Il cast (torna su)
Regia:
Alexander Payne
Sceneggiatura:
Rex Pickett (romanzo), Alexander Payne, Jim Taylor
Attori:
Paul Giamatti .... Miles
Thomas Haden Church .... Jack
Virginia Madsen .... Maya
Sandra Oh .... Stephanie
Marylouise Burke .... Miles' Mother
Jessica Hecht .... Victoria
Missy Doty .... Cammi
Prodotto da:
Michael London, George Parra
Musiche originali:
Rolfe Kent
Fotografia:
Phedon Papamichael
Montaggio:
Kevin Tent
Costumi:
Wendy Chuck
Nazione: USA
Durata: 123'
La trama (torna su)
Miles e Jack sono amici dai tempi del college. Anche se ormai non hanno più nulla in comune la loro amicizia è rimasta salda. Miles è un insegnate di scuola media che non riesce a far pubblicare il suo libro, nè a dimenticare l'ex moglie, depresso cronico, raffinato degustatre di vini e di letteratura. Jack è un attore in declino, superficiale e sessuomane. A una settimana dalle nozze di Jack, Miles gli organizza una settimana di puro divertimento tra vigneti e golf. Tra degustazioni e nuove conoscenze i due amici riscopriranno la loro amicizia e impareranno qualcosa di più su loro stessi. |
la Repubblica (18/2/2005) Roberto Nepoti |
Miles è depresso: insegna senza passione, non ha superato il divorzio, il suo romanzo resta nel cassetto. Jack sta per sposarsi; è un ex-attore che presta la voce alla pubblicità. Sono entrambi in piena crisi esistenziale. Per dire addio al celibato di Jack, i due amici percorrono la strada dei vini in California, degustando cabernet e pinot; frattanto, comincia il ballo dei rimpianti, delle frustrazioni e dei rimorsi. Quando incontrano due donne, l'una sommelier l'altra cameriera, entrambi vedono balenare una fragile opportunità di ricominciare. Chi ricorda "A proposito di Schmidt" con Jack Nicholson, sa che Alexander Payne varia su un repertorio ricorrente: personaggi in crisi (là dei sessanta, qui della quarantina), tipi umani dalla marginalità pienamente assunta, struttura narrativa del road-movie, in passato un po' abusata ma che il regista rinnova tingendola di un'inedita malinconia. Candidato a cinque Oscar in categorie importanti (tra cui miglior film e miglior regista), Sideways è una tragicommedia un po' sopravvalutata, però dai molti piccoli pregi. A partire dalla metafora del vino: con cui Miles, manipolatore di parole, comunica agli altri uno stato di malessere che si vergognerebbe di esprimere in forma più diretta. Molto riuscito anche l'impasto di tenerezza e umanità, ironia e cinismo con cui il film osserva i suoi personaggi. Ma che, purtroppo, si va perdendo in una seconda parte più compiacente, nello sforzo di accontentare tutti. |
Corriere della Sera (19/2/2005) Tullio Kezich |
Nel novembre scorso al Torino FilmFestival riuscì un colpo che le manifestazioni maggiori, da Cannes a Venezia, gli avranno invidiato; e cioè mettere in cartellone l'anteprima di Sideways, il film che in seguito è diventato un caso conquistando un paio di Golden Globes e ben 5 nominations all'Oscar. Al pubblico del cinema Lux il regista Alexander Payne riuscì simpatico perché, evento pressoché unico, parlò in italiano. Confessò che oltre a praticare la lingua amava molto i nostri vini e la commedia italian style. Tutte cose confermate dal film, un inno al Pinot che si può considerare un brindisi a Monicelli, Scola, Risi e compagni. Payne apparve preoccupato solo della difficoltà di tradurre efficacemente il titolo originale; e anzi raccomandò: «Se dopo visto il film vi viene in mente una soluzione, venite a dirmela». E' andata però a finire che hanno deciso di conservare Sideways. Queste, come si capisce presto, sono le strade laterali, le divagazioni ricche di sorprese che si concedono due vecchi compagni di scuola, Miles (Paul Giamatti) e Jack (Thomas Haden Church) in una spensierata settimana di addio al celibato. Chi deve sposarsi sabato è Jack, deciso a impiegare bene la vacanza concedendosi qualche amorazzo; e invece Miles, divorziato da poco, più che alle femmine sembra interessato alle sorti del suo romanzo in lettura presso un editore. L'itinerario della gita si inoltra fra i vigneti della Santa Ynez Valley, produttori di ottime bottiglie che Miles sa apprezzare da perfetto degustatore. Come volevasi