ORION MOVIES
CENTRO FRANCESCANO ARTISTICO ROSETUM
via Pisanello 1
20146 - MILANO
I
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Tutti gli anni, al dibattito sul film dedicato alla
giornata della memoria, risuona forte la domanda "come è stato possibile tutto
questo?". Quest'anno invece aleggiava la preoccupazione che quello che è
successo possa tornare come se il microcosmo dell'auditorio, espressione di un
fuori molto più ampio, ne percepisse dei segnali pericolosi anche proprio nel
nostro paese. Negli ultimi giorni sul web è circolato un video dal titolo "cara
memoria" che prefigura il rischio di una mancanza di memoria che lascerebbe il
paese come un vaso vuoto ... senza opinioni ... facile da governare... Ben
vengano quindi le commemorazioni dell'olocausto ma anche tutte le manifestazioni
di un dissenso crescente nei confronti di ogni forma di xenofobia e razzismo,
propaganda o pensiero o pratiche che tendono ad affossare le istituzioni
democratiche.
La psicologia sociale ha già messo in luce i
meccanismi che consentirebbero il ripetersi delle nefandezze del nazi-fascismo
ed anche il cinema se n’è occupato. Particolarmente interessante in proposito è
il film L'Onda (2008 - Dannis Ganzel) in cui un insegnante, allo scopo di
spiegare come nascono le strutture sociali autoritarie, realizza un esperimento
sociale con i suoi studenti.
Quanto al nostro film Lettere da Berlino, ho preso
atto del fatto che c'è stata anche una seppur minima resistenza al nazismo,
sicuramente non l’unica, ma sembra che ciò sia avvenuto sempre sulla base di un
incontro personale e traumatico con la violenza del regime e quasi mai per un
rapporto empatico con l'altro. E credo che la mancanza di empatia, ovvero la
disumanizzazione dell’altro ma anche di sé, rappresenti il grande dramma della
tragedia dell'olocausto e dei rischi per il futuro.
Mimosa
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Recentemente
i telegiornali hanno mostrato le riprese delle telecamere di sicurezza
(onnipresenti) nelle quali i “tifosi” dell’Inter e del Napoli si picchiavano a
sangue, armati di mazze, causando nel parapiglia anche la morte di uno di
questi.
L’idea
che degli individui possano anche solo concertare una tale azione per quello che
loro stessi definiscono una passione sportiva mi lascia sconcertato. Basta
davvero poco a scatenare la violenza.
Nel
dibattito che ha seguito il film, uno spettatore ha fatto un intervento molto
interessante nel quale asseriva che dentro di noi giace, più o meno cosciente,
una “bestia” che, anche involontariamente, aspetta solo qualcosa o qualcuno che
la possa scatenare.
Si
spiega allora, anche se solo in parte, l’avvento del nazismo. Individuato un
nemico, causa di un disagio, reale o inventato, lo si attacca in branco, perché
sdoganati e inorgogliti dall’appartenenza a un gruppo, meglio se molto ampio.
L’unione fa la forza ma anche la vigliaccheria. Se poi la propaganda mette in
atto un lavaggio del cervello che giustifichi questo tipo di azioni non esiste
più nessun tipo di freno.
Tornando
al film, bene hanno fatto i due protagonisti, usciti traumaticamente dalla bolla
del nazismo, a cercare in qualche modo, anche se ingenuo, di intralciarne il
percorso.
Un
modo estremamente delicato, in forte contrasto con la violenza delle SS. Ma come
diceva Otto, un po’ di sabbia può fermare un grande meccanismo. Di conseguenza
la reazione delle SS e l’accanimento nella ricerca del responsabile, per
rimediare a un forellino in una diga, col timore esagerato che tutta la diga
potesse cedere.
Rimane
sempre il dubbio se in quel periodo vi fosse un’ubriacatura collettiva o se
invece una buona parte dei tedeschi fosse scettica ma succube di un regime
autoritario. È anche vero che non è così facile uscire dalle regole di un regime
imposte con tanta violenza. Ma a ben vedere solo 18 lettere non sono state
riconsegnate e tra queste alcune saranno state buttate direttamente da chi le ha
trovate. Giusto una manciata di sabbia.
Silente
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Gran bel film e superlativa prova attoriale di Brendan Gleeson!
Quello che mi
ha più impressionato è stato vedere sullo schermo l'entusiasmo popolare per il
regime nazista: un accecamento collettivo che ha consentito ad Hitler di
assumere legalmente il ruolo di cancelliere a far tempo dal gennaio 1933, primo
indispensabile passo per acquisire poteri dittatoriali con un controllo
poliziesco ferreo all'interno, una azione criminale di rapina nei confronti
degli ebrei e delle altre minoranze etniche ed una politica militare aggressiva
verso gli stati confinanti. La frustrazione e disperazione del popolo tedesco
per la disastrosa situazione economica ed il timore di una avanzata dei
comunisti sulla spinta della rivoluzione bolscevica del '17 hanno costituito la
premessa per sfogare la propria rabbia nei confronti delle forze politiche che
avevano sottoscritto l'iniquo, disonorevole ed oltremodo oneroso trattato di
pace di Versailles, spingendolo ad affidarsi e credere ad un personaggio
ambizioso, spregiudicato e folle quale Hitler che prefigurava un immaginifico
futuro radioso per la Germania. Facendo le debite proporzioni è una situazione
collettiva non dissimile di quella individuale di donne che vengono attratte e
scelgono compagni forti, rudi ed impulsivi per compensare le loro fragilità e
paure, salvo trovarsi poi vittime di abusi ed atrocità (come convinto
sostenitore della parità comunque penso ci siano altrettanti casi di maschi
incauti, incerti, timorosi e fragili che scelgono compagne determinate, sicure e
spregiudicate col rischio di esserne anch'essi vittime, raramente con evidente e
spettacolare spargimento di sangue, ma con non minori sofferenze sul piano
emotivo e psicologico).
