ORION MOVIES
CENTRO FRANCESCANO ARTISTICO ROSETUM
via Pisanello 1
20146 - MILANO
I
COMMENTI DEL PUBBLICO
Fai click QUI per inviarci la tua recensione (nel messaggio indica se vuoi che l'indirizzo e-mail si pubblicato e a quale proiezione hai partecipato)
Fai click QUI per visualizzare le recensioni dei cicli tematici precedenti
Interessante l’accostamento Dunkirk e L’ora più buia che, anche
se diversissimi tra loro, narrano da punti di vista opposti la ventina di
giorni che hanno cambiato il corso della seconda guerra mondiale.
Come possiamo definire il
primo un film di sguardi, il secondo è indubbiamente un film di parole.
L’ora più buia si avvale
infatti, oltre che della mirabile interpretazione di Gary Oldman (che consiglio
vivamente di gustare in originale), anche della guizzante sceneggiatura che,
senza risparmiare un bel po’ di retorica patriottica (che però qui è più
sopportabile che in altri ambiti), utilizza con abilità l’humor caustico di
Churchill e la sua capacità dialettica, con un ritmo tambureggiante che
bene rende la drammaticità del momento storico.
Il film si arena un po’
nelle scene ripetitive e per certi versi ridicole del gabinetto di guerra e
annessi, ma riemerge alla grande nella scena in metropolitana, dove Churchill,
dopo avere detto divertito di non averci mai messo piede, va a cercare
ispirazione sulla decisione da prendere, messo alle strette da membri del
governo che vogliono imporrare colloqui di pace, per lui inconcepibili.
Ammetto un momento di
commozione e ammirazione per la forza morale degli inglesi (...che forse si è
un po’ persa per strada).
Ho molto apprezzato anche
il ruolo e la recitazione di Kristin Scott Thomas (bravissima), la cui presenza
è dosata sapientemente a sottolineare il ruolo determinante di sostegno che la
moglie ha avuto nella carriera di Winston.
In questo senso il film ci
restituisce un’immagine privata molto tenera, non scevra da debolezze tenute a
bada da una incrollabile fiducia nelle proprie visioni e da un ostinato dovere
alla resistenza che può essere scambiato per cinismo quando decide il
sacrificio di una guarnigione per, forse, riuscire a salvare quello che resta
di una esercito.
Gerry
_________________________________________________________________________-
"Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare" (Blutarski in "Animal
House" di John Landis del 1978). Certo può apparire irriverente ed improprio
paragonare John Belushi a Winston Churchill, ma in fondo è proprio quel
carattere deciso, determinato e sprezzante, che gli aveva fino a quel momento
inimicato gran parte del suo stesso partito, ad accreditarlo come il più adatto
ad assumersi la responsabilità di spezzare il nodo gordiano tra avviare
disonorevoli trattative con Hitler o proseguire la guerra malgrado la
inferiorità delle forze in campo. Non era una scelta facile ed è un grande
merito del film evidenziare i dubbi che non hanno mancato di assillare il
protagonista: si trattava di scegliere la meno peggio tra due soluzioni,
entrambe negative, mettendo sulla bilancia un disomogeneo confronto tra il
sacrificio di vite umane (Londra fu poi una delle città europee col maggior
numero di vittime civili per bombardamenti aerei) e l'accettazione di condizioni
umilianti per la patria.
Magistrali per misura ed incisività i brevi
spezzoni che illustrano il ruolo giocato dal re Giorgio VI. Da sempre amico e
vicino alle posizioni di Chamberlein ed Halifax, ha uno scatto d'orgoglio e
disgustato dai loro inviti di mettersi al riparo con tutta la famiglia reale in
Canada, quasi a volerlo correo delle loro prudenti e pavide intenzioni e memore
del ruolo di potenza mondiale egemone rivestita sino ad allora dal Paese decide
di sostenere Churchill, costringendo l'intero partito conservatore a rinnovargli
la fiducia sul tema del proseguimento della guerra.
