ORION    MOVIES

CENTRO FRANCESCANO ARTISTICO ROSETUM

via Pisanello 1

20146 - MILANO

I  COMMENTI  DEL  PUBBLICO

cineforum 2018-2019

le proiezioni

gli animatori

commentano

home

in programma

Fai click QUI per inviarci la tua recensione   (nel messaggio indica se vuoi che l'indirizzo e-mail si pubblicato e a quale proiezione hai partecipato)

Fai click QUI per visualizzare le recensioni dei cicli tematici precedenti

LETTERE DA BERLINO


Tutti gli anni, al dibattito sul film dedicato alla giornata della memoria, risuona forte la domanda "come è stato possibile tutto questo?". Quest'anno invece aleggiava la preoccupazione che quello che è successo possa tornare come se il microcosmo dell'auditorio, espressione di un fuori molto più ampio, ne percepisse dei segnali pericolosi anche proprio nel nostro paese. Negli ultimi giorni sul web è circolato un video dal titolo "cara memoria" che prefigura il rischio di una mancanza di memoria che lascerebbe il paese come un vaso vuoto ... senza opinioni ... facile da governare... Ben vengano quindi le commemorazioni dell'olocausto ma anche tutte le manifestazioni di un dissenso crescente nei confronti di ogni forma di xenofobia e razzismo, propaganda o pensiero o pratiche che tendono ad affossare le istituzioni democratiche.

La psicologia sociale ha già messo in luce i meccanismi che consentirebbero il ripetersi delle nefandezze del nazi-fascismo ed anche il cinema se n’è occupato. Particolarmente interessante in proposito è il film L'Onda (2008 - Dannis Ganzel) in cui un insegnante, allo scopo di spiegare come nascono le strutture sociali autoritarie, realizza un esperimento sociale con i suoi studenti.

Quanto al nostro film Lettere da Berlino, ho preso atto del fatto che c'è stata anche una seppur minima resistenza al nazismo, sicuramente non l’unica, ma sembra che ciò sia avvenuto sempre sulla base di un incontro personale e traumatico con la violenza del regime e quasi mai per un rapporto empatico con l'altro. E credo che la mancanza di empatia, ovvero la disumanizzazione dell’altro ma anche di sé, rappresenti il grande dramma della tragedia dell'olocausto e dei rischi per il futuro.

Mimosa

 

 

___________________________________________________________________________

 

Recentemente i telegiornali hanno mostrato le riprese delle telecamere di sicurezza (onnipresenti) nelle quali i “tifosi” dell’Inter e del Napoli si picchiavano a sangue, armati di mazze, causando nel parapiglia anche la morte di uno di questi.

L’idea che degli individui possano anche solo concertare una tale azione per quello che loro stessi definiscono una passione sportiva mi lascia sconcertato. Basta davvero poco a scatenare la violenza.

Nel dibattito che ha seguito il film, uno spettatore ha fatto un intervento molto interessante nel quale asseriva che dentro di noi giace, più o meno cosciente, una “bestia” che, anche involontariamente, aspetta solo qualcosa o qualcuno che la possa scatenare.

Si spiega allora, anche se solo in parte, l’avvento del nazismo. Individuato un nemico, causa di un disagio, reale o inventato, lo si attacca in branco, perché sdoganati e inorgogliti dall’appartenenza a un gruppo, meglio se molto ampio. L’unione fa la forza ma anche la vigliaccheria. Se poi la propaganda mette in atto un lavaggio del cervello che giustifichi questo tipo di azioni non esiste più nessun tipo di freno.

 

Tornando al film, bene hanno fatto i due protagonisti, usciti traumaticamente dalla bolla del nazismo, a cercare in qualche modo, anche se ingenuo, di intralciarne il percorso.

Un modo estremamente delicato, in forte contrasto con la violenza delle SS. Ma come diceva Otto, un po’ di sabbia può fermare un grande meccanismo. Di conseguenza la reazione delle SS e l’accanimento nella ricerca del responsabile, per rimediare a un forellino in una diga, col timore esagerato che tutta la diga potesse cedere.

 

Rimane sempre il dubbio se in quel periodo vi fosse un’ubriacatura collettiva o se invece una buona parte dei tedeschi fosse scettica ma succube di un regime autoritario. È anche vero che non è così facile uscire dalle regole di un regime imposte con tanta violenza. Ma a ben vedere solo 18 lettere non sono state riconsegnate e tra queste alcune saranno state buttate direttamente da chi le ha trovate. Giusto una manciata di sabbia.