dimostrare, Jack, giocando sulla sua notorietà di divetto televisivo, fa presto a imbastire un flirt con Stephanie (Sandra Oh) amica di Maya (Virginia Madsen) che come ottima enologa potrebbe essere la compagna ideale di Miles. E infatti nottetempo, quando i due sono finalmente soli l'uno di fronte all'altra..., parlano di vino in un duetto che resterà fra i classici della cinecommedia. Non sveleremo come va a finire, dal momento in cui Stephanie scopre che Jack è promesso sposo; e intanto arriva a Miles l'attesa risposta dell'editore per cui le carte risultano rimescolate. Il tutto è raccontato con grazia e ironia, senza trascurare il rischio che la commedia si trasformi in dramma. Il film (nominato all'Oscar nella cinquina dei migliori) è tenuto in pugno con piglio sicuro da Payne (nominato per la regìa e il copione scritto con Jim Taylor) e gli attori sono deliziosi: Haden Church e Madsen nominati, ma il migliore in campo è l' escluso Giamatti. |
il Manifesto (19/2/2005) Roberto Silvestri |
Sideways è una commedia, o meglio come sostiene l'autore, una «tragedia travestita». L'ha diretta alternando ritmicamente leggerezza fruttata e «corposità» mai barrique, l'americano Alexander Payne, scoperto a Venezia con Election e che poi portò l'attore Jack Nicholson all'Oscar con About Schmidt. Tratto dal romanzo di Rex Pickett, Sideways è una commedia buddy-buddy, ambientata nella California di oggi, tra San Diego e la Napa Valley del nord, celebre per la produzione di vini costosi ma di altissimo livello. In quelle colline e tra quei vigneti ridenti si rifugiano due amici, il mingherlino e intellettuale Miles (Paul Giamatti) e il «quasi Schwarzy», Jack (Thomas Haden Church). Il primo, scrittore semi-fallito, autore di un romanzo fiume che spaventerebbe qualunque editore, insegnante alle medie di letteratura, è, da due anni, in grave crisi depressiva anche perché la moglie adorata l'ha piantato, poi si è risposata e attende pure un figlio dall'altro uomo. L'unico suo rifugio è il vino, ma che sia Pinot nero, quello più difficile da creare, o al massimo Riesling, mai l'odiato, fluido e commercialissimo, Merlot. Jack invece, star di soap opera retrocesso a doppiatore di spot, sta per sposarsi e decide di passare l'ultima settimana da scapolo in giro a giocare a golf o a far bagordi sessuali, ma più per aiutare l'amico a distrarsi che per tradire l'adorata moglie. Se Miles addestra Jack alle arti del sommelier, Jack trova le due ragazze «divorziate giuste al momento giusto» per spassarsela, la cameriera (e futura ortocultrice) Maya (Virginia Madsen) e la mescitrice professionista Stephanie, mamma di una bella bambina. Il quartetto farebbe faville se Miles, come il vino che pretende di conoscere, arrivasse a stapparsi just in time e fosse come la rivoluzione, che non deve mai partire «troppo presto o troppo tardi». Sulla goffaggine dei «loner» e «loser», in un mondo di vincenti sempre tirati a lucido, Payne sa intessere mottetti visivi di stupefacente maestria e attrazione. Polifonico, come i suoi adorati vini francesi annata 1961, Payne traghetta i nostri due eroi, non poco sgradevoli all'apparenza, a interrogarsi sui propri fallimenti, sul senso dell'amicizia e degli affetti, e a far scelte mai «umane», sempre sovrumane o disumane. Quelle di «innamorarsi» o «sposarsi» davvero, per esempio. |
La Stampa (18/2/2005) Lietta Tornabuoni |
Sideways di Alexander Payne. Tratto dal romanzo di Rex Pickett, è una commedia divertente che combina il buddy movie (film su due amici) e il road movie (film di viaggio) con la qualità dei vini americani prodotti nella vallata californiana di Santa Ynez e con le malinconie della vita maschile quarantenne non riuscita. Belle battute, buona recitazione, bei posti: si ride spesso, specialmente quando farsa e tristezza coincidono. Se i due amici in viaggio di «Easy Rider» avevano rivolta, speranze, futuro, i due amici in viaggio degli Anni Duemila hanno nulla. La loro esistenza è vuota, i loro sogni sono falliti, la loro natura è rimasta puerile. Uno è insegnante di scuola, non riesce ad accettare il divorzio recente, ha scritto un romanzo che nessuno vuol pubblicare, è depresso, beve troppo, ostenta