Quando sei nato non puoi più nasconderti

(2005) 

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Il cast (torna su)

Regia: 
Marco Tullio Giordana

Sceneggiatura:
Marco Tullio Giordana, Maria Pace Ottieri (libro)

Attori: 
Alessio Boni .... Bruno
Michela Cescon .... Lucia
Rodolfo Corsato .... Popi
Matteo Gadola .... Sandro
Ester Hazan .... Alina
Vlad Alexandru Toma .... Radu

Prodotto da: 
Marco Chimenz, Fabio Conversi

Fotografia: 
Roberto Forza

Montaggio:
Roberto Missiroli

Costumi:
Maria Rita Barbera

Scenografia:
Giancarlo Basili

Nazione: Italia | Francia | UK

Durata: 115'

La trama (torna su)

Sandro ha 13 anni. E’ un ragazzino piuttosto agiato, con una vita normale in una normale cittadina di provincia. Ma durante un viaggio in barca a vela con il padre, Sandro cade in acqua. Viene ripescato da un’imbarcazione di clandestini che fa rotta verso l’Italia con il miraggio di una vita migliore. Tra loro due giovani fratelli moldavi, Radu e Amina. Fra i tre ragazzi si crea subito un forte legame, ma la realtà delle cose si rivelerà dura e squallida e spingerà Sandro ad un brusco passaggio verso una difficile e più disincantata età adulta.

La critica (torna su)

la Repubblica (13/5/2005)
Paolo D'agostini
Dopo l'immersione negli anni dai quali veniamo, Marco Tullio Giordana si è fatto nuovamente aiutare da Petraglia e Rulli per raccontare l'oggi della pressione che esercita sulla nostra vita, avendone modificato il panorama, un numero di immigrati che ha raggiunto il 5 per cento della popolazione. Lo hanno fatto affidandosi allo sguardo di un bambino, privo di pregiudizi, ma lo stesso regista è riuscito a spogliarsi di ogni pregiudizio prendendo a riferimento il Bresciano: espressione di una mentalità che egli conosce e sente sua per essere originario di quei luoghi (come l'attore che ha scelto in mezzo al coro de "La meglio gioventù" per il padre industriale: Alessio Boni), e provincia laboratorio che più di ogni altra ha inserito il flusso migratorio nella vita produttiva e sociale. Né razzismo né ipocrisia caritatevole ma uno sguardo vergine (il bambino) e pragmatico (un tessuto economico interessato alla mano d'opera). Deideologizzato. Che resta, senza la pretesa di essere diversamente, il nostro sguardo su "gli altri" e non viceversa. Fedele al principio secondo cui la regia migliore è quella che non si vede, Giordana ha dato mano libera agli attori e al piccolo Matteo Gadola. Il suo Sandro parte in crociera con papà e amico del papà, nuovi ricchi un po' sbruffoni. Di notte li imita nel fare pipì fuori bordo e cade dalla barca. Straziante è la sua voce che chiede aiuto nel buio del mare. Lo salva un ragazzo rumeno tuffandosi dalla carretta che lo sta portando con altri disgraziati in Italia. Inizia per Sandro un percorso di formazione: fa esperienza della legge del più forte, ma anche dell'amicizia. Radu e la sorella Alina entrano nella sua vita. Quando i genitori (Michela Cescon è la mamma) lo andranno a riprendere nel centro di accoglienza, Sandro vuole che adottino i due giovani clandestini. Vincono la riluttanza, sono pronti a ricambiare chi ha restituito la vita a loro figlio. Ma è difficile tradurre la fiducia dalle parole ai fatti, ancor più da parte di chi non ha ragione di dare la propria con naturalezza. Dopo la delusione (i rumeni rubano e scappano) comincia per Sandro un'altra vita: sarà una scena di grande intensità, condivisa con Alina schiava sessuale, il punto di partenza dal quale forse e faticosamente nascerà qualcosa di duraturo e paritario. Giordana si è lasciato guidare da molte suggestioni, la prima è il libro di Maria Pace Ottieri al quale ha preso il titolo (e la zona del centro di accoglienza) ma sullo sfondo sta anche una lettura classica. "Capitani coraggiosi" di Kipling da cui vengono la caduta in mare e il salvataggio del bambino ricco da parte di un'umanità ruvida, che gli disvela nuovi orizzonti. Un film forse discontinuo, ma regala momenti pregiati.


