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CENTRO FRANCESCANO ARTISTICO ROSETUM

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L'ORA   PIU'  BUIA

Interessante l’accostamento Dunkirk e L’ora più buia che, anche se diversissimi tra loro, narrano da punti di vista opposti la ventina di giorni che hanno cambiato il corso della seconda guerra mondiale. 

Come possiamo definire il primo un film di sguardi, il secondo è indubbiamente un film di parole. 

L’ora più buia si avvale infatti, oltre che della mirabile interpretazione di Gary Oldman (che consiglio vivamente di gustare in originale), anche della guizzante sceneggiatura che, senza risparmiare un bel po’ di retorica patriottica (che però qui è più sopportabile che in altri ambiti), utilizza con abilità l’humor caustico di Churchill e la  sua capacità dialettica, con un ritmo tambureggiante che bene rende la drammaticità del momento storico. 

Il film si arena un po’ nelle scene ripetitive e per certi versi ridicole del gabinetto di guerra e annessi, ma riemerge alla grande nella scena in metropolitana, dove Churchill, dopo avere detto divertito di non averci mai messo piede, va a cercare ispirazione sulla decisione da prendere, messo alle strette da membri del governo che vogliono imporrare colloqui di pace, per lui inconcepibili. 

Ammetto un momento di commozione e ammirazione per la forza morale degli inglesi (...che forse si è un po’ persa per strada). 

Ho molto apprezzato anche il ruolo e la recitazione di Kristin Scott Thomas (bravissima), la cui presenza è dosata sapientemente a sottolineare il ruolo determinante di sostegno che la moglie ha avuto nella carriera di Winston. 

In questo senso il film ci restituisce un’immagine privata molto tenera, non scevra da debolezze tenute a bada da una incrollabile fiducia nelle proprie visioni e da un ostinato dovere alla resistenza che può essere scambiato per cinismo quando decide il sacrificio di una guarnigione per, forse, riuscire a salvare quello che resta di una esercito. 

Gerry

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"Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare" (Blutarski in "Animal House" di John Landis del 1978). Certo può apparire irriverente ed improprio paragonare John Belushi a Winston Churchill, ma in fondo è proprio quel carattere deciso, determinato e sprezzante, che gli aveva fino a quel momento inimicato gran parte del suo stesso partito, ad accreditarlo come il più adatto ad assumersi la responsabilità di spezzare il nodo gordiano tra avviare disonorevoli trattative con Hitler o proseguire la guerra malgrado la inferiorità delle forze in campo. Non era una scelta facile ed è un grande merito del film evidenziare i dubbi che non hanno mancato di assillare il protagonista: si trattava di scegliere la meno peggio tra due soluzioni, entrambe negative, mettendo sulla bilancia un disomogeneo confronto tra il sacrificio di vite umane (Londra fu poi una delle città europee col maggior numero di vittime civili per bombardamenti aerei) e l'accettazione di condizioni umilianti per la patria.
Magistrali per misura ed incisività i brevi spezzoni che illustrano il ruolo giocato dal re Giorgio VI.  Da sempre amico e vicino alle posizioni di Chamberlein ed Halifax, ha uno scatto d'orgoglio e disgustato dai loro inviti di mettersi al riparo con tutta la famiglia reale in Canada, quasi a volerlo correo delle loro prudenti e pavide intenzioni e memore del ruolo di potenza mondiale egemone rivestita sino ad allora dal Paese decide di sostenere Churchill, costringendo l'intero partito conservatore a rinnovargli la fiducia sul tema del proseguimento della guerra.
Ma non meno importante di quello del re appare nel film il sostegno del popolo che ritrova nel comportamento e nella retorica di Churchill quel sentimento d'appartenenza e quell'orgoglio che costituiscono il collante necessario perché un aggregato di persone possa qualificarsi nazione.
Nel dibattito qualcuno non ha mancato di fate dell'ironia ("gli inglesi attuali non sono più quelli di una volta") riferendosi alle attuali vicende legate alla brexit e qui il discorso si dovrebbe allargare sull'opportunità di scaricare sul popolo il peso di decisioni che i partiti non riescono o non vogliono  prendere. In quel drammatico mese di maggio 1940, per fortuna, non ci fu ne il tempo ne la tentazione di indire un referendum che non escluderei affatto avrebbe potuto dare un esito favorevole all'avvio di trattative. La democrazia, che con tutti i suoi difetti resta pur sempre il migliore dei sistemi politici possibili, si basa sula rappresentanza indiretta esercitata tramite il voto ed in questo sta la sovranità del popolo che se male interpretato ha sempre la possibilità di ribaltare la maggioranza di governo grazie al voto ed alle altre salvaguardie costituzionali che ne garantiscono il regolare esercizio. Churchill seppe cogliere  lo spirito "profondo" del paese (nel film al primo ministro sono bastate due fermate di metropolitana per avere una conferma all'intuizione sua e del re) e vincere l'impasse che stava co e oggi bloccando governo e parlamento: chissà se nelle attuali condizioni avrebbero saputo fare meglio della May e di Elisabetta II !.   Certo la situazione attuale è difficile seppur meno drammatica di quella del film, ma è terribilmente complessa sotto gli aspetti tecnico-economici e politicamente vieppiù complicata perché nata dall'esito di un referendum popolare, improvvido istituto di falsa democrazia, non a caso tanto caro ai populisti sia di destra che di sinistra.


