ORION    MOVIES

CENTRO FRANCESCANO ARTISTICO ROSETUM

via Pisanello 1

20146 - MILANO

I  COMMENTI  DEL  PUBBLICO

cineforum 2017-2018

le proiezioni

gli animatori

commentano

home

in programma

Fai click QUI per inviarci la tua recensione   (nel messaggio indica se vuoi che l'indirizzo e-mail si pubblicato e a quale proiezione hai partecipato)

Fai click QUI per visualizzare le recensioni dei cicli tematici precedenti

UNA  DONNA FANTASTICA


Stupefacente il candore dei partecipanti al dibattito dello scorso venerdì impegnati a discutere se fosse o meno palese l'ambigua identità sessuale di Marina!  Il solo e pruriginoso dubbio che il regista voleva lasciare negli spettatori era invece secondo me, se nell'ambito del composito mondo LGBT eravamo di fronte ad un transessuale  o ad un transgender non operato ai genitali.
In ogni caso una situazione veramente incresciosa per la famiglia di Orlando; l'odierna mentalità della borghesia cilena non è  certo paragonabile a quella della comunità intellettuale ebraica del pur lontano 1970 di "Manhattan" con le pungenti ma spiritose battute tra Woodie Allen e la moglie Meryl Streep che l'aveva mollato per andare a convivere con un'altra donna!
Al di là della simpatia per Marina il feroce scontro tra lei ed i famigliari di Orlando mi ha ricordato quello de "l'insulto" di settimana scorsa; anche qui ognuno reclama per dignità  ed amor proprio le sue ragioni ed il torto dell'avversario in via pregiudiziale, ma come nel conflitto libano-palestinese i veri colpevoli sono le superpotenze di turnoi, così qui il vero reo è quell'incoscente farfallone di Orlando che dopo aver già  mandato a monte un primo matrimonio (dò per scontato non fosse vedovo della madre di suo figlio), non si preoccupa minimamente in una situazione famigliare così  ingarbugliata, di fare testamento per evitare litigi tra gli eredi e tutelare minimamente Marina.
Quest'ultima rivendica giustamente il diritto di dare un ultimo saluto al suo compagno, come pure di esprimersi sessualmente secondo le sue inclinazioni naturali,anche se cade in contraddizione quando ostacola (per pudore?!!) l'opera di quella solerte e gentile ispettrice di polizia che era animata solo da buone intenzioni nei suoi confronti.
Comunque tutto è bene quel che finisce bene ed il canto finale dell'aria "ombra mai fu" dal Serse di Händel sembra certificare la ritrovata serenità della nostra eroina decisa a ripartire più forte di prima e su basi più concrete e rispettabili, passando dal mondo dei night a quello dei teatri d'opera.
Franco   francogarga@gmail.com

_________________________________________________________________

Il termine transgender non riguarda l'orientamento sessuale, ossia la meta del nostro interesse, definito solitamente come eterosessuale, omosessuale, bisessuale ma anche asessuale.

L'identità di genere indica invece il genere in cui una persona si identifica, ovvero come vive l'appartenenza al proprio sesso (maschile o femminile) e non deriva necessariamente da quella biologica. Le persone transgender sono chiamate transessuali se affrontano un percorso psichico e fisico medicalmente assistito per passare alla transizione F to M oppure M to F.

Dal 19/06/2018 la transessualità non è più classificata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità come malattia mentale (come già dagli anni Ottanta per l'omosessualità).

Il percorso per modificare la propria identità sessuale in maniera legale passa obbligatoriamente attraverso molteplici livelli: medici, legali e infine giudiziari ma non è necessario l'intervento chirurgico.

Lo stigma sociale può determinare un forte disagio psicologico denominato minority stress (stress delle minoranze) che può condurre anche al suicidio.

Detto questo, il film mi è piaciuto molto perché affronta in modo delicato un tema quanto mai attuale e scottante, non esasperando mai la violenza che in vari modi viene espressa da tutti i parenti del compagno.

Marina è certamente una donna fantastica in quanto affronta con pacatezza e determinazione le reazioni di disprezzo delle persone che la circondano, ben consapevole dello stigma a cui i transgender sono sottoposti. Bellissima e simbolica l'immagine di lei nel vento che, nonostante la perdita del compagno e tutte le difficoltà conseguenti, resiste e riesce a stare non solo in piedi ma anche in equilibrio. Ricomprende in sé e non nega nemmeno le sue componenti maschili quando prende a pugni il pungiball per scaricare la tensione e salta sull'automobile per rivendicare i propri diritti.

Coinvolgente l'aspetto del respiro che si fa affannato nei momenti di maggiore difficoltà.

E che dire del canto dolcissimo finale? La musica come messaggio universale che racchiude in sé un concetto di armonia e fa convivere pacificamente tutte le differenze.

