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THE POST


Avevo già detto in passato che gli americani non perdono mai l'occasione di mostrarsi migliori di quello che sono. Comunque per me non guasta un po' di retorica quando è giustificata (e anche questo lo dicevo l'ultima volta) dall'affermazione di importanti ideali di giustizia, democrazia e libertà.

È soprattutto un film giustamente divulgativo di un episodio importante per la democrazia degli Stati Uniti e quasi premonitore di quello che sarebbe successo poco dopo con il Watergate e l'impeachment di Richard Nixon.

L’ho trovato un po' faticoso per una buona metà e poco appassionante in generale ma non perché si sapesse già come andava a finire. Non saprei nemmeno io esattamente il motivo; i buoni ingredienti c'erano tutti ma non è riuscito a trasmettermi il pathos di quegli storici avvenimenti. Egregia l'interpretazione di Meryl Streep nel ruolo complesso di una donna che davvero si trasforma tanto, segnando un'importante vittoria in favore dell’emancipazione femminile; imbarazzante ma maestosa l'apparizione in camicia da notte in mezzo a quel consesso di uomini in assetto di gran consulto. Certamente più convincente di Tom Hanks che avrei preferito meno statico e che non ha dovuto interpretare alcun travaglio interiore (soltanto un'illuminazione sulle indecisioni di Katharine ad opera della moglie). Le inquadrature di lui erano sempre un po' di traverso ma forse ciò avveniva per farlo apparire come comprimario e mettere in risalto la protagonista, in realtà più dimessa in quanto doveva interpretare il ruolo di una donna in una posizione prestigiosa ma fondamentalmente semplice e tradizionale.

Mimosa

 

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The post è il classico film, davvero classico, che andrebbe visto almeno un paio di volte e dopo essersi informati, se si è interessati, su quel pezzo di storia americana.

A una prima visione e per tutta la prima parte appare un po’ ostico. Troppi riferimenti a fatti e persone statunitensi. Poi piano piano prende comunque ritmo con un finale trionfale. Decisamente ben costruito e altrettanto recitato è un tipico prodotto alla Spielberg.

Toni un po’ enfatici, un po’ di retorica e suoni di tromba nel finale. Americanissimo.

Ho apprezzato, con un po’ di nostalgia, quel tipo di procedimenti, ancora manuali, sia per la preparazione dei contenuti, sia per l’uso delle Linotype, sia per la stampa a rotocalco e infine la consegna dei giornali.

Oggi sembra preistoria alla Gutemberg.

 

Silente



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Qualche considerazione su un film che ho rivisto e apprezzato.
Le lentezze che sono presenti sembrano coincidere con i momenti di crisi dei redattori, pesci chiusi nell’acquario del direttore: senza notizie il giornale è fermo... poi arriva la scatola, il ritmo si rialza, fino al trionfo finale: dal basso del pavimento pieno di documenti alle notizie dei giornali che si protendono verso l’alto come colonne di una chiesa gotica.
Un punto invece debole di Spielberg è la narrazione pasticciata dei personaggi femminili.
Tony, moglie (trascurata, ma tutt’altro che sottomessa) di Ben, coglie il paradosso dell'invisibilità delle donne per lo sguardo maschile, prima su di sé (Tony rientra a casa e, al marito sul divano concentrato sui suoi problemi, si rivolge con domanda-risposta: “Ciao com’è andata la giornata?Bene grazie” e poi facendo capire al presuntuoso Ben che il rischio (e quindi la sfida più importante) spetta a una donna, Kay Graham. La stessa condizione di invisibilità tocca a quest’ultima nei confronti dei suoi consiglieri interessati. La scena dell’uscita dal tribunale tra due ali di folla solo femminile (vero o verosimile?) la vede con un’espressione, rivolta solo in macchina, che unisce sorpresa e compiacimento. Il regista risulta impacciato, vuole forzare il significato di una presa di coscienza più generale, ma si ferma e riporta Kay nella sua abituale afasia: il solito limite della dignitosa, ma solitaria bambolina ibseniana.
Circa il dibattito su realtà o finzione, penso che di vero in un film ci sia soltanto quella parte di verosimile alla quale diamo più credito per stare al gioco; per gli amanti di quell’agiografia senza santo che è l’Ora più buia, la sequenza della lunghissima fermata di metropolitana con il ragazzo nero che dà lezioni di democrazia nella Londra del 1940 è abbastanza emblematica, ma… è la lanterna magica, bellezza!