La capacità di sopportazione e probabilmente anche
la testardaggine nel non voler ammettere a se stessi errori madornali è
veramente sorprendente sia a livello di singoli che di popoli e viene intaccata
solo a fronte di accadimenti tragici che col senno di poi erano abbastanza
prevedibili.
È il caso di Otto ed Anna: solo la morte del figlio frantuma il
velo di ipocrisia che non permetteva loro di vedere l'orrore che permeava la
vita loro e della nazione tutta e li induce ad un gesto di ribellione che
permette di mitigare il dolore ed allo stesso tempo ritrovare quel rispetto di
se stessi che si erano resi conto aver inconsciamente perso nei lunghi anni di
accettazione supina del regime. È anche il caso dell'ispettore Escherich,
intelligente e scrupoloso che davanti alla crudeltà e stupidità del colonnello
delle SS che lo offende e colpisce brutalmente perde la fede nella causa nazista
e, una volta portato a termine il suo lavoro da buon tedesco, getta dalla
finestra le cartoline di Otto, mettendole così a disposizione dei passanti e si
spara un colpo intesta: l'uccisione a freddo dell'ex marito della postina e la
rabbia con cui sul finale scaglia il bicchiere in testa all'inerme Otto
testimoniano il suo travaglio interiore che lo porta al gesto di ribellione ed
al suicidio. Le immagini della rassegnazione e tristezza con cui i berlinesi
spostano le macerie delle case distrutte dai bombardamenti aerei non fanno
invece trasparire alcun tardivo ed ormai inutile sentimento di ribellione ma
solo la consapevolezza di aver contribuito con la loro insipienza ad una
catastrofe di dimensioni planetarie. La condanna dei prepotenti va sempre
stigmatizzata senza se e senza ma: nei casi di violenza privata quella santa
donna di mia madre li definiva "spurscelent" che era l'epiteto con cui
manifestava al massimo grado la sua riprovazione ed il suo disprezzo, ma non
mancava di sottolineare l'imprudenza e leggerezza delle povere vittime; questa
leggerezza ed imprudenza sono molto più gravi quando si passa dal singolo, che
in fondo rischia in proprio, a comportamenti collettivi ove il senso di
responsabilità si diluisce fino ad annullarsi e l'esaltazione rasenta l'isteria,
con risultati negativi che possono andare ben al di là delle intenzioni di chi
li promuove.
franco. francogarga@gmail.com
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Il film ci conduce quasi subito
nell’atmosfera plumbea della quotidianità popolare della Germania nazista degli
anni ’40: inizia con la morte di un giovane tedesco e termina con il suicidio di
un altro, in mezzo due suicidi-omicidi e due decapitati; soltanto due genitori
disperati, un operaio autolesionista, una postina e un giudice in pensione con
circa diciotto anonimi lettori rappresentano tutta l’opposizione
berlinese.
Avendo già visto il film, ho seguito soprattutto l’Ispettore
Escherich, il personaggio forse più significativo per capire l'involuzione
totalitaria della società tedesca. Tra lo Javert di Hugo e l’Holmes di Conan
Doyle, ingaggia una sfida personale da esperto criminologo, quale si ritiene,
con la mente del criminale. Molto convincente la mappa e le bandierine che
raffigurano le sue ipotesi per individuare i comportamenti della sua
preda.
Il suicidio finale rappresenta la prova dell’esito inevitabile di ogni
sistema totalitario. La sua intelligenza investigativa, ossia l’orgoglio di
“perverso” segugio, peraltro omicida di un innocente e in parte responsabile
della morte di Anna (Elise), appaiono superflui. La violenza del regime lo ha
ormai domato e inghiottito; se ambiva a una sorta di rispetto e a uno spazio di
autonomia, differente dalla semplice brutalità militare, ora s’accorge di essere
anche lui diventato semplicemente un uomo-ombra.
PS Una piccola polemica per i motivi della scelta perché i ricordati Il figlio di Saul e Austerlitz, con Lettere da Berlino sono stati girati nel 2015-16. Nelle proposte di fine anno avevo suggerito 1945 (2017) di Török, b/n, atmosfera da Il Nastro Bianco, forse solo in ungherese, ma sottotitolato, tratta un aspetto poco trattato (non solo al cinema) della Shoah … magari l’anno prossimo?
Quartotempo