Ma non meno importante di
quello del re appare nel film il sostegno del popolo che ritrova nel
comportamento e nella retorica di Churchill quel sentimento d'appartenenza e
quell'orgoglio che costituiscono il collante necessario perché un aggregato di
persone possa qualificarsi nazione.
Nel dibattito qualcuno non ha mancato di
fate dell'ironia ("gli inglesi attuali non sono più quelli di una volta")
riferendosi alle attuali vicende legate alla brexit e qui il discorso si
dovrebbe allargare sull'opportunità di scaricare sul popolo il peso di decisioni
che i partiti non riescono o non vogliono prendere. In quel drammatico mese di
maggio 1940, per fortuna, non ci fu ne il tempo ne la tentazione di indire un
referendum che non escluderei affatto avrebbe potuto dare un esito favorevole
all'avvio di trattative. La democrazia, che con tutti i suoi difetti resta pur
sempre il migliore dei sistemi politici possibili, si basa sula rappresentanza
indiretta esercitata tramite il voto ed in questo sta la sovranità del popolo
che se male interpretato ha sempre la possibilità di ribaltare la maggioranza di
governo grazie al voto ed alle altre salvaguardie costituzionali che ne
garantiscono il regolare esercizio. Churchill seppe cogliere lo spirito
"profondo" del paese (nel film al primo ministro sono bastate due fermate di
metropolitana per avere una conferma all'intuizione sua e del re) e vincere
l'impasse che stava co e oggi bloccando governo e parlamento: chissà se nelle
attuali condizioni avrebbero saputo fare meglio della May e di Elisabetta II
!. Certo la situazione attuale è difficile seppur meno drammatica di quella
del film, ma è terribilmente complessa sotto gli aspetti tecnico-economici e
politicamente vieppiù complicata perché nata dall'esito di un referendum
popolare, improvvido istituto di falsa democrazia, non a caso tanto caro ai
populisti sia di destra che di sinistra.
franco francogarga@gmail.com
______________________________________________________________________
Complementare a Dunkirk
che ci mostrava cosa avveniva sul campo di battaglia in un momento drammatico.
L'ora più buia racconta invece come vennero prese le decisioni a livello del
governo britannico. Tutto molto interessante di questo film: dalla descrizione
del contesto politico a quella del personaggio Churcil in tutti i suoi aspetti
positivi e negativi. Oltre due ore di film avvincente che scorrono via veloci.
Protagonista la parola. Mi pare che il regista abbia ben rappresentato la figura
complessa di Churcill che fino alla fine ha incarnato pienamente lo spirito
dell'impero britannico. Una personalità molto orgogliosa, con un grande senso
dello stato, consapevole del pericolo del nazismo, tenace e capace di rischiare,
che viene decantata in quanto ha saputo prendere decisioni contestate dai suoi
stessi compagni di partito ma che si sarebbero rivelate giuste per l'Europa
intera. Un film che fa riflettere sulle caratteristiche che in certe circostanze
devono avere le persone di governo ma che hanno bisogno sempre di essere
bilanciate da istituzioni democratiche ispirate alla dialettica e alla
suddivisione ed equilibrio fra i poteri, per evitare che individui spregiudicati
e di carattere troppo forte prendano il sopravvento e volgano a soluzione auto
e/o eterodistruttive.
Mimosa
_____________________________________________________________________
Un
signore alle mie spalle russava e verso i tre quarti del film devo ammettere che
anche le mie palpebre si sono fatte pesanti, nonostante un’opera costruita con
cura maniacale e la magistrale interpretazione di Gary Oldman, premio Oscar
appunto.
Qui
molti dialoghi e niente azione mentre in Dunkirk solo azione e niente dialoghi.
Non
mi ha entusiasmato. Forse sono incontentabile.
Come dice Marco, un film scomodo. Non perché non si
capisca ma perché letteralmente non mi riusciva di stare ferma sulla sedia.
