Betty
Love |
||
![]() (immagine presa dal sito ufficiale) Betty è cameriera in un locale di una cittadina del Kansas. Sogna il grande amore, il suo principe azzurro che la rapisca e che, almeno in televisione, si materializza per cinque giorni a settimana nelle vesti del dottore della sua soap opera preferita. Quando suo marito viene ucciso nel corso di un affare di droga finito male, Betty decide di raggiungere Los Angeles per incontrare il suo dottore. |
||
Il sito ufficiale (inglese) |
Le vostre recensioni 7 |
Nel formidabile "La Rosa Purpurea del Cairo", Woody Allen ci
offriva la storia di una donna assai mal maritata che nell'America della Grande
Depressione si rifugiava a sognare nei cinema. E, dallo schermo, un attore
usciva magicamente ad offrirle una breve evasione. "Betty Love" è il
contrario: la protagonista comincia "davanti" allo schermo e finisce
"dentro" lo schermo, in un gioco circolare nel quale il cinema ha
lasciato il posto ad una più attuale e diffusa versione della macchina dei
sogni, ovvero le soap opera. Nel film di LaBute, del resto, le soap sono il
"motore" della vicenda: Betty prima vi si immerge come un fantasma poi
ne esce, scoprendo la distanza fra il fascino del cardiochirurgo e la praticità
professionale dell'attore che lo interpreta; il giovane killer è un fan che
mena le mani per l'autografo di un divo del cast; il poliziotto e il giornalista
- due personaggi usciti dritti dritti da "Fargo" dei Coen - seguono la
ragazza proprio sulle tracce della sua passione per "A Reason
To Love". Dei teleromanzi, il film ricalca anche il gioco a tener
viva l'attenzione dello spettatore, disorientandolo con una miscela di generi
diversi, le sorprese improvvise (come la verità sul rapporto tra i due sicari),
l'assurdità di certe situazioni (la scena della sparatoria davanti all'ospedale
e le sue conseguenze). Eppure, non penso che "Betty Love" sia solo una
parodia delle soap o uno sberleffo alla tv. Penso vada più a fondo e possa
anche a farci pensare all'eterno gioco della finzione e del nostro credere alla
finzione, quello che regge "A Reason To Love" come il cinema.
Abbiamo tutti bisogno di sognare una vita migliore, di immaginare di essere
qualcun altro. Di evadere. L'anziano killer interpretato da Morgan Freeman ci
"casca" innamorandosi della sua Doris Day del nuovo millennio. Betty -
che vorrebbe fare l'infermiera ma non ha il diploma - riesce invece nel suo
intento e dalla barricata di quelli che "sognano" salta a quella di
chi "fa sognare", finendo a recitare nella sua soap preferita.
Naturalmente, nella parte dell'infermiera. Una "finta" infermiera, che
a sua volta alimenta la fantasia di milioni di altre persone: ad esempio il
cameriere che a Roma, nell'ultima scena, le consegna lo scontrino senza staccare
gli occhi dallo schermo. Proprio come faceva lei, nella "vita
precedente" con il caffè.
Segue lieto fine? Sì, ma di un film non così lieto.
Cosa mi piace di "Betty Love"? L'invito che rivolge a guardare oltre
la superficie delle immagini. I giochi con il cinema che suggerisce. E Renee
Zellweger, naturalmente. Una così bella deve andare in giro con il porto
d'armi.
Francesco Rizzo