con un occhio al design e alle volte molto
tecnologiche. (…) In due ore Perfect Days fa innamorare di questa vita
apparentemente priva di tutto (il protagonista abita in una casa
spoglia in cui esiste solo l’essenziale) ma in realtà scremata del
superfluo, in cui a trionfare è l’ideale del bene comune. (…) Questo,
già nelle intenzioni di Wenders, è il punto del film: provare a girare
una storia che riavvicini tutti quelli che la guardano all’idea di bene
pubblico, alla sua cura e all’immensa soddisfazione che esiste
nell’unire la coltivazione dei consumi culturali, a una routine
lavorativa semplice e ai rapporti occasionali con le persone che
incontra o i ristoranti in cui mangia. (…) A un livello più profondo di
lettura poi esiste una passione per la possibilità di riprendere una
città, i suoi ritmi e l’identità che può esistere tra lo spirito di
quell’aggregato urbano e quello dei personaggi che sono inseriti che è
un piacere nel piacere. (…) Nonostante sia un film di un tedesco (ma
scritto insieme allo sceneggiatore giapponese Takuma Takasaki) è chiaro
che ci sono tutto il senso del lavoro e la dedizione al servizio della
comunità nipponici, qualcosa di realmente esotico per noi, unite
all’idea estremamente occidentale che per arrivare a una situazione
simile deve essere successo qualcosa, che una condizione umana non sia
frutto dell’essenza di un uomo ma degli eventi che gli sono accaduti.”
Gabriele Niola, da wired.it
Prossimo film : “Fuga in Normandia” venerdì 13 dicembre 2024
(scheda a cura di Marco Massara)