Troppa tensione. Non una goccia di sangue ma il nemico era dappertutto. Angoscia
allo stato puro. Fatto bene, niente da dire dal punto di vista tecnico ed un
sonoro splendido in quanto funzionale a sottolineare la tragicità della
situazione e i pochi momenti di sollievo lieve. Scarno di dialoghi, sensoriale,
arrivava dritto alle emozioni. Interessante dal punto di vista storico. Retorico
al punto giusto. Un po' di retorica ci sta quando si tratta di lotta al nazismo
e per grandi ideali.
L'angoscia provata davanti a questo film purtroppo
non svanisce con il lieto fine ma rimanda automaticamente a tutte le situazioni
di guerra del mondo. Terribile!
P.S.: Nel commento al film precedente Libere,
disobbedienti, innamorate, nell'incipit ho fatto un lapsus: si trattava
ovviamente di terra di Israele e non di Palestina e da questo discendeva il
senso delle mie considerazioni. Mi scuso con gli amici lettori.
Mimosa
________________________________________________________________________
Eccellente film dal punto di vista tecnico ma per il
resto troppo retorico. Un’immagine patinata e spettacolarizzata della guerra,
quasi un’esaltazione da videogame. Mille morti ma neanche una goccia di sangue.
Un nemico talmente disumanizzato da non apparire fisicamente mai. Una visione
idealizzata degli inglesi, che nelle colonizzazioni non hanno risparmiato sulla
violenza. Uno spitfire che, incredibilmente, veleggia più di un aliante.
Dialoghi inesistenti sostituiti da tanti boom! ratatata! bang! blam! zip! clang!
crash! kaboom! Efficace, però, la musica, inquietante quanto serve. Concludendo,
quasi un film per famiglie, completo di buoni, cattivi ed eroi. Vabbè. Vuoi
mettere con Full Metal Jacket?
“Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”.
(Brecht)
P.S. Degna di nota la similitudine dei naufraghi, dal viso sporco di nero, con quella dei migranti. “Nessuno sforzo deve essere risparmiato per salvare le vite di quanti sono in pericolo in mare”. (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati).
_________________________________________________________________________________
Se la finalità di Nolan era quella di farci vedere quanto sia crudele, stupida
ed angosciante la guerra, ci è pienamente riuscito ed è in particolare
l'aggettivo angosciante quello che ho sentito più frequentemente sillabare nel
corso del dibattito e negli informali scambi interpersonali all'uscita della
sala: è lo stato d'animo ed il disagio di chi assiste alle sofferenze inflitte
da forze preponderanti a persone non in grado di difendersi ed infatti gli unici
momenti "rilassanti" del film sono quelli dei combattimenti aerei che vedevano i
contendenti "giocare" più o meno alla pari.
Al di fuori di questo indubbio
merito, il film non mi è piaciuto e pur premettendo la mia scarsissima
competenza cinematografica sotto l'aspetto puramente tecnico, non mi hanno
convinto le argomentazioni dei conduttori sul sapiente ed originale incastro dei
3 momenti in cui si articolano le azioni (1 settimana, 1 giorno, 1 ora): l'ho
trovato lungo e noioso, fatti salvi singoli episodi oggettivamente spettacolari
e coinvolgenti; il duello aereo limitato a tre velivoli per ognuna delle forze
in campo mi è sembrato in po' troppo limitativo di una realtà che ha visto
l'abbattimento di 100 velivoli della RAF e 150 della LUFTWAFFE. D'accordo
parliamo di cinema ed alle volte è necessario od opportuno adattare la realtà
alle esigenze ed alla coerenza della specifica narrazione filmica, ma qui ci si
riferisce ad un episodio realmente accaduto trattato con uno spirito quasi
documentaristico!