Mimosa

 

_________________________________________________________________

 

Succede che un film ti piaccia ma nello stesso tempo ti tenga lontano. È quello che è successo per questo film, che mi ha sì affascinato ma con un po’ di difficoltà.

Marina mi ha ricordato il mitico protagonista di The Rocky Horror Picture Show, Frank-N-Furter che invece mi aveva oltre che affascinato anche molto divertito. I due film, ovviamente, si pongono su piani diversi. Una donna fantastica si avvicina forse di più a La moglie del soldato per il tipo di storia con però il minus di far scoprire fin quasi dall’inizio la verità. C’è anche un po’ di Priscilla, la regina del deserto ma solo in alcuni momenti.

Che dire? La melodrammaticità cilena e gli “occhioni” della protagonista, spesso in primo piano e con sguardi rivolti in macchina, ti fanno sentire compartecipe del suo dramma, quello di una donna imprigionata in un corpo maschile, per di più in una società ostile.

Bel film. Sicuramente me lo ricorderò.

 

Silente



L'INSULTO

Lo sguardo che nel finale della pellicola si scambiano Yasser e Toni, da lontano, senza una parola, né una stretta di mano, testimonia il permanere del loro sentirsi irriducibilmente ed inevitabilmente nemici pur avendo maturato un sentimento reciproco di considerazione e rispetto: il verdetto di assoluzione di Yasser non provoca alcuna rimostranza in Toni; per lui il giudizio della Corte d'Appello era  solo una mera formalità burocratica, superato ormai dal pareggio dei conti raggiunto con un conclusivo scontro fisico con l'avversario. Il lungo iter processuale ha creato però le premesse indispensabili per chiudere positivamente una lite che stava lacerando il Paese: le udienze hanno assunto le caratteristiche di vere e proprie sedute psicanalitiche che hanno costretto i due contendenti a rivivere e superare i traumi che condizionavano così pesantemente i loro atteggiamenti. Bravi i due avvocati, l'uno esperto, smaliziato e gigionesco, l'altra preparata e supportata da una passione ed una determinazione che solo la gioventù può dare: il loro essere rispettivamente padre e figlia ha costituito un interessante diversivo che ha alleggerito piacevolmente la narrazione  ed ha introdotto anche un simpatico scontro generazionale, anch'esso felicemente conclusosi col padre soccombente ma in fondo felice della rettitudine e della buona prestazione professionale della figlia.
È un film interessante, equilibrato ed educativo che giustamente si astiene dal dare giudizi sulle parti in lotta in questo travagliatissimo e  complicato scacchiere mediorientale: quello che è messo in risalto è il contrasto tra l'orgoglio e l'amor proprio di Yasser e Toni ed il bene comune, rappresentato inizialmente dalle due famiglie come rinfacciato loro dalle brave e ragionevoli mogli ed ampliatosi poi nella compromissione di una già precaria convivenza civile a livello nazionale. L'inflessibilità e la testardaggine di entrambi i protagonisti a restare sulle proprie posizioni rasenta addirittura la stupidità, ma testimonia la determinazione e la forza tipica del maschio alfa, prodromo di disastri e sventure, ma che forse è anche stata necessaria per consentire alla razza umana di avere il sopravvento sugli altri animali ben più grossi e forti  e non finire come gli Yahoo sottoposti al dominio dei cavalli Houyhnhnm de "I viaggi di Gulliver" di Jonathan Swift.
Franco.    francogarga@gmail.com
__________________________________________________________________________________

Un film di alto valore morale ed educativo che si rivolge a tutti noi. Ambientato in una zona caldissima del mondo, come Carolina ha ben delineato nel suo quadro geo-politico (per cui ringrazio), prende spunto dalla drammatica questione palestinese per poi separarsene e riguardare i conflitti e le ferite di tutto il mondo. È incredibile come spesso le tragedie a volte nascano da motivi banali. Dai piccoli litigi giornalieri ai grandi conflitti internazionali, quello che il regista descrive ci riguarda tutti, in ogni momento e ciò che non fa degenerare nella tragedia è la capacità dei più di controllare le proprie emozioni e di far prevalere la razionalità. Non accade così quando la sfera della consapevolezza di sé e la dimestichezza con le proprie emozioni sono affievolite. E proprio di questo ci parla il regista, del fatto che dietro piccoli e grandi conflitti spesso ci sono ferite del passato ancora sanguinanti. Difficile trovare delle mediazioni, comprendere il punto di vista dell'altro, se non si scandaglia questo territorio tenebroso di vissuti, di emozioni spesso rimosse, di aspettative deluse, di ingiustizie subite. Lo vediamo nei molti episodi di cronaca, nelle cause di separazione coniugale, nei femminicidi (visto che oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne). E come dice l'avvocato che rappresenta Tony "nessuno ha il monopolio del dolore" ... per cui rimbocchiamoci le maniche e cominciamo a scavare dentro di noi!

