ORION MOVIES
CENTRO FRANCESCANO ARTISTICO ROSETUM
via Pisanello 1
20146 - MILANO
I
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Avevo già detto in passato che gli americani non
perdono mai l'occasione di mostrarsi migliori di quello che sono. Comunque per
me non guasta un po' di retorica quando è giustificata (e anche questo lo dicevo
l'ultima volta) dall'affermazione di importanti ideali di giustizia, democrazia
e libertà.
È soprattutto un film giustamente divulgativo di un
episodio importante per la democrazia degli Stati Uniti e quasi premonitore di
quello che sarebbe successo poco dopo con il Watergate e l'impeachment di
Richard Nixon.
L’ho trovato un po' faticoso per una buona metà e
poco appassionante in generale ma non perché si sapesse già come andava a
finire. Non saprei nemmeno io esattamente il motivo; i buoni ingredienti c'erano
tutti ma non è riuscito a trasmettermi il pathos di quegli storici avvenimenti.
Egregia l'interpretazione di Meryl Streep nel ruolo complesso di una donna che
davvero si trasforma tanto, segnando un'importante vittoria in favore
dell’emancipazione femminile; imbarazzante ma maestosa l'apparizione in camicia
da notte in mezzo a quel consesso di uomini in assetto di gran consulto.
Certamente più convincente di Tom Hanks che avrei preferito meno statico e che
non ha dovuto interpretare alcun travaglio interiore (soltanto un'illuminazione
sulle indecisioni di Katharine ad opera della moglie). Le inquadrature di lui
erano sempre un po' di traverso ma forse ciò avveniva per farlo apparire come
comprimario e mettere in risalto la protagonista, in realtà più dimessa in
quanto doveva interpretare il ruolo di una donna in una posizione prestigiosa ma
fondamentalmente semplice e tradizionale.
Mimosa
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The
post è il classico film, davvero classico, che andrebbe visto almeno un paio di
volte e dopo essersi informati, se si è interessati, su quel pezzo di storia
americana.
A
una prima visione e per tutta la prima parte appare un po’ ostico. Troppi
riferimenti a fatti e persone statunitensi. Poi piano piano prende comunque
ritmo con un finale trionfale. Decisamente ben costruito e altrettanto recitato
è un tipico prodotto alla Spielberg.
Toni
un po’ enfatici, un po’ di retorica e suoni di tromba nel finale.
Americanissimo.
Ho
apprezzato, con un po’ di nostalgia, quel tipo di procedimenti, ancora manuali,
sia per la preparazione dei contenuti, sia per l’uso delle Linotype, sia per la
stampa a rotocalco e infine la consegna dei giornali.
Oggi
sembra preistoria alla Gutemberg.
Silente
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Qualche considerazione su un
film che ho rivisto e apprezzato.
Le lentezze che sono presenti sembrano
coincidere con i momenti di crisi dei redattori, pesci chiusi nell’acquario del
direttore: senza notizie il giornale è fermo... poi arriva la scatola, il ritmo
si rialza, fino al trionfo finale: dal basso del pavimento pieno di documenti
alle notizie dei giornali che si protendono verso l’alto come colonne di una
chiesa gotica.
Un punto invece debole di Spielberg è la narrazione
pasticciata dei personaggi femminili.
Tony, moglie (trascurata, ma tutt’altro
che sottomessa) di Ben, coglie il paradosso dell'invisibilità delle donne per lo
sguardo maschile, prima su di sé (Tony rientra a casa e, al marito sul divano
concentrato sui suoi problemi, si rivolge con domanda-risposta: “Ciao com’è
andata la giornata?Bene grazie” e poi facendo capire al presuntuoso Ben che il
rischio (e quindi la sfida più importante) spetta a una donna, Kay Graham. La
stessa condizione di invisibilità tocca a quest’ultima nei confronti dei suoi
consiglieri interessati. La scena dell’uscita dal tribunale tra due ali di folla
solo femminile (vero o verosimile?) la vede con un’espressione, rivolta solo in
macchina, che unisce sorpresa e compiacimento. Il regista risulta impacciato,
vuole forzare il significato di una presa di coscienza più generale, ma si ferma
e riporta Kay nella sua abituale afasia: il solito limite della dignitosa, ma
solitaria bambolina ibseniana.
Circa il dibattito su realtà o finzione, penso
che di vero in un film ci sia soltanto quella parte di verosimile alla quale
diamo più credito per stare al gioco; per gli amanti di quell’agiografia senza
santo che è l’Ora più buia, la
sequenza della lunghissima fermata di metropolitana con il ragazzo
nero che dà lezioni di democrazia nella Londra del 1940 è abbastanza
emblematica, ma… è la lanterna magica, bellezza!
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Quartotempo
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Se c'erano due film da associare in uno dei tanti micro cicli che caratterizzano la nostra programmazione (logica che non condivido ed il fatto che il nostro cineforum sembra essere il solo ad articolarsi in siffatto modo, dovrebbe farci riflettere, visto che non ne abbiamo certo il copyright) erano proprio "the post" e "l'ora più buia" e l'avrei titolato "il peso del comando".