ORION MOVIES
cinema OSOPPO
via Osoppo 2
20146 - MILANO
I
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PALAZZINA LAF
Questo film, che ha avuto diversi riconoscimenti, ha il merito di aver portato a conoscenza del grande pubblico il primo caso di mobbing della giurisprudenza del lavoro italiana, quello dell'Ilva di Taranto degli anni Novanta.
Non avevo mai sentito parlare di questi "reparti lager" del sistema industriale essendomi sempre interessata del fenomeno del mobbing più da un punto di vista psicologico individuale assieme al fenomeno del bullismo sul versante scolastico.
Le conseguenze del mobbing sul piano psicologico
individuale, trattandosi di una forma di violenza sottile prolungata nel tempo e
di emarginazione progressiva nell’ambiente di lavoro, sono molto gravi poiché
caratterizzate da forti sentimenti di mortificazione e depressione.
Nei
ragazzi il bullismo (e cyberbullismo nella versione più attuale) interferisce
molto negativamente con il processo di crescita portando spesso a un blocco dal
punto di vista scolastico, talvolta anche al suicidio.
Nel film invece si capisce come persone adulte abbiano potuto reagire grazie alla messa in comune del proprio disagio, alla coscienza di classe e a quella stessa formazione sindacale che per la maggior parte di loro aveva portato all' emarginazione da parte del datore di lavoro.
Interessante è anche l'unica licenza rispetto alla veridicità della storia raccontata, la figura del protagonista Caterino che spicca per essere un personaggio meschino, senza nessuna coscienza politica e di appartenenza a quella che una volta si chiamava la classe operaia, e quindi facilmente manipolabile. Fino all'ultimo si spera in un suo ravvedimento, soprattutto a partire dal sogno-incubo in cui si immagina come Giuda che sfila in processione di fianco a Cristo, ma al processo, con le sue affermazioni, Caterino si rivela per quello che è e continua convintamente ad essere: una persona succube del padrone, convinta di aver fatto soltanto il proprio dovere, si potrebbe dire "la banalità del male" di arendtiana memoria (come mi pare sia emerso anche dal dibattito). Affermazioni che lasciano disarmati sia il pubblico ministero che i colleghi, a giudicare dalle loro scarse e allibite reazioni.
Ottime le interpretazioni di Riondino ma anche
Germano, irriconoscibile, nel ruolo del cattivo.
Di grande impatto anche le
musiche assordanti in certi momenti particolarmente pregnanti dal punto di vista
emotivo.
Mimosa
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Il Mobbing è una forma di abuso esercitato da una persona o da più persone nei confronti di uno o più soggetti (Whikipedia). È una forma di molestia psicologica esercitata sul personale delle aziende, consistente nell’impedirgli di lavorare o nel porgli insopportabili costrizioni nello svolgimento del lavoro (Treccani). È un comportamento molesto verso un lavoratore, per emarginarlo e farlo sentire un intruso. Il verbo inglese to mob, significa infatti 'affollare, assalire' e rimanda all'immagine dello stormo di uccelli che si scaglia contro l'intruso (Accademia della Crusca).
Se ho capito bene quello dell’ILVA di Taranto è stato il primo caso acclarato di mobbing in Italia o perlomeno quello che per primo è stato definito tale. Forse per questo i dipendenti emarginati e il sindacato non sapevano bene come comportarsi, vedi il fallito tentativo di consegnare la lettera al vescovo. Una cosa che mi ha stupito del film è stata il fatto che nessuno si fosse accorto fino al processo che La Manna era una spia ma anche che poi fosse tornato a lavorare in fonderia. Comunque un bel film che ho rivisto volentieri. Potenti le musiche e ottimo il montaggio. Sempre bravo Elio Germano.
Anch’io ho subito il mobbing. A fine carriera iniziarono a passarmi dei lavori sempre meno impegnativi, alcuni persino elementari, o addirittura non me li passavano proprio. Ingenuamente la consideravo una cortesia nei miei confronti data l’età. Si trattava invece di mobbing, in quanto io ero ancora uno di quelli con uno stipendio alto e con tutte le garanzie contrattuali. Il tentativo era quindi quello di svalutarmi per spingermi ad una uscita anticipata per prendere al mio posto un paio di giovani, con la stessa spesa totale e con un contratto meno vincolante. Devo dire che il loro progetto non mi toccò e continuai nel mio “lavoro”. Pensai che fosse peggio per loro. Mi convinse solo una cospicua buona uscita.
Silente
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THE HOLDOVERS
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Più che un film ambientato negli anni ’70 mi è sembrato un film degli anni ’70. Con i suoi pregi e i suoi difetti. Il pregio di un film di quegli anni è di essere molto ben spiegato e ben realizzato, un film per niente faticoso. Il difetto è di essere prevedibile, un po’ troppo lungo e la strana sensazione di rivedere un film più che vederlo per la prima volta. Eccezionale la recitazione della nera Da’Vine Joy Randolph giustamente premiata con l’Oscar ma anche quella di Paul Giamatti, e di Dominic Sessa, anche se ho trovato un po’ azzardato far recitare un 22enne nel ruolo di un 17enne perché bisognava fare uno sforzo di autoconvincimento per vederlo di quell’età e apprezzarne la capacità recitativa. Comunque già a metà film ci si ritrova affezionati ai tre personaggi, che sono molto ben descritti, intimamente, tanto che sembra di conoscerli da sempre. Bello il soggetto che sembra tratto da un romanzo.
Il film mi ha riportato a quando all’età di otto anni durante le vacanze nella colonia estiva di Temù avevo fatto il bimestre ed ero stato l’unico a farlo. Mi sono riconosciuto nella sensazione di essere stato abbandonato dai genitori. Tra un mese e l’altro avevo passato alcuni giorni da solo in quella grande struttura, alla maniera del bambino di Shining che si aggira per i corridoi dell’Overlook Hotel ma per fortuna coccolato dalle cuoche e dalle “signorine” (come le chiamavano ai tempi) che attendevano come me l’arrivo degli altri bambini.
Silente