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Quartotempo

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Se c'erano due film da associare in uno dei tanti micro cicli che caratterizzano la nostra programmazione (logica che non condivido ed il fatto che il nostro cineforum sembra essere il solo ad articolarsi in siffatto modo, dovrebbe farci riflettere, visto che non ne abbiamo certo il copyright) erano proprio "the post" e "l'ora più buia" e l'avrei titolato "il peso del comando".
Questo "peso" è gravato tutto sulle spalle del re Giorgio VI e di Katharine Graham che, in situazioni drammatiche ed in piena solitudine, hanno dovuto addossarsi la responsabilità di prendere decisioni gravide di conseguenze per loro stessi e per le collettività che rappresentavano. Churchill e Ben Bradlee non hanno fatto altro che perseguire senza alcun scrupolo e con assoluta determinazione i loro obiettivi personali: lo statista da sempre mirava al posto di primo ministro ed il direttore del giornale a rivestire un ruolo di primo piano nella carta stampata a livello nazionale  ed entrambi erano ben consapevoli della straordinaria opportunità che non potevano assolutamente farsi sfuggire. La loro forza di carattere e la lunga militanza ed esperienza in ruoli apicali li avevano indotti sino a quel momento a considerare, l'uno il re e l'altro l'editrice, delle semplici comparse da blandire ed intrattenere giusto per salvare le apparenze di una gerarchia burocratica istituzionale. Però, giunti al momento di confermare le loro strategie senza più possibilità di recupero e correzione, vengono anch'essi assaliti da dubbi e perplessità che solo le inaspettate chiare prese di posizione del re e dell'editrice riescono a fugare, rimettendoli entrambi in pista, se possibile con maggior entusiasmo e determinazione.
Contraddittorio il comportamento delle due mogli: quella di Churchill volta a rassicurarlo sulla bontà delle sue scelte, mentre la Bradlee con encomiabile ed anomalo spirito di solidarietà tra donne, ad evidenziare al marito i rischi che stava addossando all'editrice, insinuando in lui i semi di un primo dubbio sull'opportunità della drastica scelta di sfidare Nixon e mettere il giornale a rischio.
 Ne "l'ora più buia" sono bastate poche brevi comparsate per mettere in risalto e rendere plausibile il comportamento di Giorgio VI: era il re e regnava dal 1936!. In "the post" ci si è dovuti focalizzare sulla figura della Graham facendole assumere un ruolo di coprotagonista. Giustamente si è scelto di mettere in risalto la sua consapevolezza di essere inadeguata ad un ruolo, rivestito suo malgrado dopo il suicidio del marito, per inesperienza ed anche perché unica donna in una realtà imprenditoriale di esclusivo appannaggio dell'universo maschile. Ma il nodo gordiano da sciogliere, come alle volte capita ai più alti gradi di comando, più che conoscenze tecnico/giuridiche implicava valutazioni d'ordine culturale e morale che non le difettavano e le hanno consentito di prendere una decisione netta e motivata che di riflesso l'hanno accreditata presso l'intero consiglio d'amministrazione di quella autorevolezza che sola qualifica e giustifica un posto di comando.
Punto di merito di"The post"è aver limitato al minimo sindacale la retorica celebrativa delle virtù della struttura statale USA magnificando solo la sentenza della Suprema Corte che ha salvaguardato la libertà di stampa contro le ingerenze dell'Amministrazione governativa e del Presidente. Con tutta probabilità l'esito della controversia giudiziaria ha avuto questa soluzione perché  tutti i principali quotidiani, dimenticando le reciproche rivalità e nel loro interesse, si sono associati alla battaglia del Post e del NYT con un fronte comune rappresentativo di quello che, come ci ha insegnato Orson Welles, a tutti gli effetti è un quarto potere che con pari dignità si può affiancare ai tre che Montesquieu elenca nello "spirito delle leggi" del 1748 (legislativo, esecutivo, giudiziario) propugnandone  la divisione ed indipendenza. La Corte Suprema, al di là degli altisonanti e suggestivi richiami al primo emendamento che sino ad allora era stato solo uno dei tanti bellissimi enunciati di principio delle carte costituzionali che hanno un indubbio prezioso valore di indirizzo, ma trovano mille difficoltà nell'applicazione pratica, non ha fatto altro che attestare questo stato di fatto in termini di forza e potere e porre la stampa sullo stesso piano del potere esecutivo.
franco   francogarga@gmail.com