La tigre e il dragone
(Crouching tiger, hidden dragon, 2000)

La critica Il cast

 

  

 


Nella Cina della dinastia Ching, il maestro di arti marziali Li Mu Bai decide per amore di abbandonare la via della spada e di donare la sua mitica arma, il Destino Verde, all'aristocratico Sir Te, in segno di riconoscenza e devozione. Ma un guerriero tanto abile quanto misterioso riusirà a rubarla. Li Mu Bai si mette subito alla ricerca della spada

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LA TIGRE E IL DRAGONE

voti

7

Tambureggiante cine-giocattolo per spettatori adulti capaci di farsi bambini per un paio d'ore, tanto poi si può sempre tornare indietro. Ammesso che ne valga la pena. Predoni e maestri, combattimenti che sembrano balletti, voli (bellissimi) sugli alberi e giù nel vento, basta "spalancare la mano per afferrare tutto". Ovvero, crederci. E se devo credere, preferisco l'annullamento della gravità all'annullamento dell'intelligenza (Chocolat) o del buon gusto e della complessità della vita e dell'arte (Billy Elliot). 
Certo, La tigre e il dragone rischia di ridurre la vastità della saggezza orientale ad una serie di frasi che sembrano cineserie da ristorante take-away (diversamente, credo non avrebbe vinto 4 Oscar, fra cui quello come miglior film straniero, superando uno stra-film come Amores Perros), eppure, nel mescolare romanticismo, far west e arti marziali e nello scontro fra l'eroismo della ragionevolezza e il furore dei sentimenti, il cine-giocattolo un'anima ce l'ha. Ma se siete di quelli che un anno fa hanno criticato Il gladiatore perché "Marco Aurelio non è morto così", lasciate perdere. Il vostro Destino Verde sarà la noia.
 

Francesco Rizzo

Un gran ben film: epico, poetico, magico, impetuoso, coinvolgente, pieno di passione, sentimentale ma non zuccheroso. Ang Lee ci riprova a dire la sua su ragione e sentimento ed è chiaro da che parte sta: la coppia più matura spreca la propria vita,  prigioniera di un'etica morale difficile da comprendere, e solo quando è troppo tardi riesce a lasciarsi andare ai sentimenti. La protagonista più giovane invece difende, è proprio il caso di dirlo, "a spada tratta" il diritto alla felicità, a scegliersi il proprio destino. Splendido il finale dove, volando, va incontro ai suoi sogni. Ang Lee ci dà un'ulteriore prova della sua bravura e della sua ecletticità: riesce a spaziare tra generi completamenti diversi, in mondi apparentemente molto lontani tra loro, convincendo sempre. E poi che grande trovata quella di usare eroi epici "donne", .persino nel ruolo del supercattivo! Chissà se c'erano veramente donne così nell'Oriente dell'Ottocento. Certo è che in Occidente a quell'epoca erano considerate meno che zero. Avrà forse voluto dire a noi occidentali che non dovremmo fermarci alle apparenze e ai pregiudizi sulle condizioni delle donne in Oriente? Chissà.
Marina Conti