Ciclo:
“Prospettive”
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mercoledì 13 marzo 2019
venerdì 15 marzo 2019
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Regia |
Christopher Nolan |
Anno, durata |
USA, GRAN BRETAGNA, FRANCIA – 2017, 106’ |
Filmografia |
Following (1998), Memento (2000), Insomnia (2002), Batman Begins (2005), The Prestige (2006), Il cavaliere oscuro (The Dark Knight) (2008), Inception (2010), Il cavaliere oscuro - Il ritorno (The Dark Knight Rises) (2012), Interstellar (2014), Dunkirk (2017) |
Interpreti |
Fionn Whitehead - Tommy, Tom Glynn-Carney - Peter, Jack Lowden - Collins, Harry Styles - Alex, Aneurin Barnard - Gibson, James D'Arcy - Colonnello Winnant, Barry Keoghan - George, Kenneth Branagh - Comandante Bolton. |
Sceneggiatura |
Christopher Nolan |
Fotografia |
Hoyte Van Hoytema |
Montaggio |
Lee Smith |
Musiche |
Hans Zimmer |
Note |
Oscar 2018 per Miglior montaggio, Montaggio e Missaggio sonoro. David di Donatello 2018 per Miglior film straniero. |
TRAMA
Seconda Guerra Mondiale. Centinaia di migliaia di truppe britanniche e
alleate sono circondate dalle forze nemiche. Intrappolati sulla spiaggia, con
le spalle al mare, i soldati si trovano ad affrontare una situazione
impossibile con l'avvicinarsi del nemico. La storia si sviluppa tra terra, mare
ed aria. Gli Spitfire della RAF si sfidano col nemico in cielo aperto sopra la
Manica in difesa degli uomini intrappolati a terra. Nel frattempo, centinaia di
piccole imbarcazioni capitanate da militari e civili tentano un disperato
salvataggio, mettendo a rischio le proprie vite in una corsa contro il tempo
per salvare anche solo una piccola parte del proprio esercito.
NOTE DI REGIA
«In Dunkirk si raccontano tre
storie parallele, una vissuta in mare (l’evacuazione con le barche), una in
terra (l’assedio alla spiaggia), e l’altra in cielo (la battaglia degli
aereoplani). Tutte hanno uno specifico senso temporale: a volte vediamo cosa
succede nel futuro, altre ritorniamo al passato. Per esempio, la sequenza aerea
è vissuta dal pilota nel corso di un’ora, mentre quella sulla spiaggia si
svolge nell’arco di una settimana. Difficilmente, quando racconto una storia,
lo faccio in senso cronologico. In questo caso volevo creare un ritmo diverso
da tutti gli altri film di guerra. Il bello del cinema è proprio la possibilità
di dare al pubblico un senso soggettivo del tempo, diverso per ogni sequenza:
permette di vivere esperienze temporali articolate secondo la propria
percezione. Due ore di film possono raccontare un giorno o centinaia di anni.
Questa è la struttura che avevo in testa sin dall’inizio del progetto». [Christopher
Nolan]
RASSEGNA STAMPA
“Piaccia o no, il war movie ha
ispirato i maggiori registi (Kubrick, Malick, Coppola, Eastwood, Tarantino...),
generando un numero di capolavori che pochi altri generi possono vantare.
Difficile che non ne fosse tentato Christopher Nolan, cineasta prodigio di film
a larga scala, punto di congiunzione tra il kolossal della Hollywood classica e
il moderno blockbuster. (...) Nolan si distingue da tutti i suoi predecessori.
Se ogni grande film di guerra contiene un punto di vista sulla storia (magari
pacifista, come 'La sottile linea rossa'), lui decide invece di proiettare, fin
dal primo minuto, lo spettatore nel caos della guerra: un'esperienza immersiva
e totalizzante, un panico controllato coincidente con quello dei soldati in
rotta, tra bombardamenti, naufragi, colpi di mitraglia e quant'altro. Un po'
come nella lunga sequenza d'apertura di Salvate
il soldato Ryan di Spielberg, ma protratta per tutto il film. A determinare
questo risultato è decisivo il ruolo della struttura narrativa, che ripartisce
l'azione in tre scenari limitrofi con tre temporalità diverse: la terra (una
settimana), il mare (un giorno), il cielo (un'ora). Nolan decostruisce la trama
alternando frammenti delle tre linee narrative in un montaggio complesso (viste
anche le diverse durate degli episodi), ma straordinariamente padroneggiato.