Mimosa

 

 ______________________________________________________________________________________________

 

Citando Vasco Rossi: “Corri e fottitene dell’orgoglio, ne ha rovinati più lui che il petrolio”. Perché alla fin fine di quello si tratta, di orgoglio ferito.

Ferito da parole. Con conseguenze di reazioni umanissime all’ingiustizia, alla sopraffazione, sedimentata e crescente. La rabbia monta e qualsiasi pretesto può scatenare l’aggressività, la ricerca dello scontro fisico. Comportamenti ancestrali.

La miscela di orgoglio e ingiustizia, specie in area mediorientale, è esplosiva.

L’insulto è un film capace di farti vibrare corde intimamente nascoste. Ben costruito e ben recitato. Ti prende. Solo il finale, un po’ troppo “educativo” è poco credibile. Purtroppo.

Perché sappiamo tutti che non va quasi mai così e che la pace in quei territori è una chimera. Serve una grande capacità di “fottersene dell’orgoglio”. Quasi impossibile.

 

Silente

_________________________________________________________________________________

Seguendo la traccia pubblico - privato, mi ha colpito, rivedendolo, la brevissima sequenza della figlia avvocata che piange, come il padre di Toni, alla visione in aula del filmato sui massacri. Se il pugno ha risolto, in modo molto maschile, la giustizia nel privato, ora è il processo che deve sciogliere la questione nel pubblico. È dalla scoperta che proprio Toni proviene da quella zona, che il film cambia direzione. Alla notizia l’avvocato, (la camera è fissa sul suo volto quando scruta le carte) diventa il terzo protagonista: da difensore sembra passare ad accusatore di Toni, nella spietata ricerca di far riaffiorare la memoria rimossa. Ognuno ha la sua sofferenza: figlia e padre, forse nel ricordo della madre vittima di quelle violenze, si ritrovano, al di là dei loro ruoli processuali opposti.

Sempre rispetto al modo maschile di risolvere i conflitti (c'è solo la guerra per stabilire un vincitore e un vinto) una sequenza iniziale mostra i due modelli opposti proprio verso la bambina che deve nascere: per lei, smettila pensa alla bambina; per lui, è per la bambina che vado avanti.


Quartotempo

___________________________________________________________________






LOVELESS


Il regista, con il suo insistere nella ripresa di alcuni dettagli inutili, l'inquietante accompagnamento sonoro, mette quasi subito lo spettatore nella posizione dell'investigatore alla ricerca di Alyosha e lo depista di continuo. In realtà nessun indizio è significativo e l'unica indagine che vale la pena di fare è quella psicologica, ma anche sociologica, per capire le motivazioni della ferita del non sentirsi amato dai propri genitori che il bambino si porterà dentro per tutta la vita, qualunque sia il finale del film.

E l'indagine psicologica mi porta a considerare la disperazione di un bambino, che può nascere dalla relazione con una madre scarsamente empatica e rifiutante ed un padre praticamente assente, nonché il senso di insicurezza che deriva da una separazione in cui nessuno dei genitori si assume la responsabilità del suo collocamento presso di sé; una perdita totale di punti di riferimento affettivi oltre che di stabilità di vita. Una miscela esplosiva che può portare al suicidio.

Nessuno dei due genitori ha in mente Alyosha, più preoccupati della soddisfazione sessuale che della responsabilità genitoriale, e già proiettati nelle rispettive sistemazioni future. Ma il trauma della scomparsa di questo figlio li segnerà entrambi e nessuno di loro ritroverà più la serenità.

Sconcertante è la freddezza nei rapporti interpersonali di tutti i personaggi. Si capisce che anche la madre di Alyosha si porta dietro la ferita dei non amati ma complessivamente tutti sono delusi, arrabbiati e incapaci di identificarsi nell'altro e comprenderlo. Chi potrà interrompere questa catena generazionale?

Il regista ci indica anche poco prima del finale che non sta parlando soltanto di un problema familiare ma della Russia intera, delle grandi trasformazioni sociali avvenute dopo il crollo dell'URSS e l'avvento del capitalismo e soprattutto della disgregazione delle famiglie e dei rapporti interpersonali. Come nelle ampie inquadrature dei paesaggi di rami caduti, spezzati o piegati.

Una grande tristezza.

Mimosa



__________________________________________________________



Film deprimente e bellissimo, capace di metterti costantemente in uno stato di disagio e attesa.

Questa sensazione la si prova già dalle prime scene, quando, in un bosco di alberi neri, vediamo passeggiare il ragazzino accompagnato da una musica inquietante e lo seguiamo mentre lancia da un albero sporgente sul fiume un nastro bianco e rosso sui rami. Le riprese sottolineano l’attesa, ci si aspetta il “lupo” da un momento all’altro.

