ORION MOVIES
CENTRO FRANCESCANO ARTISTICO ROSETUM
via Pisanello 1
20146 - MILANO
I
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Rivisto con piacere, un bel
film… eppure qualche difettuccio.
Le donne: sciocchine, l’impiegata e la
seconda moglie, di contorno, la moglie dello sceriffo e la socia di Mildred, o,
yiddish mame (zampino Cohen per il povero agente Dixon?).
Poi c’è Mildred,
che (scena iniziale dell’insetto) ha deciso di smettere la passività del dolore,
(rad)drizzarsi e passare all’azione: un’azione che ricalca la tradizione
maschile del western, sola contro tutti.
In un contesto dove l’ostilità è
manifesta (neri e gay, dentista, scuola, prete) e neppure tra poliziotti esiste
una traccia di solidarietà, Mildred non fa eccezione, nessuna amica particolare,
nessun confronto col figlio, furiosa con tutti (figlia
compresa!).
All'opposto, restando al western, è proprio lo sceriffo Bill a
sprizzare bontà. Forse il pensiero della moglie, prossima come Mildred, ad un
grande dolore, spiega il suo sforzo di capire gli altri senza la rabbia che, pur
lentamente svaporando, avvolge un po’ tutta Ebbing.
Allora le lettere, molto
acute di Bill, suggeriscono un altro tema: al fuoco, protagonista invadente e
pervasivo si può opporre, nella sua finta leggerezza e non immaterialità, la
parola scritta: comincia Mildred con le frasi sui manifesti e poi c’è il
biglietto nella busta dei 500 dollari, spiegato nelle lettere che, recapitate da
morto, prolungano l’esistenza di Bill, spingendo i destinatari a mutare opinione
e atteggiamento. A Dixon il consiglio di superare la rabbia attraverso la
capacità di trovare le parole per “dire” il mondo, insomma senza le parole
soltanto rabbia e violenza.
Quartotempo
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Effettivamente non c'è
nulla fuori posto in questo film asciutto, crudo e intrigante: sceneggiatura,
musica, recitazione perfetti. Io l'ho vissuto come un western moderno che
descrive una realtà un po' più evoluta del passato ma non di tanto, la stessa
che probabilmente ha portato Trump alla presidenza degli States, quindi
numericamente abbastanza consistente. Ebbing-Missouri sembra essere una piccola
comunità ancora intrisa di un misto di machismo, razzismo, omofobia e prepotenza
da parte del potere; i rapporti interpersonali sono improntati ad uno stile di
comunicazione diretto, impulsivo e volgare e impedisce ai vari personaggi di
comprendersi e trasmettersi sentimenti positivi; si percepisce un po' in tutti
una grande disperazione esistenziale.
Il film è ricco di colpi
di scena. Il punto di svolta avviene quanto lo sceriffo Willoughby si suicida
lasciando tre lettere. Soprattutto quella per l’agente Dixon è molto bella e fa
breccia nella sua mente. Dixon è certamente il personaggio che si trasforma
maggiormente nel corso della storia. Orfano di padre da quando questi aveva
abbandonato la famiglia, era rimasto invischiato nella relazione con una madre
svalutante e protettiva che gli impediva di diventare un uomo. Per la prima
volta si trova a percepire una figura paterna che gli suggerisce un'immagine di
sé migliore, un ideale da raggiungere e come realizzarlo, che gli parla con il
cuore e con la forza del pensiero razionale. La lettera sottolineava
l’importanza della riflessione.
È a quel punto che Dixon
si può permettere di esprimere una parte buona di sé, e anche più intelligente,
che fino a quel momento era rimasta sopita e di empatizzare con Mildred ed il
suo bisogno di giustizia.
Dal canto suo, Mildred,
che si sente terribilmente in colpa per la morte della figlia a causa delle
parole pronunciate in un impeto di rabbia, sentendosi compresa, si ammorbidisce
e ne accoglie l'aiuto.
E tutti e due, quando
iniziano insieme il viaggio intenzionati a compiere un'operazione di giustizia
fai da te, si concedono il privilegio del dubbio e concordano di volerci
riflettere.
Mimosa
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Film
da applauso (infatti alla fine ho applaudito), graffiante come le unghie di
Dixon. Mai banale ma potente e intelligente. La violenza che attraversa il film,
esplicita o sommersa, anche verbale, non è gratuita, fa parte integrante della
storia del film e del DNA degli U.S.A. o perlomeno di una certa parte. In
perfetto equilibrio il film sa fermarsi sempre al momento giusto, senza mai
cadere nel patetico, nel palese o nello splatter. In più è impreziosito, a
tratti, da un sottile humor inglese. Bello, mi è proprio piaciuto. L’avevo già
visto, ma lo rivedrei volentieri. D’altra parte non c’è due senza tre,...
manifesti.
Silente
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Film perfetto, magnificamente scritto e altrettanto
magnificamente interpretato (menzione speciale per la musica e il
doppiaggio).
Tutto è eccessivo, e nulla
lo è fino in fondo.
Nella piccola comunità
tutti conoscono i pregi e le debolezze di tutti, e si accettano. C’è
solidarietà e anche affetto, dietro la rudezza del linguaggio e dei gesti da
“frontiera western”.
E c’è questa madre
guerriera, che sfida l’autorità ritenuta pigra e inconcludente, con il coraggio
di chi non ha niente da perdere. Lo capiremo in seguito che è divorata dal
senso di colpa per la terribile fine della figlia adolescente, alla disperata
ricerca di un colpevole più colpevole di lei, nella speranza di sgravarsi da
questo immenso dolore.