Non solo gli spazi dell'azione sono sempre leggibili (per sincerarsene basta la
sequenza d'apertura: il soldatino fugge da solo, traversa un avamposto di fanti
belgi; poi l'inquadratura si allarga alla spiaggia, dove migliaia di soldati
come lui attendono d'imbarcarsi); la cosa più straordinaria è che non perdiamo
mai il filo dell'azione, né ci confondiamo sull'identità dei personaggi. È fuor
di dubbio che Nolan scelga un approccio intellettuale alla materia, in cui
alcuni hanno creduto di ravvisare un eccesso di distacco e una mancanza di
sensibilità per la tragedia rappresentata. Sensazione che i fatti smentiscono
facilmente. L'approccio, più sensoriale che razionale, alla materia, acquista
concretezza drammatica nei gesti e negli sguardi degli attori, scelti alla
perfezione: le movenze adolescenziali di Fionn Whitehead (Tommy), l'espressione
stoica di Mark Rylance (Mr. Dawson), gli occhi del pilota Tom Hardy: il volto
coperto dalla maschera a ossigeno, recita solo con quelli”. (R. Nepoti, 'La
Repubblica', 31 agosto 2017)
“Christopher Nolan ha definito Dunkirk il suo film più sperimentale
dai tempi di Memento. In effetti, a
partire dalla suddivisione per elementi - terra, aria, mare - dall'assenza
quasi totale di dialoghi, dalla qualità anche fisicamente immersiva della
texture e dell'uso delle immagini, il nono lungometraggio del regista inglese
respira di un sollievo che sa di ritorno alle radici. (...) Da sempre
affascinato dall'arbitrarietà e dalla non linearità della percezione temporale
(ancora Memento, Inception, ma anche il suo primo, Following, e il sottovalutato Insomnia),
ai tre elementi del film, Nolan associa tre cronologie indipendenti tra loro (9
giorni, 1 giorno, 1 ora), che a malapena si sfiorano, ma che lui monta come
fatti in simultanea, e in cui riassume l'epica ritirata di circa 400 mila
truppe inglesi, francesi, belga e canadesi, incalzate da quelle di Hitler sulla
spiaggia di Dunkirk nel 1940. (...) Rinunciando per una volta a lunghe
spiegazioni a voce di quello che succede, Nolan incolla visceralmente il film
alla fragilità dell'esperienza dei singoli personaggi, agli obbiettivi
apparentemente poco grandiosi che ognuno di loro si pone -non morire, usare al
meglio l'ultima goccia di carburante che c'è nel serbatoio, caricare a bordo
uno scioccato, ufficiale naufrago (Gillian Murphy). Persino le temibili musiche
di Hans Zimmer evitano il trionfalismo più smaccato nel totale in cui la
flottiglia civile appare ai soldati sull'orlo del mare. Sono la qualità
astratta, il minimalismo, il non detto che rimangono del film. Non la sua scala”.
(Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il Manifesto', 30 agosto 2017)
“La guerra non è mai stata raccontata
in modo così contraddittorio al cinema come in Dunkirk di Christopher Nolan (...). L'idea di Nolan, come spesso
capita al regista autore della trilogia di Batman più redditizia della storia
del cinema e dell'affascinante fantascienza di qualità sulla fisica quantistica
Interstellar, è sulla carta geniale:
raccontare la realistica divisione classista, esistenziale e marziale
dell'evento Dunkirk dentro la fittizia unità di luogo, d'azione e tempo (tre
dimensioni cronologiche tra loro opposte) del celebre fatto storico cui mai
nessuno ha dedicato un kolossal cinematografico (...). Come sempre per quanto
riguarda Nolan emerge una contraddizione lancinante tra visione estremamente
pessimista e cupa circa l'umanità e l'obiettivo poi opposto di fare un film
patriottico a lieto fine per incassare e non demoralizzare troppo il pubblico
grazie a un finale affidato alle parole di un Churchill fino a quel momento
assente dal film. In poche parole: Nolan è da sempre convincente nel
rappresentare i problemi ma sempre molto meno efficace quando poi deve fornirci
delle soluzioni cui sembra non creda mai egli stesso in primis, come cineasta e
uomo. Non ha il cuore, e il sincero patriottismo umanista, di quello Spielberg
di Salvate il soldato Ryan (1998) né
l'onestà intellettuale di andare fino in fondo al cuore di tenebra della guerra
di un Kubrick di Orizzonti di gloria
(1957) o Full Metal Jacket (1987)”.
(Francesco Alò, 'Il Messaggero', 22 agosto 2017)
Ci vediamo il 27/29 marzo con L’ORA
PIÙ BUIA, di Joe Wright, Gran Bretagna, 2017, 114’.
(scheda a cura
di Matteo Mazza)