franco     francogarga@gmail.com

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Complementare a Dunkirk che ci mostrava cosa avveniva sul campo di battaglia in un momento drammatico. L'ora più buia racconta invece come vennero prese le decisioni a livello del governo britannico. Tutto molto interessante di questo film: dalla descrizione del contesto politico a quella del personaggio Churcil in tutti i suoi aspetti positivi e negativi. Oltre due ore di film avvincente che scorrono via veloci. Protagonista la parola. Mi pare che il regista abbia ben rappresentato la figura complessa di Churcill che fino alla fine ha incarnato pienamente lo spirito dell'impero britannico. Una personalità molto orgogliosa, con un grande senso dello stato, consapevole del pericolo del nazismo, tenace e capace di rischiare, che viene decantata in quanto ha saputo prendere decisioni contestate dai suoi stessi compagni di partito ma che si sarebbero rivelate giuste per l'Europa intera. Un film che fa riflettere sulle caratteristiche che in certe circostanze devono avere le persone di governo ma che hanno bisogno sempre di essere bilanciate da istituzioni democratiche ispirate alla dialettica e alla suddivisione ed equilibrio fra i poteri, per evitare che individui spregiudicati e di carattere troppo forte prendano il sopravvento e volgano a soluzione auto e/o eterodistruttive.

Mimosa

 

 

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Un signore alle mie spalle russava e verso i tre quarti del film devo ammettere che anche le mie palpebre si sono fatte pesanti, nonostante un’opera costruita con cura maniacale e la magistrale interpretazione di Gary Oldman, premio Oscar appunto.

Qui molti dialoghi e niente azione mentre in Dunkirk solo azione e niente dialoghi.

Non mi ha entusiasmato. Forse sono incontentabile.





DUNKIRK

Come dice Marco, un film scomodo. Non perché non si capisca ma perché letteralmente non mi riusciva di stare ferma sulla sedia. Troppa tensione. Non una goccia di sangue ma il nemico era dappertutto. Angoscia allo stato puro. Fatto bene, niente da dire dal punto di vista tecnico ed un sonoro splendido in quanto funzionale a sottolineare la tragicità della situazione e i pochi momenti di sollievo lieve. Scarno di dialoghi, sensoriale, arrivava dritto alle emozioni. Interessante dal punto di vista storico. Retorico al punto giusto. Un po' di retorica ci sta quando si tratta di lotta al nazismo e per grandi ideali.

L'angoscia provata davanti a questo film purtroppo non svanisce con il lieto fine ma rimanda automaticamente a tutte le situazioni di guerra del mondo. Terribile!

P.S.: Nel commento al film precedente Libere, disobbedienti, innamorate, nell'incipit ho fatto un lapsus: si trattava ovviamente di terra di Israele e non di Palestina e da questo discendeva il senso delle mie considerazioni. Mi scuso con gli amici lettori.

Mimosa

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Eccellente film dal punto di vista tecnico ma per il resto troppo retorico. Un’immagine patinata e spettacolarizzata della guerra, quasi un’esaltazione da videogame. Mille morti ma neanche una goccia di sangue. Un nemico talmente disumanizzato da non apparire fisicamente mai. Una visione idealizzata degli inglesi, che nelle colonizzazioni non hanno risparmiato sulla violenza. Uno spitfire che, incredibilmente, veleggia più di un aliante. Dialoghi inesistenti sostituiti da tanti boom! ratatata! bang! blam! zip! clang! crash! kaboom! Efficace, però, la musica, inquietante quanto serve. Concludendo, quasi un film per famiglie, completo di buoni, cattivi ed eroi. Vabbè. Vuoi mettere con Full Metal Jacket?

 

“Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi”. (Brecht)

 

P.S. Degna di nota la similitudine dei naufraghi, dal viso sporco di nero, con quella dei migranti. “Nessuno sforzo deve essere risparmiato per salvare le vite di quanti sono in pericolo in mare”. (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati).