la propria conoscenza e passione per i vini come unica eleganza e raffinatezza. L'altro è un piccolo attore, ha la prestanza d'un personaggio dei fumetti, è cordiale, donnaiolo, volubile, ignorante, sta per sposarsi (il matrimonio, il lavoro con il suocero, porranno fine a tutte le sue aspirazioni). I due sono amici dai tempi della scuola, benché abbiano poco in comune. Hanno deciso di passare insieme la settimana prima delle nozze girando e degustando vini per la California: un'ultima vacanza virile, l'ultima baldoria. Il viaggio breve comincia a San Diego. L'insegnante fa le parole crociate mentre guida; passa a salutare la vecchia madre non tanto per augurarle buon compleanno quanto per rubarle i risparmi dal cassetto; si sbronza e fa telefonate lagnoso-patetiche alla ex moglie, già risposata e incinta; finisce per passare ore e ore da solo nel brutto motel deserto; per timidezza e sfiducia non sa comportarsi con una bella cameriera enologa che gli piace. L'amico trova una ragazza viticultrice, perde la testa, vuol rinunciare al matrimonio, perde il portafogli in casa di un'altra amante occasionale, litiga. Poi tutto finisce. Tornano a casa. Uno si sposa, l'altro si mette in auto per ritrovare la cameriera: chissà. Il titolo significa alla lettera «obliquamente, a sghembo, per storto», come la vita o il modo di camminare degli ubriachi. Le avventure buffe, carine, ridicole o commoventi s'intrecciano al mondo del vino californiano che (s'era visto l'anno scorso a Cannes nel documentario «Mondovino» di Jonathan Nossiter) sta cercando di battere produttivamente e commercialmente le aziende vinicole e le tradizioni europee. Vigneti, botti, molti bicchieri, sale di degustazione: ma dopo un po' questo che dovrebbe essere il motivo conduttore del film viene abbandonato o quasi a favore dei personaggi benissimo interpretati, ridicoli, intrisi della tristezza e dell'allegria inutili di questi anni. |
Film TV (22/2/2005) Pier Maria Bocchi |
Secondo le parole di Susan Sontag, riportate da Peter Biskind nel suo imprescindibile Easy riders raging bulls: «Fu in questo preciso momento degli anni 70, che andare al cinema, pensare ai film, parlare dei film diventò una passione tra gli studenti universitari e altri giovani. Ti innamoravi non solo degli attori, ma del cinema stesso». Alexander Payne ama il cinema americano (ma sarebbe più corretto dire hollywoodiano) degli anni 70 come una reliquia. E si vede. Ma non si fa strozzare, non ci si adagia sopra e intorno, non è insomma un cinefilo entusiasta. Payne, i cosiddetti seventies, li recupera e li fa macerare per filtrare ciò che serve all’oggi. Sorprendentemente, ne viene fuori molto più di quello che ci aspettiamo. Significa che trent’anni fa si era avanti, anche se sembrava si stesse parlando soltanto dell’allora presente. Come un Bob Rafelson senza - forse - la grande rabbia implosa, come un Hal Ashby senza - forse - la malinconia disperata, Sideways traccia immagine e realtà e personaggi, come dice letteralmente il titolo, “lateralmente”, non facendosi sentire, in punta di piedi (lateralmente rispetto a cosa, è facile intuirlo). I due amici che si mettono in auto e percorrono la California a degustare vino e a conoscere territori, donne e se stessi, sono figurine piccine dentro quel contesto enorme e inafferrabile che è il mondo. Eppure, enormi lo diventano anche loro, Miles e Jack, perché sono esistenze finalmente umane, tangibili, annusabili. Lo scrittore fallito e la comparsa televisiva che sta per sposarsi si immergono tra vigneti, vinerie e sentimenti, e arrivano soprattutto alla consapevolezza di possedere qualcosa di “inaudito“, che si chiama vita. Ci può essere pessimismo e ci può essere nel contempo un’apertura di speranza nonostante tutto: Jack che torna a casa non è certo un’immagine solare, mentre Miles che alla fine si reca a bussare alla porta di Maya pone delicatamente un sorriso nel cuore. Sideways è così lontano dal fracasso e dal rumore della contemporaneità che fa stare bene. Ma ce la racconta eccome, la contemporaneità, mettendo a fuoco un paio di caratteri e di solitudini. |
I link (torna su)
Sito ufficiale - http://www2.foxsearchlight.com/sideways/ |