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Maschere
e profondità IL FILO
NASCOSTO Mercoledì 17.10.2018 Venerdì 19.10.2018 |
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Scheda
a cura di Flavio Acquati
Regia |
Paul Thomas Anderson (26/6/70 Studio City, Usa) |
Filmografia |
Vizio di forma (2014); The master (2012); Il petroliere (2007); Ubriaco d’amore (2002); Magnolia (2000); Boogie nights (1997); Sidney (1997) |
Genere, provenienza e durata |
Drammatico, Usa, 130’ |
Interpreti |
Daniel Day-Lewis; Vicky Crieps; Leslie Manville; Sue Clark… |
Sceneggiatura, Fotografia e montaggio |
Paul Thomas Anderson; Paul Thomas Anderson; Dylan Tichenor |
Musica |
Johnny Greenwood |
Londra, anni Cinquanta. Reynolds Woodcock, celebre stilista, fa palpitare il cuore della moda inglese abbigliando la famiglia reale, le star del cinema, le ricche ereditiere, le celebrità mondane, le debuttanti e le signore dell'alta società. Scapolo impenitente, le donne vanno e vengono nella sua vita, offrendo compagnia e ispirazione. Lavoratore bulimico e uomo impossibile, Reynolds dispone delle sue conquiste secondo l'umore e dirige la sua maison con aria solenne, affiancato da Cyril, sorella e socia altrettanto ieratica. Mr. Woodcock ha un debole per la bellezza che riconosce in Alma, cameriera in un hotel della costa dove si è fermato per un break(fast). La giovane donna, immediatamente sedotta da quel "ragazzo affamato", lo segue a Londra e ne diventa la musa. Stabilitasi nella casa di Knightsbridge, Alma rivela presto un carattere tenace, vincendo lo scetticismo di Cyril, che la crede di passaggio, e accomodando le (brusche) maniere del suo Pigmalione. Ma la difficoltà crescente di ottenere un vero impegno da Reynolds la spinge a trovare un rimedio.
Opaco e sinuoso, Il filo nascosto serve due attori indefettibili che si misurano sulla scena di un'epoca
(gli anni '50) sensibile alla seduzione cinegenica e in una relazione più
complessa di quella che il quadro iniziale lasciava immaginare. Daniel
Day-Lewis, maestro del linguaggio e della verità del corpo a discapito
dell'eloquenza, trasforma il suo nel recettore di passioni di un personaggio
privato di tante parole e dotato di un'aggressività a fior di pelle. Daniel Day-Lewis
appartiene di fatto a quegli attori prossimi all'afasia, la cui rivolta sorda
traspira dal corpo e la verità di un ruolo arriva necessariamente
dall'interiore. Per l'attore inglese la performance è sempre un gesto da
automatizzare, una vita da assimilare, una psicologia da dominare. A rischio di
dannarsi. Questa intensità spiega una carriera e un ruolo, l'ultimo ha
dichiarato l'interprete, che coltivano esigenza e rigore. Il ritratto di uno
stilista senza concessioni, devoto alla sua arte, funziona come una metafora
della maniera notoriamente intensa dell'attore di affrontare la sua. PTA, che
ritrova Daniel Day-Lewis dieci anni dopo Il
petroliere, è anche
lui un maniaco assodato del dettaglio che aggiunge un'altra mano di senso a
un'opera confezionata imbastendo sottotesti.
Tracce invisibili, fili nascosti, pensieri ricamati e cuciti nelle
pieghe, negli orli, nei risvolti. Al loro fianco ma al centro del racconto c'è
l'Alma di Vicky Krieps, rivelazione che non cessa di sorprendere di fronte a un
personaggio e a un attore che hanno perfezionato il punto di incandescenza del
proprio ruolo. Persuasi entrambi della propria onnipotenza, saranno ridotti
all'impotenza da una donna sottostimata. Mostro di misoginia, Reynolds ha fatto
dell'oggettivazione delle donne la sua professione ma con Alma il rapporto di forza si
inverte progressivamente. Drammaturgicamente più forte, si impone come un
personaggio di cui non sapremo mai tutto ma il cui volto dice tutto della sua
maniera di attraversare il mondo. È lei a svolgere e riavvolgere l'arco
narrativo di Reynolds, confidandosi a terzi e costringendolo in una forma di
infantilizzazione. Regressione, del resto, perfettamente logica per un uomo
ossessionato dalla madre, ideale al quale Alma vorrebbe sostituirsi prima
all'insaputa di Reynolds e poi con la sua benedizione. È suo il punto di vista
da cui scopriamo Reynolds Woodcock, monomaniaco fissato col magenta e i codici dell'alta borghesia. Con lei entriamo
in una vita scrupolosamente pianificata dove ognuno trova il suo posto, dove le
seccature vengono risolte secondo una routine stabilita, dove si respira una
freddezza mortifera e sopravvive il fantasma di una madre defunta.
Il ritmo contemplativo permette al regista di osservare l'insidiosa influenza
di Woodcock sulla sua musa e di sottolineare l'importanza del suo mestiere, che
lo affascina quanto il cinema britannico a cui fa riferimento e a cui rende
omaggio. La grazia con la quale descrive il suo lavoro, soprattutto quando è
Alma a fare da modella al suo eroe, rivela una sensualità che compensa il
pudore della loro relazione. Ma quello che al principio appare come un
raffinato teorema romantico volge in thriller psicologico, quello che sembrava
un magnifico esercizio di riferimenti (Rebecca - La prima moglie, Il
sospetto) si fa
opera autonoma d'eccezione.
Lo sviluppo passionale convenzionale cede il passo a un gioco di manipolazione,
una codipendenza tra appassionati schiavi del dolore, coerente con l'immagine
delle relazioni umane che l'autore ha l'abitudine di indagare lungo le derive
del sogno americano. Tutto oppone Reynolds e Alma, a partire dalla classe
sociale, ma la seduzione che esercitano l'uno sull'altra testimonia il motivo
di predilezione dell'opera di PTA, la lotta tra materia e spirito. Questa lotta
è messa in scena ancora una volta con precisione millimetrica dentro interni
ipnotici, dove si consuma lo spettacolo affascinante di miseria e acquisto
spirituale, agisce l'ideologia autodistruttiva e tossica dell'alta società
londinese, la sua falsa apparenza e la nevrosi che dissimula. In un film
apertamente psicologico, l'autore infila scena dopo scena verità eterne sulla
dualità, l'ambiguità, l'inversione possibile dei ruoli dominante e dominato.
Tutte considerazioni già presenti in The Master e in fondo ai piani muti in cui cova l'impulso viscerale dei suoi
personaggi. Prima delle parole per PTA ci sono gli attori. Non serve altro per
identificare lo stupore dei suoi amanti e la profondità dei loro abissi quasi
intollerabili nell'ultimo testa a testa. Confronto intimo che segna la débâcle fisica e psicologica di Reynolds e insinua
una frattura. Constatare che l'assoluto a cui aspira risiede altrove che nel
suo perfezionismo è una presa di coscienza troppo dura da sopportare. Anche per
il suo interprete.
(da: Mymovies, Marzia Gandolfi) Prossimo film: 24/26 ottobre LA FORMA
DELL’ACQUA 2017, 119’