Corriere della Sera (14/5/2005)
Maurizio Porro
Infanzia di un capo del Nordest: 13enne con playstation, famiglia bresciana con taverna e fabbrichetta, casca in mare durante crociera in Grecia. Lo raccolgono i clandestini, tutti sullo stesso barcone, nessuno si potrà più nascondere: tagliato il cordone, uccisa l'adolescenza, nasce nella vita una storia di amicizia forse tradita. Rimossi con La meglio gioventù i suoi anni '70, Giordana offre un film su essere e apparire, sulla convivenza, sulla multimedialità dei sentimenti. Vuole soprattutto spiazzare: niente pregiudizi e stereotipi, tutto è da conoscere e reinventare, anche a rischio di sacrificare un po' di snobismo ed emotività per raccontare daccapo, con un cast eccezionale, come sta cambiando l'Italia.


Film TV (17/5/2005)
Enrico Magrelli
Noi e loro. I cittadini del mondo ricco e i nuovi barbari. Accoglienza e rifiuto. Solidarietà e diffidenza. Tolleranza e razzismo. Ospitalità e disprezzo. Sono solo alcune delle dicotomie che sostentano e sostengono quasi tutto il cinema italiano che mette in scena, romanza, rappresenta il contraddittorio rapporto tra la nostra società, la nostra psicologia, la nostra cultura e gli "alieni": i migranti, i clandestini, gli "altri" che arrivano mossi, per lo più, dalla povertà, dal bisogno, dalla disperazione. Il fenomeno non è più inedito e quelle dicotomie non bastano più a spiegare, analizzare o semplicemente a nominare un malessere, un reciproco spiazzamento, a fluidificare una forma narrativa. Quel fenomeno ha prodotto una massa, un fiume di immagini di cronaca e molte immagini cinematografiche che hanno saturato gli interstizi della nostra memoria visiva. È un dato acquisito. Una constatazione. Una consapevolezza cinematografica. Una retorica vincolante e alla quale, però, si dovrebbe sfuggire. Un bravo e serio regista come Marco Tullio Giordana e due valenti sceneggiatori come Sandro Petraglia e Stefano Rulli in alcune scene del film, in alcuni dialoghi, nel colorare alcuni personaggi, nel risolvere alcuni contrasti non sono riusciti a elaborare bene quelle dicotomie o a superarle. Dopo la nave schiacciata dal peso dei moderni naufraghi nelle sequenze da Apocalisse de Lamerica di Gianni Amelio, la carretta del mare rigurgitante facce attonite, buste di escrementi, ghigni strafottenti, mele marce, con due squallidi Caronti, due manovali del crimine che trasportano miserabili e riportano in Italia e alla sua vita agiata Sandro, un ragazzo bresciano di dodici anni, caduto incidentalmente in mare durante una crociera con suo padre nel Mediterraneo non aggiunge senso al già noto e visto. Quel viaggio di ritorno e la sosta nel Campo dove sono sistemati i boat-people sono le parti più deboli del film dopo un avvio abbastanza convincente nella fabbrica multietnica del padre (Boni) del ragazzo, nella quotidianità benestante di una ricca città di provincia e nelle acque scure che inghiottono Sandro. Prima di avere un'anima adulta il giovane protagonista capisce che l'amicizia è un lusso che non tutti possono permettersi e che integrazione e convivenza sono nient'altro che due belle parole.


La Stampa (16/5/2005)
Lietta Tornabuoni
Quando sei nato non puoi più nasconderti di Marco Tullio Giordana ispirato al libro di Maria Pace Ottieri, unica opera italiana in concorso, fa un passo avanti nei rapporti con gli immigrati: è il primo film che va oltre una incuriosita compassione o una fattiva assistenza verso le persone che vengono in Italia, clandestine oppure no, a cercare lavoro, futuro, speranza, soldi. E che rivendichi una integrazione meno superficiale e utilitaria della prestazione d'opera di solito mal pagata, una forma di autentica comprensione e fraternità. Il che mette su un piano analogo gli immigrati di colore e i poveri bianchi (chi s'interessa ai casi personali o ai sentimenti del personale di servizio o dei lavoratori di fabbrica?), in un discorso di classe molto interessante e nuovo per questi anni. Gli occhi del tredicenne attraverso i quali il regista vuol vedere gli immigrati, hanno uno sguardo più amico, più penetrante e avveniristico di quello degli adulti resi ciechi dal presente. Durante una vacanza in barca a vela, un tredicenne figlio di un imprenditore bresciano (ci sono africani nella sua scuola, nell'azienda del padre) di notte cade in mare. Morirebbe se a salvarlo non fosse un'imbarcazione di migranti, con i quali continua il viaggio sino in Italia e al centro d'accoglienza. Vorrebbe ospitare in casa un ragazzo rumeno e sua sorella che lo hanno aiutato, ma i due rubano tutto quel che trovano e scappano. Nelle sue ricerche per ritrovarli il ragazzino attraversa la straziante Corea di Milano; il termine della storia, in un finale aperto, lo lascia seduto per strada con la ragazzina rumena, nel buio della notte. Il film intenso e semplice, assolutamente privo di ogni luogo comune e di ogni ruffianeria sentimentale, può anche aiutare a pensare in modo nuovo al fenomeno epocale delle migrazioni.