Invece niente, non succede niente.

Alla fine del film, con la stessa musica, si ripresenterà l’albero che sporge sul fiume e il nastro che pende a suggerire dove potrebbe essersi suicidato Alyosha. La macchina da presa che punta verso il cielo sembra confermare questa sensazione.

Che sia morto il regista lo fa capire a più riprese, anche se noi, come la madre, non vogliamo crederci. Per esempio c’è un momento in cui lei interroga l’Iphone sul significato di un sogno e chiede: “Ho sognato che mi toglievano un dente, cosa vuol dire?”.

Lo chiede dopo una notte passata insieme al nuovo compagno, senza essere quindi tornata a casa, presagendo inconsciamente la perdita del figlio.

Un film che prende a pretesto una trama noir per denunciare la nuova società russa, spersonalizzata ed egoista, succube delle nuove mode come l’uso compulsivo dello smartphone, ma soprattutto senza amore. E da noi?

 

Silente 

_________________________________________________________________



"sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico" potrebbe essere uno dei messaggi di questo film: Zhenya ha sposato Boris perché incinta di lui, ma sopratutto per allontanarsi da una madre invadente ed oppressiva ed ora sfrutta la sua avvenenza per convivere con un altro uomo gentile e ricco al fine di liberarsi dai vincoli di un infelice rapporto matrimoniale.
Boris si presenta come una persona educata e cordiale ma è privo di spina dorsale, un vero inetto e si avvia a ripercorre lo stesso errore del passato (mi colpisce l'attuale tendenza dei registi maschi a rappresentare in modo così negativo il sesso d'appartenenza: sarà forse un effetto secondario della campagna del #metoo). Entrambi barattano a priori un vero sentimento amoroso, difficile da cogliere ed ancor più da coltivare ma indispensabile per reggere a lungo una vita di coppia, scegliendo soluzioni più effimere ma di soddisfazione immediata.  Per lei un tenore di vita più agiato ed una più coinvolgente vita erotico/sessuale (le copule ripetutamente proposte alla nostra visione erano però assimilabili più ad esercizi ginnici che a vere manifestazioni d'affetto reciproco). Boris non si pone neanche il dilemma di fare una scelta ed accetta passivamente di convivere nel piccolo appartamento della madre della sua nuova compagna, in linea col suo carattere indolente e conformista.  Il futuro non si prospetta facile per entrambi i protagonisti anche per il peso sulla coscienza di un figlio dodicenne da loro mal sopportato, che per far sentire la sua presenza non trova altra soluzione che quella di sparire lasciando noi e loro col forte sospetto di una tragica fine.
Questa sconfortante e triste vicenda va inquadrata nella Russia dei nostri giorni ove non si sono ancora riassorbiti gli sconvolgimenti provocati dal drastico cambio di regime che ribaltando i precedenti valori etici ed esasperando le diseguaglianze economiche ha scosso dalle fondamenta anche la vita e le relazioni private dei singoli cittadini.
Per fortuna questo quadro livido e desolante, ben rappresentato nel film, è compensato dall'opera della squadra di volontari, che gratuitamente si impegnano con dedizione e professionalità alla ricerca di Aliosha, sotto la guida di un autorevole e competente coordinatore: sono loro che rappresentano la vera anima di un popolo colto, sensibile, amante dell'arte, della poesia e della musica che purtroppo e per sua colpa, non sempre si fa rappresentare da una classe dirigente di pari valore, ma questa non è certo una prerogativa esclusiva del popolo russo.
p.s.  è indiscutibilmente da annoverare tra i film d'autore, ma io sono dell'idea che per acquisire tale qualifica non si debba  essere sempre necessariamente così "pallosi".

franco       
francogarga@gmail.com

___________________________________________________________________________________

Ottimo film con tante domande aperte. Probabile suicidio? Come detto in TV, le cattive notizie portano a …

Qualche aggiunta alla discussione.

- La Brigata Chilhavisto appare tragicomica, rimanda alla caccia all’evaso, il bimbo ritrovato, ritornerà in prigione, tra punizioni paterne e acredine materna. Ottima competenza (ma allora quanti ne scappano!) da boy-scout tartufesco: nessuna assistenza psicologica alle famiglie! Per non parlare della prof che cancella la lavagna!

- Unico momento affettuoso il braccio di lui che sfiora lei nell’attimo del riconoscimento-disconoscimento… ma subito dopo lei picchia lui. Fuori dagli stereotipi questi maschi russi: poco alcool e niente botte, nel senso che non le danno.

- Il divorzio non fa cambiare esistenza, né apre ad un nuovo inizio. Così ritroviamo lei, nel mutismo della relazione, lui, annoiato, e una figlia piangente rinchiusa nel box… e la mamma non accorre! Ciak si rigira!

Quartotempo