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Se la finalità di Nolan era quella di farci vedere quanto sia crudele, stupida ed angosciante la guerra, ci è pienamente riuscito ed è in particolare l'aggettivo angosciante quello che ho sentito più frequentemente sillabare nel corso del dibattito e negli informali scambi interpersonali all'uscita della sala: è lo stato d'animo ed il disagio di chi assiste alle sofferenze inflitte da forze preponderanti a persone non in grado di difendersi ed infatti gli unici momenti "rilassanti" del film sono quelli dei combattimenti aerei che vedevano i contendenti "giocare" più o meno alla pari.
Al di fuori di questo indubbio merito, il film non mi è piaciuto e pur premettendo la mia scarsissima competenza cinematografica sotto l'aspetto puramente tecnico, non mi hanno convinto le argomentazioni dei conduttori sul sapiente ed originale incastro dei 3 momenti in cui si articolano le azioni (1 settimana, 1 giorno, 1 ora): l'ho trovato lungo e noioso, fatti salvi singoli episodi oggettivamente spettacolari e coinvolgenti; il duello aereo limitato a tre velivoli per ognuna delle forze in campo mi è sembrato in po' troppo limitativo di una realtà che ha visto l'abbattimento di 100 velivoli della RAF e  150 della LUFTWAFFE. D'accordo parliamo di cinema ed alle volte è necessario od opportuno adattare la realtà alle esigenze ed alla coerenza della specifica narrazione filmica, ma qui ci si riferisce ad un episodio realmente accaduto trattato con uno spirito quasi documentaristico!
Inoltre si sente la mancanza di veri protagonisti rappresentati con qualcuna delle molteplici sfaccettature che caratterizzano un essere umano che non sia solamente la paura e le reazioni immediate dettate dall'istinto di sopravvivenza (chessò una fidanzata, una famiglia, un amico...).
Il prossimo film  "l'ora più buia" nel trattare lo stesso episodio mette al centro il personaggio di Churchill con tutti o meglio alcune sue virtù e difetti rendendo la narrazione molto più appassionante e gradevole.
Non condivido l'aggancio che ha fatto Carolina tra il dramma degli africani che cercano di sbarcare in Europa soccorsi in mare e l'aiuto prestato ai commilitoni dei vascelli affondati dal nemico: unico fattore comune il viso scuro degli uni per questioni genetiche e gli altri per il combustibile fuoruscito dalle imbarcazioni affondate. È una inutile conferma di quella sensibilità e buon cuore che anche senza questo tipo di affermazioni si può accreditare subito a prima vista a Carolina; la nostra società può essere vista come fatta a cerchi concentrici a partire dalla famiglia, per passare al comune, allo stato e per ora al globo terrestre (per la galassia e l'universo tutto possiamo aspettare ancora un po') in ognuno dei quali vigono diritti, doveri e sensibilità via via decrescenti. Lo stato per essere tale deve avere e proteggere i suoi confini ed il dovere morale di assistere profughi (dico morale perché dettati costituzionali su temi di questa specie sono talmente generici ed utopistici che possono essere valorizzati solo come indicazione ed obiettivi di lungo termine) dovrebbe essere esercitato sviluppando il più possibile i canali legali tramite i consolati all 'estero in stretto rapporto con la concreta possibilità di lavoro ed accoglienza. Diversamente si assume quell'atteggiamento ben descritto da Amos Oz nel breve saggio "cari fanatici" di chi vuole a tutti i costi imporre agli altri comportamenti virtuosi, col risultato di favorire forze politiche conservatrici ostili ad ogni tipo di visione sovrannazionale della realtà.
Sul finire del dibattito di venerdì scorso Carolina ha fatto presente che Nolan ha tratto ispirazione da 11 film d'autore: mi ha colpito la presenza di "AURORA" di Friedrich Murnau che combinazione stavo cercando di vedere proprio in questi giorni da DVD (film del 1927, bianco e nero, muto: da tagliarsi le vene!) e mi viene il sospetto che lo possa aver seriamente influenzato nella realizzazione di Dunkirk.


franco.  francogarga@gmail.com


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Film indubbiamente interessante,anzi, proprio bello. Uno sguardo insolito su uno scenario di guerra. Il regista ha dichiarato di voler creare un ritmo diverso da tutti gli altri film di guerra e ci è riuscito. 

Non c’è una vera trama ma diverse situazioni, alcune ripetute in modo ossessivo e senza successo, come la corsa con la barella per mettersi in salvo o l’interminabile duello aereo. 

Questo andare, andare e trovarsi poi sempre al punto di partenza, in un inutile moto perpetuo, mi ha creato un’ansia insopportabile. 

Però rende bene la precarietà e l’imprevedibilità che regola le vite dei poveri soldatini, silenziosi e ordinati in file composte, in attesa di un naviglio che li riporti in patria, così vicina ma così irraggiungibile. 

Le poche navi  che attraccano vengono, una dopo l’altra, affondate dalle bombe  delle forze nemiche che sorvolano la spiaggia e mitragliano i giovani in attesa, non appena si accende la speranza di potercela fare. 

Sarei fuggita. 

Anche la musica, ossessiva, ha aumentato l’ansia. 

Non sono mancati però epici atti di coraggio e un po’ di retorica sulla forza morale e fisica dei britannici, in un mosaico solo apparentemente senza capo né coda, come solo la guerra può essere. 

Gerry

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Non ho partecipato alla discussione;
trovo i film di guerra noiosi:
i soliti caratteri, i videogiochi tra aeroplanini, ecc.
Forse era utile una didascalia finale con il numero delle vittime... invece ci si sofferma su un mozzo (un eroe!) uccisoproprio da un inglese!

Spiace infine vedere Kenneth Branagh (Il comandante Bolton) impegnato a passeggiare sul molo con un’espressione tra il
baccalà e lo stoccafisso.

Quartotempo