Sole 24 Ore (22/5/2005)
Roberto Escobar
Sul bordo di un'aiuola spartitraffico, Sandro (Matteo Gadola) e Alina (Ester Hazan) siedono uno di fianco all'altra. Lui l'ha appena ritrovata nella miseria di uno dei molti luoghi dove si addensano le vite dei migranti. I due si son guardati in silenzio, lei vergognandosi della sua condizione, lui vergognandosi della sua vergogna. E ora sono qui, nel buio della sera, in mezzo al traffico indifferente della periferia milanese: Alina con la giacca di Sandro sulle spalle, e Sandro ormai sicuro che, appunto, Quando sei nato non puoi più nasconderti (Italia, Francia e Gran Bretagna, 2005, 115'). Il film di Marco Tullio Giordana si chiude su questa immagine di smarrimento e attesa. Fino a poche sequenze prima, gli sceneggiatori Sandro Petraglia e Stefano Rulli hanno raccontato una storia prevedibile. Inusuali son stati la caduta in mare, l'arrivo della barca carica di migranti, l'incontro con Alina e con Radu (Vlad Alexandru Toma). Ma poi, tra ignobili mercanti di esseri umani e campi cosiddetti d'accoglienza, ben poco abbiamo visto che già non conoscessimo. D'altra parte, Quando sei nato non puoi più nasconderti si è aperto su un'immagine e su una condizione così poco prevedibili, da essere spaesanti. Nel centro di Brescia, Sandro è incuriosito da un africano che urla frasi incomprensibili. Gli si avvicina, un po' per curiosità e un po' per una solidarietà spontanea. Quello, disperato, tenta di dirgli qualcosa, ma per lui le sue parole non sono che suoni misteriosi. Solo più tardi, tra i migranti ammassati nel centro di raccolta, ne scoprirà la natura e il senso, che è poi lo stesso del titolo del film. Ciò che segue, per quanto inusuale, non è spaesante come invece quell'inizio. Anzi, sembra che la sceneggiatura, passo per passo, voglia portarci attraverso un immaginario noto, oltre che tragico. Così, la barca su cui stanno a decine i migranti non è che una delle molte che arrivano sulle nostre coste, se prima non si sono inabissate nel Mediterraneo. La macchina da presa ce ne mostra la precarietà e l'angoscia, versione aggiornata dell'antica "nave dei folli". Ma chi tra noi può dire di stupirsene davvero? Poi, Giordana racconta una follia diversa, sistematica: quella dei corpi ammassati nel centro di raccolta, divisi tra maschi e femmine come accadeva, un tempo non lontano, nel rito tristo dei campi di concentramento. Ma anche questo è, o dovrebbe essere, un luogo ben noto al nostro immaginario. Noto almeno quanto i volti stanchi e umiliati dei migranti che vi sono rinchiusi. Insomma, fin qui non ci pare che Quando sei nato non puoi più nasconderti vada oltre una ricognizione dei troppi motivi di pubblica vergogna che gravano su di noi, da anni. Né ci sembra che aggiunga molto la vicenda dei genitori di Sandro. Il mondo di Lucia (Michela Cescon) e di Bruno (Alessio Boni) non ci sorprende. Non ci sorprende la loro ricchezza tranquilla, probabilmente egoista. Nemmeno ci sorprende il capovolgimento repentino del loro atteggiamento nei confronti di Radu e di Alina, se non proprio di tutti i "folli" che, come loro, hanno attraversato il mare. Come in una favola bella, i due rumeni hanno salvato il loro Sandro. Come potrebbero non essere riconoscenti? E come potrebbero denunciarli, per quanto quelli li derubino? E tuttavia la regia e la sceneggiatura non mirano ad alcun trionfo della nostra buona coscienza. Anzi, sospettiamo che, uno dopo l'altro, vogliano illustrarcene i luoghi comuni, per arrivare a confutarne la prevedibilità. Sospettiamo inoltre che Quando sei nato non puoi più nasconderti non intenda raccontare una favola bella, ma voglia seguire Sandro nella sua crescita morale, fino alla riscoperta di quella dimensione spaesante da cui la storia ha preso inizio. E infatti, esaurite tutte le "possibilità" della favola, confutata l'attendibilità d'un lieto fine, al centro del film resta proprio solo Sandro, di fronte al "destino" di Alina. Per arrivare fino alla ragazzina, ha dovuto fare un lungo viaggio: non solo attraverso il Mediterraneo, non solo attraverso la sua ovvia, tranquilla dipendenza dai genitori, ma soprattutto attraverso la propria coscienza. Insomma, è dovuto crescere, ha dovuto imparare una "lingua" del tutto nuova, lontana da quella familiare, e probabilmente egoista, del mondo in cui è nato. Ora è qui, con Alina, seduto sul bordo di uno spartitraffico. Non c'è più luogo comune che lo attenda, non ci sono più favole che lo consolino. C'è però in lui la scoperta del diritto e del dovere di non nascondersi, una volta che si sia nati. Ossia: di decidere, d'essere responsabile di fronte alla "follia". Seduto nel buio, perso in una periferia insensata, non è più un adolescente, ma un uomo.


