Il cast (torna su)
Regia:
Bent Hamer
Sceneggiatura:
Jörgen Bergmark, Bent Hamer
Attori:
Joachim Calmeyer .... Isak Bjornsson
Tomas Norström .... Folke Nilsson
Bjørn Floberg .... Grant
Reine Brynolfsson .... Malmberg
Sverre Anker Ousdal .... Dr. Jack Zac. Benjaminsen
Leif Andrée .... Dr. Ljungberg
Gard B. Eidsvold .... Bakkerman
Lennart Jähkel .... Green
Prodotto da:
Jörgen Bergmark, Bent Hamer
Musiche originali:
Hans Mathisen
Fotografia:
Philip Øgaard
Montaggio:
Pål Gengenbach
Costumi:
Karen Fabritius Gram
Nazione: Norvegia / Svezia
Durata: 95'
La trama (torna su)
Anni '50. In un piccolo villaggio della Norvegia, famoso per l'elevato numero di scapoli, viene mandato un gruppo di esperti svedesi per monitorare 24 ore al giorno le abitudini culinarie e domestiche di questi uomini. Lo scopo è quello di ottimizzare i movimenti in cucina delle casalinghe. Protagonisti del film, una divertente commedia candidata all'Oscar come miglior pellicola straniera, sono un timido osservatore e un ombroso scapolo. |
la Repubblica (4/1/2004) Roberto Nepoti |
Anni '50. I Paesi scandinavi sono in pieno boom economico. Lo Home Research Institute svedese s'incarica di studiare il modo in cui si comportano i maschi celibi norvegesi quando stanno in cucina, allo scopo di funzionalizzare e ottimizzare i servizi di quella parte della casa. La regola è che l'osservatore se ne stia arrampicato su una sedia sistemata in un angolo, senza scambiare parola con l'osservato. Nella prima parte di Kitchen Stories il precetto è rispettato, dando luogo a godibilissimi momenti di comico visivo che fanno venire in mente - nientedimeno - il grande Jacques Tati. Nella seconda parte la regola cade, nasce un'amicizia tra l'analista e la (inizialmente riluttante) cavia e il film di Bent Hamer prende piuttosto un andamento psicologico; magari meno originale però misurato e pieno di tenerezza. Anche perché continua ad aleggiarvi un tipo d'umorismo tipicamente scandinavo (pensiamo ai film di Aki Kaurismaki), fatto di lentezza, pause, gusto dell'assurdo. Lo stile di messa in scena del regista norvegese, al suo terzo lungometraggio, è semplice e funzionale; bravissimi gli attori, che mostrano grande padronanza dei tempi da commedia. Dietro lo strato divertente e affettuoso, però, fa capolino uno sguardo critico piuttosto acuminato: sull'ossessione della classificazione, i prodromi del "grande fratello" (spiare le persone per aumentare i rendimenti), l'implacabile analisi dei nostri comportamenti privati a fini di mercato. |
il Manifesto (11/1/2004) Roberto Silvestri |
La gioia creativa, le emozioni, la rottura della disciplina, l'individualità contro la rigidità inscalfibile dello stato sociale scandinavo. Von Treir e Kaurismaki sono i dinamitardi (di opposta perizia) di queste società troppo omologate. Adesso c'è anche un film gay norvegese, travestito da satira della sociologia applicata, Kitchen Stories, opera seconda di Bent Hamer, duetto d'amore di attori. Come un cartoon. Lo spiato diventa spione. E i due guardoni finiranno per amarsi... Anni 50. Una colonna di Volvo Amazon, con roulotte annessa, supera il confine e conquista l'enclave rurale di Landstad. "Mezzi blindati" riconquistano una Norvegia, appena mollata dai nazisti...Le Volvo sguinzagliano i loro "autisti" dentro le case dei contadini-mezzatri che vivono da soli, abbindolati con regalini da nulla, e costretti a essere osservati 24 ore su 24 da occhi prensili che scruteranno minacciosi, da trespoli stile arbitro di tennis, piazzati in piena cucina. Dunque questi occupanti antipatici (e obbedienti fin da scatenare guerriglia assassina) sono impiegati. Dipendenti zelanti della Sweidsh Home Research Institute, società privata che, come sempre sostenuta dallo stato (è il