È un viaggio catartico
quello che intraprende (e ci concede il primo il sorriso), assieme a Dexter,
improbabile compagno di viaggio, che ha ritrovato un po’ di indipendenza dalla
terribile madre.
Non è dato sapere come si
concluderà questo viaggio, ma è comunque già un successo.
Mi è piaciuto questo film
americano, così poco americano, dove i cattivi sanno anche diventare
buoni.
Con questa proiezione il
nostro Cineforum si è riscattato.
D’ora in poi, più 3 Manifesti e meno Wonder, please ;););)
Gerry
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Mancata partecipazione
dibattito. Dopo la proiezione… senza parole.
Il film invece lascia tanti
punti aperti:
Perché:
a) deve morire la cagnetta?
b) il ragazzino nero
gira col violino senza mai suonarlo?
Che cosa:
a) si fa in un campus
estivo?
b) s’insegna nella scuola di Via tra l’intervallo di un atto e
l’altro?
Quartotempo
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Premetto che non sarei
andata a vedere questo film al cinema nel timore di una storia strappalacrime e
melensa. Sul linguaggio cinematografico utilizzato è già stato detto in sala e
condivido: lineare, diretto, semplice, immediato e favolistico; e il messaggio è
chiaro: l’accettazione delle diversità.
Il film è rivolto ad un
pubblico ampio, per lo più di famiglie, insegnanti e adolescenti con un intento
didattico ma a me è piaciuto perché ritengo che nel suo genere sia fatto bene e
promuove un pensiero positivo laddove vi sono problemi difficili da superare.
Nello specifico, vediamo due genitori letteralmente innamorati del figlio
nonostante la deformità o forse proprio a motivo di questa, come direbbe Massimo
Recalcati sull'unicità del figlio ("Le mani della madre"); una madre coraggio,
come si è detto in sala, perché non si scoraggia e combatte per lo sviluppo e
l'emancipazione del figlio sacrificando se stessa e le proprie aspirazioni
professionali; un padre presente come dovrebbe essere sempre ma vediamo che in
situazioni anche più semplici non lo è nella nostra società, per svariati
motivi; una sorella maggiore, come spesso in questi casi un po' non vista dai
genitori a causa della focalizzazione delle attenzioni sul fratello malato, e
che soffre ma in silenzio essendo dovuta crescere precocemente; un'amica
invidiosa che, contrariamente alle apparenze, si appropria temporaneamente
della sua identità per attirare le attenzioni degli amici (un fenomeno
tipicamente adolescenziale); Jack, l'amico di Auggie, ragazzo sensibile che lo
tradisce nel timore di apparire uno sfigato e che è vittima della pressione del
gruppo; ed infine il bullo, ragazzo poco empatico (come sono nella realtà i
bulli) che non perde occasione per umiliare Auggie in pubblico, il suo
palcoscenico. Il bullismo purtroppo rappresenta una drammatica realtà delle
scuole dei nostri giorni, caratterizzata da un più elevato livello di
aggressività nei rapporti interpersonali rispetto al passato; è noto inoltre che
i genitori proteggono i figli bulli quando non li incoraggino più o meno
intenzionalmente.
Comunque tutto è
perfetto (la famiglia, il mondo della scuola) come nelle favole che si
rispettino e contribuisce all'happy end, a dimostrazione anche del fatto che gli
americani non perdono occasione per fornire e propagandare un'immagine di sé
molto più positiva della realtà.
Mimosa
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Film
sponsorizzato dalla Kleenex, che sul flusso delle lacrime scorre fino al
prevedibile finale, anche se non ho potuto fare a meno di apprezzare la grande
professionalità degli americani nel confezionare i film. Tutto perfetto,
schematizzato, direi omologato. Citando Marco: “un
orologio”.
Anticamente
in Cina vi erano abilissimi fabbricanti di vasi splendidamente decorati che
davano volutamente almeno una piccola pennellata sbagliata per donargli una
personalità. Qui non l’ho vista.
Comunque
nel suo genere un’opera dignitosa adatta a un pubblico di preadolescenti, perché
educativa, o da vedere in prossimità del Natale, quando si è tutti più
“buoni”.
Sempre
interessante il dibattito, forse più del film.
Silente
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Parto subito col dire che NON è un film da inserire nel programma di un
cineforum con qualche velleità, come penso sia il nostro.
Un prodotto stucchevolmente politically correct, che avrei snobbato se lo
avessero proposto in tv.
Sono abbastanza stanca di questi patinati film americani. C’erano proprio
tutti gli ingredienti della rappresentazione buonista alla Frank Capra:
famiglia ricca e felice nonostante il mostriciattolo, padre immaturo ma
presente e valido supporto alla madre coraggiosa e determinata, ma anche
amorevole e con una brillante tesi di laurea nel cassetto, sorella trascurata
ma che capisce e non crea problemi, con fidanzato nero (non siamo mica razzisti
noi!), amica che sacrifica il suo ruolo da protagonista in favore dell’amica di
cui invidia tutto, anche il fratellino, naturalmente intelligentissimo e
simpatico, bullo cresciuto da bulli ma che ha una illuminazione nell’ufficio
del preside, e che preside!
Mi fermo qui.
Trama tanto scontata da essere imbarazzante. Nemmeno una piccola tragedia,
che avrebbe aggiunto un pizzico di dramma alla favola.
Bocciato su tutta la linea.
Gerry