Inoltre si sente la mancanza di veri protagonisti
rappresentati con qualcuna delle molteplici sfaccettature che caratterizzano un
essere umano che non sia solamente la paura e le reazioni immediate dettate
dall'istinto di sopravvivenza (chessò una fidanzata, una famiglia, un amico...).
Il prossimo film "l'ora più buia" nel trattare lo stesso episodio mette al
centro il personaggio di Churchill con tutti o meglio alcune sue virtù e difetti
rendendo la narrazione molto più appassionante e gradevole.
Non condivido
l'aggancio che ha fatto Carolina tra il dramma degli africani che cercano di
sbarcare in Europa soccorsi in mare e l'aiuto prestato ai commilitoni dei
vascelli affondati dal nemico: unico fattore comune il viso scuro degli uni per
questioni genetiche e gli altri per il combustibile fuoruscito dalle
imbarcazioni affondate. È una inutile conferma di quella sensibilità e buon
cuore che anche senza questo tipo di affermazioni si può accreditare subito a
prima vista a Carolina; la nostra società può essere vista come fatta a cerchi
concentrici a partire dalla famiglia, per passare al comune, allo stato e per
ora al globo terrestre (per la galassia e l'universo tutto possiamo aspettare
ancora un po') in ognuno dei quali vigono diritti, doveri e sensibilità via via
decrescenti. Lo stato per essere tale deve avere e proteggere i suoi confini ed
il dovere morale di assistere profughi (dico morale perché dettati
costituzionali su temi di questa specie sono talmente generici ed utopistici che
possono essere valorizzati solo come indicazione ed obiettivi di lungo termine)
dovrebbe essere esercitato sviluppando il più possibile i canali legali tramite
i consolati all 'estero in stretto rapporto con la concreta possibilità di
lavoro ed accoglienza. Diversamente si assume quell'atteggiamento ben descritto
da Amos Oz nel breve saggio "cari fanatici" di chi vuole a tutti i costi imporre
agli altri comportamenti virtuosi, col risultato di favorire forze politiche
conservatrici ostili ad ogni tipo di visione sovrannazionale della
realtà.
Sul finire del dibattito di venerdì scorso Carolina ha fatto presente
che Nolan ha tratto ispirazione da 11 film d'autore: mi ha colpito la presenza
di "AURORA" di Friedrich Murnau che combinazione stavo cercando di vedere
proprio in questi giorni da DVD (film del 1927, bianco e nero, muto: da
tagliarsi le vene!) e mi viene il sospetto che lo possa aver seriamente
influenzato nella realizzazione di Dunkirk.
franco. francogarga@gmail.com
_______________________________________________________________________________
Film indubbiamente interessante,anzi, proprio bello. Uno sguardo
insolito su uno scenario di guerra. Il regista ha dichiarato di voler creare un
ritmo diverso da tutti gli altri film di guerra e ci è riuscito.
Non c’è una vera trama ma
diverse situazioni, alcune ripetute in modo ossessivo e senza successo, come la
corsa con la barella per mettersi in salvo o l’interminabile duello
aereo.
Questo andare, andare e
trovarsi poi sempre al punto di partenza, in un inutile moto perpetuo, mi ha
creato un’ansia insopportabile.
Però rende bene la
precarietà e l’imprevedibilità che regola le vite dei poveri soldatini,
silenziosi e ordinati in file composte, in attesa di un naviglio che li riporti
in patria, così vicina ma così irraggiungibile.
Le poche navi che
attraccano vengono, una dopo l’altra, affondate dalle bombe delle forze
nemiche che sorvolano la spiaggia e mitragliano i giovani in attesa, non appena
si accende la speranza di potercela fare.
Sarei fuggita.
Anche la musica,
ossessiva, ha aumentato l’ansia.
Non sono mancati però
epici atti di coraggio e un po’ di retorica sulla forza morale e fisica dei
britannici, in un mosaico solo apparentemente senza capo né coda, come solo la
guerra può essere.
Gerry
___________________________________________________________________________________