 

Silente



_______________________________________________________________________________________



Gran bel film e superlativa prova attoriale di Brendan Gleeson!
Quello che mi ha più impressionato è stato vedere sullo schermo l'entusiasmo popolare per il regime nazista: un accecamento collettivo che ha consentito ad Hitler di assumere legalmente il ruolo di cancelliere a far tempo dal gennaio 1933, primo indispensabile passo per acquisire poteri dittatoriali con un controllo poliziesco ferreo all'interno, una azione criminale di rapina nei confronti degli ebrei e delle altre minoranze etniche ed una politica militare aggressiva verso gli stati confinanti.  La frustrazione e disperazione del popolo tedesco per la disastrosa situazione economica ed il timore di una avanzata dei comunisti sulla spinta della rivoluzione bolscevica del '17 hanno costituito la premessa per sfogare la propria rabbia nei confronti delle forze politiche che avevano sottoscritto l'iniquo, disonorevole ed oltremodo oneroso trattato di pace di Versailles, spingendolo ad affidarsi e credere ad un personaggio ambizioso, spregiudicato e folle quale Hitler che prefigurava un immaginifico futuro radioso per la Germania. Facendo le debite proporzioni è una situazione collettiva non dissimile di quella individuale di donne che vengono attratte e scelgono compagni forti, rudi ed impulsivi per compensare le loro fragilità e paure, salvo trovarsi poi vittime di abusi ed atrocità (come convinto sostenitore della parità comunque penso ci siano altrettanti casi di maschi incauti, incerti, timorosi e fragili che scelgono compagne determinate, sicure e spregiudicate col rischio di esserne anch'essi vittime, raramente con evidente e spettacolare spargimento di sangue, ma con non minori sofferenze sul piano emotivo e psicologico).
La capacità di sopportazione e probabilmente anche la testardaggine nel non voler ammettere a se stessi errori madornali è veramente sorprendente sia a livello di singoli che di popoli e viene intaccata solo a fronte di accadimenti tragici che col senno di poi erano abbastanza prevedibili.
È il caso di Otto ed Anna: solo la morte del figlio frantuma il velo di ipocrisia che non permetteva loro di vedere l'orrore che permeava la vita loro e della nazione tutta e li induce ad un gesto di ribellione che permette di mitigare il dolore ed allo stesso tempo ritrovare quel rispetto di se stessi che si erano resi conto aver inconsciamente perso nei lunghi anni di accettazione supina del regime.  È anche il caso dell'ispettore Escherich, intelligente e scrupoloso che davanti alla crudeltà e stupidità del colonnello delle SS che lo offende e colpisce brutalmente perde la fede nella causa nazista e, una volta portato a termine il suo lavoro da buon tedesco,  getta dalla finestra le cartoline di Otto, mettendole così a disposizione dei passanti  e si spara un colpo intesta: l'uccisione a freddo dell'ex marito della postina e la rabbia con cui sul finale scaglia il bicchiere in testa all'inerme Otto testimoniano il suo travaglio interiore che lo porta al gesto di ribellione ed al suicidio.  Le immagini della rassegnazione e tristezza con cui i berlinesi spostano le macerie delle case distrutte dai bombardamenti aerei non fanno invece trasparire alcun tardivo ed ormai inutile sentimento di ribellione ma solo la consapevolezza di aver contribuito con la loro insipienza ad una catastrofe di dimensioni planetarie. La condanna dei prepotenti va sempre stigmatizzata senza se e senza ma: nei casi di violenza privata quella santa donna di mia madre li definiva "spurscelent" che era l'epiteto con cui manifestava al massimo grado la sua riprovazione ed il suo disprezzo, ma non mancava di sottolineare l'imprudenza e leggerezza delle povere vittime; questa leggerezza ed imprudenza sono molto più gravi quando si passa dal singolo, che in fondo rischia in proprio, a comportamenti collettivi ove il senso di responsabilità si diluisce fino ad annullarsi e l'esaltazione rasenta l'isteria, con risultati negativi che possono andare ben al di là delle intenzioni di chi li promuove.
franco.     francogarga@gmail.com

___________________________________________________________________________



Il film ci conduce quasi subito nell’atmosfera plumbea della quotidianità popolare della Germania nazista degli anni ’40: inizia con la morte di un giovane tedesco e termina con il suicidio di un altro, in mezzo due suicidi-omicidi e due decapitati; soltanto due genitori disperati, un operaio autolesionista, una postina e un giudice in pensione con circa diciotto anonimi lettori rappresentano tutta l’opposizione berlinese.
Avendo già visto il film, ho seguito soprattutto l’Ispettore Escherich, il personaggio forse più significativo per capire l'involuzione totalitaria della società tedesca. Tra lo Javert di Hugo e l’Holmes di Conan Doyle, ingaggia una sfida personale da esperto criminologo, quale si ritiene, con la mente del criminale. Molto convincente la mappa e le bandierine che raffigurano le sue ipotesi per individuare i comportamenti della sua preda.
Il suicidio finale rappresenta la prova dell’esito inevitabile di ogni sistema totalitario. La sua intelligenza investigativa, ossia l’orgoglio di “perverso” segugio, peraltro omicida di un innocente e in parte responsabile della morte di Anna (Elise), appaiono superflui. La violenza del regime lo ha ormai domato e inghiottito; se ambiva a una sorta di rispetto e a uno spazio di autonomia, differente dalla semplice brutalità militare, ora s’accorge di essere anche lui diventato semplicemente un uomo-ombra.

PS Una piccola polemica per i motivi della scelta perché i ricordati Il figlio di Saul e Austerlitz, con Lettere da Berlino sono stati girati nel 2015-16. Nelle proposte di fine anno avevo suggerito 1945 (2017) di Török, b/n, atmosfera da Il Nastro Bianco, forse solo in ungherese, ma sottotitolato, tratta un aspetto poco trattato (non solo al cinema) della Shoah … magari l’anno prossimo?

Quartotempo