comunismo di mercato, bellezza) va alla conquista del mondo. Lancia i suoi ricercatori e psicologi del profondo alla scoperta delle "leggi segrete" che rendono un prodotto di massa più competitivo di un altro e l'industria dei mobili svedesi imbattibile. Perché? Perché nel corso di un anno, dicono questi "teutonici" di Svezia, una casalinga in cucina va come da Malmoe al Congo. Le "cucine svedesi", dopo montagne di grafici, statistiche, studio dei comportamenti, razionalizzazioni, ridurranno quell'enorme fatica fisica nel più rilassante tragitto Malmoe-Milano... Porteranno felicità, benessere, modernità a tutti.Stoccolma, infatti, vede sempre quel che altri occhi non guardano. Non a caso Bergman. Non a caso hanno scoperto quasi un quarto degli elementi chimici finora identificati. E, etici come sono, con la gestione pubblica dei campi di calcio, di proprietà statale, finanziano l'atletica leggera, non i presidenti del consiglio...Ma gli svedesi, per i norvegesi, sono assai più impopolari dei danesi. Così leggiamo sulle guide turistiche. E questo film norvegese, che di questo rapporto tratta (e in maniera intensa, originale e umoristica) cerca di ristabilire, a 100 anni dalla separazione politica definitiva da Stoccolma, il senso di un vincolo profondo e di una necessaria diversità. Forse per consigliare, con il cuore in mano, ai cugini scandinavi di ripensare all'impegno europeista, che Oslo e Copenhagen stanno ridimensionando da tempo. Spesso a ragione. Lo sbarramento giuridico a Murdoch e alla sua vorace Sky, è l'ultima dimostrazione di civiltà democratica che ci arriva dal Nord. E poi la cucina è lo specchio dell'anima, almeno per il nord Europa. Proprio come "la spada", per la civiltà giapponese secondo Zwick-Cruise e il videopoker per l'Italia di oggi osservata da un terrorizzato Dario Argento. Dopo "il ristorante emozionante" del finlandese Aki Kaurismaki, il Pranzo di Babette del danese "in stato d'allarme" Bille August, che cura i malesseri dell'integralismo calvinismo a massicce dosi di spezie, ecco il successo d'essai delle vacanze natalizie, la "falsa" commedia norvegese Kitchen Stories che ci racconta della Svezia e del suo impatto massiccio nell'immaginario scandinavo del dopoguerra. Cui rispondere con un urlo alla Munch. |
Film TV (10/1/2004) Pier Maria Bocchi |
In Norvegia, negli anni '50, alcuni svedesi conducono una bizzarra indagine di mercato sugli scapoli di mezza età: che abitudini hanno entro i confini dei loro cucinini? Uno di loro si vede arrivare nel tinello un impiegato grigio, che si piazza tutto il dì (la notte dorme in una roulotte, fuori nel cortile) su una scaletta a osservare dall'alto come una cornacchia la quotidianità del povero pacifico omino. Dapprincipio tensioni e ripicche abbondano: poi arriva l'amicizia. Piccolissimo prodotto edificante, Kitchen Stories adotta uno sguardo curioso su un mondo il cui orologio sembra fermo da tempo, dove gli amici annunciano una visita di cortesia con uno squillo di telefono, e la gelosia assume contorni sorprendenti. É proprio qui, nelle pieghe "weird", che l'opera è interessante: nella leggera spruzzata di amore omofilo, nella sospensione quasi surreale delle modalità umoristiche, nelle evidenti punzecchiature geografico - politiche. Poi, certo, il resto fila con toni concilianti che mettono a posto tutto, perché i buoni riescono a mantenere dignità e onore, valori che i cattivi non sanno dove hanno la residenza. Però, appunto, fila, ed è già qualcosa. Un'operina buffa, umile e modesta, che intende fare del bene (riuscendoci), mentre affronta la solitudine (che resta, per chiunque, nonostante tutto) con spirito e partecipazione. |
I link (torna su)
Sito francese - http://www.filmsdulosange.fr/kitchen-stories/ |