FilmChips (13/5/2005)
Iolanda Siracusano
Torna Marco Tullio Giordana, nelle sale, come a Cannes. E torna come sempre con un film coerentemente impegnato. Il suo "Quando sei nato non puoi più nasconderti", tratto dall'omonimo libro di Maria Pace Ottieri, mette infatti in scena un tema che pochi hanno avuto il coraggio di trattare e che ancora in meno ne hanno le capacità per farlo: l'immigrazione. Nel suo film Giordana decide di guardare il mondo dentro gli occhi di un bambino di Brescia, una città del Nord dove le aziende, come ha dichiarato lo stesso regista, sono state salvate dalla manovalanza straniera. La storia è quella di Sandro (il bravo Matteo Gadola), un bambino di dodici anni, cresciuto in una famiglia discretamente benestante. Il padre si chiama Bruno (Alessio Boni) ed è un piccolo imprenditore. La madre, Lucia, interpretata da Michela Cescon lavora nella ditta di famiglia, nell’amministrazione. Durante una vacanza in barca a vela nel Mediterraneo, Sandro cade accidentalmente in mare. E' notte, nessuno se ne accorge. Quando i genitori si rendono conto della sua scomparsa tornano indietro, ma non riescono più a trovarlo. Credono sia affogato. E invece no. Sandro, viene avvistato da un barcone di clandestini e nonostante gli scafisti vorrebbero tirare dritto, Radu, un ragazzo rumeno di soli diciassette anni, si tuffa e lo tira a bordo. Con lui c'è la sorella minore, Alina. Una volta "caricato", Sandro dovrà condividere con i suoi nuovi compagni di viaggio, gli scafisti ed un eterogeneo gruppo di extracomunitari, tutta una serie di difficoltà. E nelle difficoltà, si sa, ci si avvicina. Si riesce a sentire come e cosa sentono gli altri, seppure il colore della pelle rimane diverso. Sandro così diventa amico dei due ragazzi rumeni, scopre un mondo completamente diverso e impara ad adattarsi, a dividere l’acqua, a scaldarsi sotto i corpi degli altri, a subire le prepotenze dei più forti, a reagire e a difendersi. Tutte cose che nella sua quotidianità di bambino non avrebbe creduto possibili neppure in un servizio del telegiornale. Inutile dire che tornato a Brescia, tra la sua gente, in famiglia, Sandro non riuscirà più ad essere come prima. L'aver scampato la morte, l'aver conosciuto così in fretta la paura e la solitudine, e soprattutto l'aver condiviso tempo e spazio insieme a persone che un tempo avrebbe guardato quanto meno come "diverse" e decisamente da lontano (o sempre e solo in una tv), ha aperto a Sandro un mondo da cui è impossibile tornare, un punto decisamente di non ritorno. Il piccolo protagonista non solo ha varcato la soglia dell'adolescenza, ha anche provato sulla sua pelle cosa significa stare dall'altra parte della barricata. Bravi gli attori, ottima la colonna sonora, sempre più che all'altezza il bravo regista italiano. Ce ne fossero come lui. Non ci resta che vedere come se la caverà a Cannes.



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